Gestire il rating tramite la centrale rischi

Controllo finanziario per cantiere

Riassumiamo in sintesi ciò che occorre per avere coscienza dell’andamento dei conti aziendali e tenere sotto controllo margini e tesoreria in aziende che operano per commesse e/o cantieri.

Innanzitutto, vale la premessa che il controllo deve essere sia in previsionale che in tempo reale e non solo a consuntivo, inutile preoccuparsi di chiudere la stalla dopo che sono scappati i buoi.

Una azienda complessa con diversi cantieri deve tenere una contabilità per commessa (o cantiere come dir si voglia) occorre quindi:

La distinta base di ogni commessa utilizzata per comporre l’offerta con dettaglio di materie prime, semilavorati, lavorazioni in cantiere e trasferte.

Tenere contabilità per commessa giornalmente di tutto ciò che viene caricato su ogni singola commessa, laddove possibile dettagliatamente, dove impossibile (trasferte su più cantieri, parti di materie prime o lavorazioni multiple etc.) imputare in percentuale a forfait al limite per eccesso.

Settimanalmente verificare se a SAL quanto caricato per distinta base su ciascuna commessa è in linea con l’offerta accettata da cliente. Eventuali differenze o sono da imputare a errori di progettazione/produzione, aumenti inaspettati di mercato o a successive richieste di cliente oppure a varianti in corso d’opera. Le ultime due voci andrebbero notificate a Cliente e fatturate a parte, come variante accettata o come nuovo ordine.

L’insieme di tutte le risultanze ci fornisce indicazione sui margini industriali che si vanno formando, tali margini per il fatturato atteso dagli ordini in essere e previsti ci fornisce il margine operativo e quindi la certezza o meno di coprire i costi fissi di struttura e l’eventuale utile di esercizio.

 

Contemporaneamente l’amministrazione deve tenere la contabilità aggiornata e chiudere un bilancino mensile SP e CE almeno entro il 20 di ogni mese successivo tenendo presente che generalmente le fatture a SAL andranno in SP ma non in CE.

Una volta al mese tale documento dovrà essere analizzato e comparato alla contabilità per commessa di cui sopra per verificare la correttezza e affidabilità dei conti.

L’amministrazione dovrà altresì tenere il previsionale del business plan a 12 mesi aggiornato per capire prospetticamente come l’azienda stia andando a chiudere l’esercizio, così come dovrà tenere aggiornato uno scadenzario della cassa per conto in modo di avere coscienza dei flussi e dei bisogni di tesoreria futuri.

 

Per far ciò servono competenze e adeguati programmi, che per funzionare a loro volta necessitano nei tempi e nei modi pattuiti di tutti i flussi informativi da parte di tutte le figure coinvolte (Progettazione, commerciale, acquisti, magazzino, contabilità). Basta che una figura coinvolta non collabori al corretto funzionamento dei flussi informativi per mettere in crisi tutto il sistema, occorrono quindi diligenza, precisione, collaborazione e senso di responsabilità.

Senza tutto ciò il controllo dell’andamento economico patrimoniale dell’azienda non è possibile. L’Amministratore se in linea con quanto sopra può provare la diligenza del buon padre di famiglia e di essere conforme a quanto richiesto per legge, viceversa risponde in solido con l’azienda, anche patrimonialmente, in caso di problemi.

Noi siamo pronti, Voi

Articolo di Marco Simontacchi

 

17/01/2023

 

 

Budget vendite croce e delizia

Siamo nel periodo di redazione dei budget di vendita dei commerciali per l’esercizio prossimo.

Nella nostra pluridecennale esperienza ci siamo resi conto essere uno dei compiti più sottostimati e mal gestiti dell’area commerciale e marketing.

Redigere un budget è un’arte scientifica, arte perché va appresa e affinata nel tempo, scientifica in quanto deve basarsi su dati statistici e previsionali concreti e credibili.

Oltre a ciò, vi sono diverse variabili essenziali di cui tener conto.

Un aumento del fatturato non depurato del fattore inflattivo o dell’aumento dei listini può non tradursi in un aumento delle vendite, ma in determinate condizioni mascherare persino una perdita di quote di mercato.

Basarsi solo sul fatturato in valore assoluto, soprattutto se vi sono in gioco bonus e premialità, può essere pericoloso e disincentivante.

Altra insidia è assegnare un obbiettivo troppo ambizioso o, al contrario, poco stimolante: anziché incentivare demotivano la forza commerciale.

Ammesso di assegnare un corretto budget per ciascun addetto alle vendite ci troviamo nemmeno in mezzo al guado.

Dobbiamo ancora, se vogliamo ottenere il massimo dell’efficacia, poter dimostrare al proprio collaboratore perché sia un dato esatto e raggiungibile da lui personalmente e cosa deve fare dal giorno successivo per i prossimi giorni lavorativi dell’anno a venire e stabilire eventuali premialità.

Finito?

Nemmeno per idea, arriva ora la parte più delicata e assieme più incentivante.

I budget sommati formano il cuore del business plan: i ricavi vendite.

Non centrare l’obbiettivo in entrambi i sensi è fatto grave.

Se fatturiamo sensibilmente di più significa aver gravemente sottostimato mercato, proprie potenzialità e quelle dei venditori, che se meglio incentivati avrebbero magari fatto ancor di più.

Portare inoltre maggior fatturato, se la produzione e l’area finanza non sono adeguate, risulta essere fattore di rischio da non sottovalutare.

Se fatturiamo sensibilmente di meno mettiamo a repentaglio l’esistenza stessa dell’azienda ed è segnale di problemi generalmente abbastanza gravi.

Cosa fare adesso?

Occorre uno strumento di controllo dello sforzo quantitativo e qualitativo di tutta la rete vendita, che sia una persona o centinaia poco importa.

Tramite i dati statistici su numero visite, numero offerte, ordini, fatturato medio per dato e fascia di clientela, margini, siamo in grado tutte le settimane, di monitorare l’andamento delle vendite sia in quantità che qualità e apportare tutti quei correttivi che garantiscano, mese per mese, l’ottimale andamento degli affari che ci porteranno a centrare gli obbiettivi industriali e finanziari.

Noi siamo pronti, voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

28/11/2022

Crescita stabile con certezza dei flussi

L’Imprenditore accorto sa di poter fare e disporre a seconda delle proprie forze.

Per misurarle redige un business plan per comprendere di che finanza dispone e di quanta reperirne per dar corso al proprio piano industriale.

Vi sono quindi due componenti finanziarie, il capitale proprio, dato dal circolante e dai mezzi propri, e il capitale di terzi sotto forma di finanziamenti (debito) o di cessione di quote (nuovi mezzi propri).

Si pone grande attenzione ai capitali di terzi sia che sia sotto forma di debito che di sottoscrizione quote, dando per scontato il proprio circolante.

Scontato spesso non lo è per nulla.

Nel calcolare i flussi finanziari si calcolano non solo le quantità ma anche le scadenze, i margini tra ciclo attivo e quello passivo sono la disponibilità di cassa che verrà utilizzata per fare gli investimenti.

Entrano in gioco due variabili: gli insoluti e i ritardati pagamenti.

Questi due fattori vanno a sparigliare le carte e rischiano di buttare una azienda, solida e stabile, in un rischio di insorgenza di crisi di insolvenza se non di crisi di impresa.

Ricordiamo, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che è in vigore il nuovo Codice della Crisi di Impresa e quindi sottacere una prevista crisi di insolvenza comporta seri rischi per l’Amministratore che, se non dimostra di aver provveduto con adeguati assetti, si troverà a rispondere patrimonialmente personalmente di quanto avviene.

Tuttavia, oggi esistono diversi servizi che risolvono alla radice la possibilità che le due variabili di cui sopra possano incidere negativamente sui flussi finanziari e quindi sulla solvibilità dell’azienda.

Servizi che danno certezza dei flussi finanziari rendendo liquidi e certi i crediti commerciali.

Otterremmo un quadruplice vantaggio:

  • Inversione della rotazione debiti crediti avendo subito liquidità ad emissione fattura
  • Certezza del credito avendo ceduto a terzi il rischio di ritardato pagamento e di insoluto
  • Poter dimostrare tra gli adeguati assetti il controllo sulla qualità dei propri crediti commerciali e clienti
  • Miglioramento di diversi parametri componenti il rating e conseguentemente miglior accesso al credito con minor costi

Potremmo dire quattro piccioni con una fava.

Accedere a questi servizi e ottimizzarli per costi – benefici e decidere quali e quando utilizzarli può non essere affare immediato e semplice, ogni società di servizi decanterà i propri, esistono professionalità terze e indipendenti che possono aiutare nella scelta e nella gestione dei propri crediti commerciali.

Dare certezza dei flussi derivanti dai crediti commerciali significa dare solidità alla propria crescita e prosperità.

Noi ci siamo, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

21/11/2022

 

Inflazione a valanga

Vi è un perverso effetto inflattivo che è causato non da poteri oscuri o da lobby malevole, ma da tutti noi colpevolmente in buona fede.

L’aumento delle materie prime e dei semilavorati unito al caro energia ha fatto impennare l’inflazione nel giro di poco a percentuali a due cifre.

È sacrosanto aumentare i prezzi per mantenere il margine, senza il quale si chiude bottega.

Lo stesso liquido per accendere il camino o il barbecue da euro 2,95 al litro è passato a euro 5,95, il pellet da euro 4,50 a sacco a euro 12, la legna da ardere è intorno ai 20 euro al quintale, la bolletta della luce e del gas nella migliore delle ipotesi è triplicata.

Va da sé che il panettiere di Castelvecchio Subequo e la lavanderia di Robecchetto, come la pizzeria di Laglio (cito a caso) abbiano dovuto ritoccare i prezzi.

Cosa succederà quando l’emergenza sarà rientrata e materie prime e semilavorati insieme al costo energetico saranno rientrati a livelli normali?

Quei prezzi sono soggetti a legge di mercato e sono scambiati su mercati regolamentati nella maggior parte dei casi, quindi fluttuano in entrambe le direzioni.

Sarà difficile se non utopico che tutte le aziende ritocchino i loro listini al ribasso mantenendo fermo il margine rinunciando ad extra profitti.

Peccato che le dinamiche salariali non seguano di pari passo, andando ad erodere un potere d’acquisto da anni compromesso.

Già oggi si può dire che si sia spazzata via buona parte della media borghesia, quella che di fatto rappresentava uno dei maggiori bacini di consumatori.

Con un atteggiamento miope mantenere un domani gli extraprofitti significa impoverire ulteriormente tutta la fascia centrale della popolazione.

Alla quale non rimane altro che stringere la cinghia e ridurre i consumi: a farne le spese inizialmente saranno proprio tutte quelle aziende che hanno come riferimento i consumatori stessi.

Le altre aziende rivolte al B2B seguiranno non molto dopo.

Sperare nella lungimiranza dei più è sognare a occhi aperti.

Introdurre una tassazione inferiore per agevolare le imprese e far emergere il sommerso può essere una mossa giusta, potenzialmente potrebbe però divenire un turbo al massimizzare i profitti lasciando aumentare i margini.

Come minacciato da Biden una sensata contromossa potrebbe essere tassare pesantemente gli extraprofitti, disincentivando l’effetto valanga.

Se non può il buonsenso che agisca la scure, per il bene dei più.

 

Articolo di Marco Simontacchi

02/11/2022

 

Business plan croce e delizia

Come spesso diciamo poco è di per sé positivo o negativo, dipende dall’approccio e dalla nostra reazione al fatto. Il problem solving dipende dal problem setting.

È ormai obbligo redigere un business plan, vuoi per il mondo finanziario, vuoi per essere in linea con la Legge 155 – a furia di citarla qualcuno incomincerà a prenderla sul serio.

Possiamo decidere di replicare il bilancio dell’anno prima mettendo delle variazioni “a caso” o “di pancia” rivedendolo semmai sei mesi dopo se ci viene richiesto.

Oppure possiamo decidere di affrontare l’argomento con la serietà che richiede e il rispetto che la nostra impresa merita.

Il primo punto è che vale la pena di utilizzare il piano dei conti come base di partenza. Quindi quale migliore occasione per ripulirlo, aggiornarlo e renderlo più aderente alle esigenze contabili ed economico finanziarie?

Fatto questo primo passo partiamo dal settore più semplice: i costi fissi. Questi sì possiamo prenderli dall’esercizio precedente. Nell’analizzarli tanto vale verificare se non sia il caso di fare una spending review e quali siano comprimibili.

Passiamo quindi ai ricavi: presi quelli dell’anno precedente è l’occasione giusta per riunire Direzione Commerciale e Vendite e visti i costi fissi di struttura determinare un budget per centro di costo o per Cliente – come viene meglio – e stimare realmente la potenzialità dell’azienda.

In base ai presunti ricavi si inseriscono quindi i costi variabili.

Se fatto su base mensile con proiezione a 12 mesi, avremo i ricavi mensili per competenza da cui possiamo desumere l’eventuale fabbisogno finanziario periodicizzato dal saldo (ricavi – costi fissi – variabili) e quindi in base alla rotazione debiti crediti capire se la finanza disponibile è adeguata oppure siamo a rischio crisi di liquidità.

Avremo inoltre, inseriti gli ammortamenti, gli accantonamenti e gli oneri finanziari anche una idea della chiusura di fine anno.

Ci rimane da aggiornare con i dati a consuntivo mensili e verificare il trend, da confrontare con un bilancino con stato patrimoniale trimestrale, misurando la qualità del nostro operato in tempo utile, se il caso, per apportare correttivi.

Perché l’obbiettivo non è generare più fatturato possibile, ma generare il maggior utile potenziale con una ottica di buona gestione sul medio lungo periodo.

Noi ci siamo, voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

26/10/2022

 

I vantaggi della cessione crediti

Tempi duri per i troppo buoni. La riduzione del fatturato, l’erosione dei margini industriali, l’aumento dei costi fissi ha messo a dura prova la tenuta dei conti aziendali.

Una delle ricadute immediate è il deteriorarsi dei margini di tesoreria che riduce il polmone finanziario a disposizione per far fronte alla rotazione debiti crediti.

Paradossalmente anche con un fatturato minore potrebbero non essere più sufficienti i normali affidamenti.

Altro effetto è il potenziale rischio di insoluto che deriva da una aumentata probabilità di default delle PMI con una velocità incrementata dall’entrata in vigore del nuovo codice della crisi di impresa e dalla stretta creditizia, anche sui rinnovi, imposta da Basilea 3.

Sembra un rompicapo, andare in banca con un bilancio peggiorativo a chiedere un aumento degli affidamenti non è affare semplice, senza contare che così facendo andremmo a peggiorare i parametri che compongono il rating legati a fatturato – utili – debiti – oneri finanziari.

Mettendo a rischio un futuro rinnovo o dovendo incassare condizioni peggiorative già con un rialzo sensibile dei tassi.

A tutto c’è rimedio, esiste la cessione dei crediti pro soluto.

Di fatto andiamo a cedere a istituzione finanziaria terza quel fatturato che riteniamo di voler rendere liquido, risparmiando su costi e con notevoli vantaggi da un punto di vista bilancistico e patrimoniale.

Trasferiremmo anche a terzi il rischio di insolvenza e l’onere di monitorare il merito creditizio del ceduto. Dobbiamo essere affidabili noi e il ceduto e avere il consenso di quest’ultimo alla cessione del credito.

C’è tuttavia una parte di fatturato che non possiamo cedere, vuoi perché estero fuori CEE vuoi perché non è concessa la cessione del credito.

In questo caso, soprattutto in caso di paesi che il sistema finanziario fatica ad anticipare, c’è la possibilità di assicurare il credito commerciale.

Tale garanzia, fino al 90% dell’importo, ci consente di trovare istituzioni finanziarie che rendano liquido il credito senza ulteriori complicazioni.

Con buona pace della nostra cassa e dei nostri affidamenti sfiniti dal duro lavoro.

Noi siamo pronti, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

19/10/2022

 

Legge 155 l’incompresa

Di qualunque evento possiamo coglierne le minacce o le opportunità, una mente arguta coglie nell’insieme come poter volgere tale evento a suo favore.

Con la sua entrata in vigore definitiva la Legge 155 ha di fatto sostituito la vecchia legge fallimentare con il nuovo codice della crisi di impresa.

Richiede alle PMI in pratica di dotarsi di quegli adeguati assetti organizzativi atti a monitorare e prevenire eventuali crisi di insolvenza, e al sorgere dei segnali l’Amministratore deve porre in atto le misure necessarie per evitarla, o in caso di impossibilità a ricomporre la crisi di ricorrere alle nuove procedure concordatarie.

Chi non dovesse ottemperare risponderebbe in solido con il proprio patrimonio personale delle insolvenze.

Addio società di capitali siamo tutte di fatto società di persone?

Guardiamo l’altra faccia della medaglia.

Fino a ieri non vi era chiarezza sulle eventuali responsabilità, numeri e procedure, tanto da far dire con un sorriso amaro che “quando ci si iscrive in camera di commercio ci si iscrive contestualmente al registro degli indagati”.

Ora con il nuovo codice si danno indicazioni più precise, gli adeguati assetti organizzativi per chi è del mestiere sono abbastanza evidenti e concreti, le procedure concordatarie con tempi e processi determinati e più certi, l’Imprenditore se segue le regole non ha nulla da temere in caso di crisi.

Insomma, anziché la solita pezza all’italiana il legislatore ha inteso riformare e rimodulare la legge fallimentare creando un vantaggio oggettivo per tutti gli attori coinvolti, con tempi ragionevolmente brevi e ricadute onerose per chi non ottemperi.

Serve solo adeguarsi, e con tale adeguamento si creano le condizioni per una vera coerente governance finanziaria a tutto vantaggio dell’Imprenditore e dell’Azienda.

Imprenditore avvisato mezzo salvato.

Imprenditore “assettato” del tutto salvato.

Noi siamo pronti, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

11/10/2022

Finanza alternativa sempre più forte

La finanza che passa al di fuori dei tradizionali veicoli bancari, definita alternativa, oggi è sempre più presente e scelta obbligata in molteplici casi.

Alternativa non è sinonimo né di facile né di destrutturata.

Fanno parte soggetti vigilati da Banca d’Italia, aziende “fintech” estremamente strutturate e organizzate, fondi istituzionali e non che investono sia in lending che in equity o in un mix.

Vi sono soluzioni per ogni esigenza, dall’investimento in equity di lungo periodo sino al prestito di breve o allo smobilizzo dei crediti commerciali o fiscali.

Ciò che le accomuna tutte è la veloce capacità decisionale, esperienza nel saper leggere i dati aziendali e ricerca delle opportunità growth nel mercato delle aziende italiane, anche PMI.

Al contrario del sistema tradizionale gli andamenti passati non rivestono importanza determinante, quello che conta è uno stato patrimoniale interessante, se non vi è equity da parte dell’Imprenditore, non ve ne sarà nemmeno da parte loro, un interessante progetto corredato da piano industriale e business plan dettagliati.

Guardano avanti controllando che le basi di partenza siano concrete e coerenti.

Dimentichiamo le presentazioni superficiali e raffazzonate di una volta per affascinare l’interlocutore, tutto fumo e poca sostanza.

Si ha di fronte interlocutori preparati e pragmatici che sanno incrociare tutti i dati, quantitativi e qualitativi, per comprendere se il progetto ha basi solide oppure è uno schizzo di una speranza.

Servono le competenze per far combaciare progetto, struttura, numeri, proiezioni. Le piroette non sono ammesse.

Ecco spiegato perché seppur più semplice come approccio non è facile né destrutturata.

Se vogliamo proprio puntualizzare si deve essere imprenditori più preparati ed esperti per approcciare l’alternativo, con idee chiare e robuste messe in atto con piani coerenti e dettagliati.

Come sempre è questione di competenze, o le hai tutte o le acquisisci tramite terzi.

Oppure continui a sperare in una finanza ordinaria sempre più ristretta e difficile strozzata da Basilea III e dal credit crunch con dati di bilancio che non diano adito a nessuna ombra.

 

In ogni caso noi siamo pronti, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

28/09/2022

 

Politica strategia tattica e microgestione

Se c’è una lezione da imparare dai fatti salienti di questo periodo, riferendosi alla situazione bellica in Ucraina e dalla crisi energetica conseguente, è che sottovalutare il fil rouge che lega politica – strategia – tattica e microgestione può portare solo a risultati disastrosi.

Chiariamo i significati dei termini:

  • Politica è la finalità e la modalità di governo di un insieme
  • Strategia è il piano di azione per raggiungere gli obiettivi
  • Tattica sono le azioni specifiche per porre in atto la strategia
  • Microgestione è il controllo nel dettaglio delle azioni in essere e compiute

Se non vi è una visione d’insieme, una coerenza sin nel dettaglio di tutti i livelli logici si rischia di vanificare qualsivoglia sforzo o piano e trovarsi con risultati assai differenti dal desiderato.

Un esempio per tutti: una azienda con un buon rating e un dettagliato piano industriale decide di investire nella espansione interna per aumentare fatturato e utili.

Decide le strategie, predispone le azioni richieste delegando e formando il personale necessario, facendo un controllo ecologico che tutti i comparti abbiano gli strumenti per reggere il cambio di passo.

Reperisce i mezzi finanziari per gestire i flussi di cassa e parte per l’avventura.

A fine esercizio chiuso e depositato il bilancio scopre che il maggior indebitamento non seguito da un proporzionale aumento del patrimonio netto ha fatto peggiorare i parametri che garantivano un sereno accesso al credito e che, essendo divenuti più stringenti i requisiti per la finanziabilità, potrebbe avere seri problemi non solo ad aumentare la disponibilità di cassa, ma a rinnovare gli affidamenti già esistenti nella loro interezza. Mettendo a repentaglio il progetto stesso.

Una maggiore attenzione e micro gestione avrebbe senz’altro posto in evidenza il problema in anticipo, permettendo di intervenire con soluzioni strutturali che avrebbero garantito di mettere in sicurezza finanziaria e patrimoniale l’azienda stessa.

Per sviluppare un progetto ben strutturato non occorre essere tuttologi o dei geni della finanza, servono strumenti adatti e chi abbia le conoscenze per utilizzarli proficuamente.

Se avete una brillante idea in testa fatevi aiutare da chi può darvi valore aggiunto.

Noi ci siamo, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

 

15/09/2022