Nuova era PMI

Siamo al terzo anno di crisi a cui seguirà probabilmente un quarto, Covid prima e guerra poi hanno generato uno stormo di cigni neri.

Il futuro non appare nemmeno libero da ulteriori tempeste, citiamo ad esempio:

  • cambiamento climatico
  • venti di guerra in Asia
  • tensioni nei Balcani
  • stretta dei fondi sulla fintech
  • bolla delle criptovalute
  • inflazione in impennata
  • crisi energetica

Ci fermiamo qui per non creare pessimismo, vorremmo invece dare un senso di realtà.

Le statistiche nel 2017 davano la preoccupazione di approvvigionamento finanziario per le PMI al 8% mentre ricerca di nuova clientela era al 24%, tre volte tanto. La prosperità era vista in funzione del nuovo business.

Oggi nel 2022 la situazione è profondamente cambiata: l’accesso al credito è divenuto estremamente selettivo, oltre a un ottimo bilancio, almeno nella sua composizione, si deve anche garantire una buona trasparenza sui bilancini periodici e soprattutto business plan concreti e dimostrabili, oltre a una centrale rischi immacolata.

L’approvvigionamento finanziario oggi sta diventando la prima preoccupazione per le PMI, in mancanza di una ottima patrimonializzazione l’accesso al capitale di terzi è vitale.

Le PMI stanno agendo, a volte subendo, una profonda trasformazione che senza una pianificazione strutturata, anche nel medio lungo, potrebbe non garantire la necessaria competitività per reggere le repentine e profonde variazioni dei mercati.

Esiste un gap di competenze specifiche tra le PMI e le grandi imprese. Se è pur vero che le PMI sono molto più reattive, se non colmano questo gap integrando le competenze specifiche con partner di fiducia e solidi rischiano di compromettere seriamente il raggiungimento degli obiettivi industriali.

Molte aziende si sono già mosse, infatti:

  • il 25% delle aziende ha riconvertito la produzione su prodotti più strategici
  • il 60% afferma di dover adeguare il proprio modello operativo per riformulare il modello di business
  • il 50% intende avviare un processo di internazionalizzazione
  • oltre il 90% è consapevole di doversi rafforzare patrimonialmente sia con autofinanziamenti che con operazioni straordinarie, rimodulando l’esposizione verso terzi.

*(fonte Deloitte)

Come sempre ciò che affosserà chi si muove tardi o male è lo stesso scenario che premierà chi saprà muoversi nei tempi e nei modi più consoni.

Cosa fare è materia complessa, articolata e dipendente dal contesto.

Quando agire, subito.

L’imprenditore può decidere se fare da sé se ritiene di avere tutte le conoscenze e capacità, sconfessando quel gap di competenze, oppure farsi un esame di coscienza e, se lo ritiene, affidarsi a dei partner competenti per operare le scelte migliori verso un futuro più certo.

Noi ci siamo, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

24/08/2022