Manovra 2024: a voi la parola

Una delle novità economico-finanziarie più rilevanti per le PMI italiane a settembre 2024 è l’introduzione e l’ampliamento degli incentivi nella Manovra 2024. Tra le misure principali ci sono: agevolazioni per le assunzioni, con deduzioni fiscali fino al 130% per giovani e categorie svantaggiate; incentivi per il reshoring (rilocalizzazione della produzione in Italia) con una riduzione del 50% delle imposte sui redditi; e il credito d’imposta per investimenti nelle aree meridionali con la ZES Unica Sud​.

Le principali novità della Manovra 2024 per le PMI italiane apportano diversi vantaggi:

Incentivi per le nuove assunzioni: Deduzioni fiscali fino al 130% per l’assunzione di giovani, donne e categorie svantaggiate. Questi incentivi sono pensati per favorire la creazione di nuovi posti di lavoro e ridurre il costo del lavoro per le imprese.

Credito d’imposta nella ZES Unica Sud: Agevolazioni fiscali per investimenti in beni strumentali nelle aree del Sud Italia, mirati a stimolare lo sviluppo economico e ridurre il divario con il Nord.

Reshoring: Le aziende che riportano la produzione in Italia beneficiano di una riduzione del 50% delle imposte sui redditi per cinque anni. Questo incentiva la rilocalizzazione delle attività produttive nel Paese, favorendo l’occupazione e la competitività.

Attrazione di talenti: Per le imprese che attraggono lavoratori qualificati, la tassazione è ridotta del 50% per redditi fino a 600.000 euro, con ulteriori agevolazioni per famiglie o chi acquista casa in Italia.

Queste misure mirano a sostenere la crescita delle PMI, promuovere l’innovazione e attrarre investimenti e talenti nel paese​.

Le reazioni degli addetti ai lavori alle novità della Manovra 2024 sono miste.

Gli imprenditori accolgono positivamente le misure per incentivare nuove assunzioni e il reshoring, poiché riducono i costi del lavoro e favoriscono il rientro della produzione in Italia, contribuendo a migliorare la competitività delle PMI. Tuttavia, alcuni esprimono preoccupazione per l’adeguatezza delle risorse, in particolare per gli investimenti a lungo termine. Inoltre, la global minimum tax per le multinazionali è vista con favore per la maggiore equità fiscale, ma resta una misura marginale per le piccole imprese​.

Il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha espresso un giudizio equilibrato sulle misure della Manovra 2024, evidenziando aspetti positivi ma anche punti critici. Orsini ha accolto con favore le iniziative mirate a favorire gli investimenti e ridurre il costo del lavoro, come gli incentivi per le assunzioni e il taglio del cuneo fiscale. Queste misure sono viste come fondamentali per migliorare la competitività delle imprese italiane, in particolare delle PMI.

Tuttavia, Orsini ha sottolineato l’importanza di un’azione coordinata a livello europeo, auspicando una politica industriale comunitaria più forte e una maggiore attenzione da parte delle istituzioni europee alla competitività industriale. Ha anche messo in evidenza la necessità di un approccio meno ideologico e più pratico alle questioni industriali, per garantire una crescita economica sostenibile a lungo termine.

Un altro tema centrale per Orsini è l’energia, dove chiede misure che possano garantire alle imprese italiane energia a costi competitivi, elemento cruciale per la crescita industriale.

In generale, pur lodando i passi avanti, Orsini ritiene che sia essenziale mantenere un dialogo aperto tra governo, imprese e sindacati per affrontare sfide complesse come salari, produttività e sicurezza sul lavoro, per garantire una crescita equilibrata e inclusiva per tutti i settori dell’economia italiana.

Carlo Bonomi, ex presidente di Confindustria, ha espresso un giudizio critico sulla Manovra 2024. Sebbene l’abbia definita “ragionevole” per la scelta di concentrare le poche risorse disponibili sul taglio del cuneo fiscale, ha sottolineato la mancanza di una strategia di crescita a lungo termine. Bonomi ha evidenziato che, mentre la manovra offre sostegni congiunturali, come gli incentivi all’occupazione, mancano misure strutturali per stimolare gli investimenti privati e migliorare la competitività delle imprese italiane.

In particolare, ha criticato la decisione di eliminare l’Ace (Aiuto alla Crescita Economica), che ha sottratto risorse al sistema produttivo, portando a un saldo negativo per le imprese di circa 1 miliardo di euro. Bonomi ha dichiarato che il Paese ha bisogno di un percorso che favorisca realmente la crescita e gli investimenti, e ha invitato il governo a fare di più per sostenere il settore industriale, che considera un pilastro fondamentale per la ripresa economica italiana.

Nonostante la critica, Bonomi ha riconosciuto l’importanza del sostegno alle famiglie e del taglio del cuneo fiscale, che vede come misure positive per aumentare il potere d’acquisto delle fasce a reddito medio-basso. Tuttavia, ha ribadito che senza interventi strutturali, l’efficacia complessiva della manovra rimane limitata.

Mario Draghi non si è espresso direttamente sulle specifiche misure della Manovra 2024 italiana, ma ha recentemente presentato un rapporto all’Unione Europea in cui ha sottolineato l’importanza di stimolare la produttività e garantire investimenti massicci per affrontare le sfide dell’innovazione, della digitalizzazione e dei prezzi energetici elevati. Questi concetti si collegano indirettamente alle esigenze italiane, inclusa la necessità di politiche che favoriscano la crescita industriale e la competitività, come gli incentivi e le misure fiscali previste dalla manovra​.

Voi cosa ne pensate?

Articolo di Marco Simontacchi

18/09/2024

Flat Tax: pro e contro

L’introduzione della flat tax in Italia è un tema molto dibattuto, e i suoi effetti sui consumi, sull’economia e sulla redistribuzione della ricchezza dipendono da diversi fattori. Ci sono argomenti sia a favore che contro questa riforma fiscale, e vediamo entrambi i lati per rispondere alla tua domanda.

Argomenti a favore della flat tax:

Semplificazione del sistema fiscale: La flat tax prevede un’unica aliquota fiscale per tutti, semplificando notevolmente la gestione fiscale sia per i cittadini che per le imprese. Questo può ridurre i costi di conformità e migliorare l’efficienza del sistema fiscale.

Maggiore incentivo al lavoro e agli investimenti: Chi sostiene la flat tax argomenta che una tassa più bassa e lineare può stimolare le persone a lavorare di più, ad aumentare la produttività e ad attrarre investimenti, poiché i redditi aggiuntivi non verrebbero tassati in maniera progressiva e sproporzionata. Inoltre, le imprese potrebbero essere incentivate ad espandersi grazie a una pressione fiscale minore e più prevedibile.

Aumento dei consumi: In teoria, ridurre l’aliquota fiscale per i redditi più alti e intermedi potrebbe lasciare a disposizione più reddito disponibile, incentivando i consumi. Più consumi possono portare a una maggiore domanda di beni e servizi, stimolando la crescita economica.

Contrasto all’evasione fiscale: Alcuni ritengono che una flat tax possa ridurre l’evasione fiscale, poiché una tassa più bassa e semplice può essere percepita come più equa e quindi più accettabile dai contribuenti.

Critiche alla flat tax:

Regressività del sistema: La flat tax, per sua natura, è regressiva, il che significa che colpisce proporzionalmente di più i redditi bassi rispetto a quelli alti. Attualmente, in Italia, il sistema fiscale è progressivo, cioè chi guadagna di più paga una percentuale maggiore del suo reddito in tasse. Con la flat tax, i redditi più alti beneficerebbero di una riduzione significativa delle imposte, mentre quelli più bassi rischierebbero di pagare una quota simile a quella attuale o addirittura maggiore, in termini percentuali rispetto al reddito disponibile.

Possibile riduzione delle entrate fiscali: Una flat tax, se non accompagnata da misure compensative, potrebbe portare a una riduzione delle entrate fiscali, soprattutto nei primi anni di implementazione. Questo potrebbe comportare tagli alla spesa pubblica in settori come la sanità, l’istruzione e il welfare, con conseguenze negative per le fasce di popolazione più deboli.

Riduzione della redistribuzione: Il sistema fiscale progressivo ha una funzione redistributiva, cioè riduce le disuguaglianze economiche trasferendo parte della ricchezza dai redditi più alti a quelli più bassi attraverso il sistema di welfare. La flat tax potrebbe ridurre questa capacità di redistribuzione, ampliando la disparità tra ricchi e poveri.

Effetti limitati sui consumi per i redditi più bassi: I redditi più bassi, che attualmente già pagano poche tasse, non vedrebbero un miglioramento significativo nella loro disponibilità di reddito, e quindi è improbabile che una flat tax possa aumentare i loro consumi in modo significativo. Al contrario, i beneficiari principali sarebbero le persone con redditi medio-alti, che però potrebbero non destinare l’intero incremento di reddito ai consumi, preferendo invece risparmiare o investire.

L’impatto della flat tax sui consumi e sull’economia dipenderà molto da come verrà strutturata e dalle compensazioni adottate per garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche e la tutela delle fasce più vulnerabili della popolazione. Da un lato, potrebbe incentivare investimenti e semplificare il sistema fiscale, ma dall’altro rischia di accentuare le disuguaglianze e di ridurre la capacità dello Stato di finanziare servizi essenziali. La flat tax potrebbe dunque risultare più favorevole per i redditi alti e meno per i redditi bassi, con benefici limitati per la domanda interna complessiva se i consumi dei più abbienti non aumentano proporzionalmente.

La sua efficacia nell’aumentare i consumi e sostenere l’economia dipende quindi da fattori legati alla redistribuzione del reddito e alla risposta dei consumatori e delle imprese alle nuove condizioni fiscali.

In Italia, la grande maggioranza della popolazione ha redditi medio-bassi, quindi l’introduzione di una flat tax può avere effetti diversi rispetto a Paesi con una distribuzione del reddito più omogenea o con una maggioranza di redditi elevati. Considerando la struttura socio-economica italiana, ecco le potenziali conseguenze principali della flat tax.

Benefici limitati per i redditi medio-bassi

La flat tax è una tassa che riduce le aliquote per tutti, ma il risparmio in termini assoluti sarà maggiore per chi guadagna di più. Questo perché chi ha un reddito elevato vedrà una riduzione significativa rispetto al sistema fiscale progressivo attuale, mentre chi ha redditi bassi o medi vedrà benefici modesti o addirittura nessun beneficio, dato che già ora pagano tasse relativamente basse o usufruiscono di detrazioni.

  • Redditi bassi: Questi contribuenti pagano poche imposte dirette, e una flat tax potrebbe non comportare una differenza sostanziale nelle loro finanze. Anzi, potrebbero rischiare di perdere alcuni vantaggi fiscali o sociali attuali, come le deduzioni o gli incentivi che esistono nel sistema progressivo.
  • Redditi medi: Anche per i redditi medi, il beneficio fiscale sarebbe limitato rispetto a chi guadagna di più. I risparmi potrebbero non essere sufficienti a incrementare significativamente i consumi, poiché gran parte di questo reddito è già destinato a spese fisse come affitto, mutui e necessità quotidiane.

Aumento delle disuguaglianze

In un paese come l’Italia, dove esistono già forti disparità di reddito, una flat tax potrebbe accentuare ulteriormente le disuguaglianze. I contribuenti con redditi elevati beneficerebbero molto di più di una riduzione fiscale rispetto ai redditi medio-bassi, riducendo la progressività del sistema. Ciò potrebbe tradursi in una concentrazione ancora maggiore di ricchezza nelle mani di chi già gode di un livello di vita superiore, senza garantire una redistribuzione significativa del benessere economico.

Possibili tagli ai servizi pubblici

Per finanziare una riduzione generalizzata delle imposte senza perdere entrate fiscali in modo massiccio, lo Stato potrebbe essere costretto a ridurre la spesa pubblica in settori essenziali come sanità, istruzione, e welfare. Questo tipo di politiche di austerità avrebbe un impatto negativo principalmente sui redditi medio-bassi, che dipendono maggiormente dai servizi pubblici rispetto ai redditi più alti. In Italia, molti cittadini traggono beneficio da queste reti di sicurezza sociale, e un loro ridimensionamento potrebbe danneggiare ulteriormente le fasce meno abbienti.

Scarsi effetti sui consumi

Dal punto di vista dei consumi, è importante considerare che i redditi medio-bassi tendono a destinare una quota più alta del proprio reddito ai consumi, mentre i redditi alti sono più inclini a risparmiare o investire piuttosto che spendere. Pertanto, una flat tax che riduce la pressione fiscale sui redditi più elevati potrebbe non tradursi in un incremento proporzionale della domanda interna. Se i benefici fiscali per i redditi medio-bassi sono marginali, non ci sarà un aumento sostanziale della capacità di spesa e, di conseguenza, i consumi rimarranno stagnanti.

Possibile effetto recessivo a lungo termine

In un contesto di elevata disuguaglianza economica, la flat tax potrebbe non generare sufficiente crescita economica da bilanciare l’inevitabile perdita di entrate fiscali. Se i redditi medio-bassi non beneficiano significativamente della riforma e i consumi non crescono, l’economia potrebbe risentirne. Un’eccessiva redistribuzione del reddito verso i più abbienti può frenare la domanda interna, che è una componente fondamentale della crescita economica, specialmente in un paese come l’Italia, caratterizzato da una forte dipendenza dalla spesa delle famiglie.

Possibili risvolti politici e sociali

A livello sociale, una flat tax che viene percepita come un “regalo” ai più abbienti potrebbe alimentare il malcontento e il risentimento tra le classi medio-basse. In Italia, le disuguaglianze regionali (Nord-Sud) e di reddito sono già un tema delicato. Una riforma fiscale che sembri favorire solo i più ricchi potrebbe esacerbare le tensioni sociali e politiche.

 

Nel contesto italiano, la flat tax potrebbe non essere lo strumento più efficace per stimolare i consumi e sostenere l’economia, data la preponderanza di redditi medio-bassi. I vantaggi si concentrerebbero principalmente sui redditi più alti, con effetti limitati sulla capacità di spesa della maggior parte della popolazione. Inoltre, il rischio di accentuare le disuguaglianze economiche e di comprimere la spesa pubblica essenziale potrebbe avere effetti negativi sulla coesione sociale e sull’equità del sistema fiscale.

La flat tax rischia di essere percepita più come un beneficio per i più abbienti che come una riforma equa e inclusiva per la maggioranza dei cittadini italiani.

Articolo di Marco Simontacchi

11/09/2024

Rialzo dei tassi: cause ed effetti

Il rialzo dei tassi di interesse da parte della banca centrale europea o degli organismi di politica monetaria di un paese può essere motivato da diversi fattori.

 Controllo dell’inflazione, riduce la spesa e l’accesso al credito, frenando il consumo e gli investimenti, che a loro volta possono contribuire a contenere l’inflazione.

 Stabilizzazione della valuta, un tasso di interesse più alto rende gli investimenti nell’euro più attraenti per i capitali stranieri, aumentando la domanda per la valuta e di conseguenza il suo valore sul mercato internazionale.

 Prevenzione di bolle speculative nei mercati finanziari e immobiliari. Tassi più alti possono scoraggiare gli investimenti eccessivi in settori specifici.

Difesa della stabilità finanziaria per prevenire il surriscaldamento dell’economia che potrebbe portare a rischi finanziari.

Equilibrio del conto corrente e della bilancia dei pagamenti, può aiutare a ridurre l’importazione eccessiva e a promuovere l’export.

Normalizzazione della politica monetaria per ritornare a una situazione più “normale” in termini di tassi di interesse, specialmente dopo periodi di crisi economica o recessione.

Crescita sostenibile e controllo del debito. Avere tassi di interesse troppo bassi per troppo tempo può incoraggiare l’indebitamento eccessivo e promuovere una crescita economica più sostenibile.

Credibilità delle politiche della banca centrale nel dimostrare che è pronta a prendere misure appropriate per garantire stabilità economica a lungo termine.

È importante notare che la decisione di rialzare i tassi di interesse deve essere ben ponderata e basata su un’analisi approfondita dell’economia, tenendo conto di molti fattori come l’andamento dell’inflazione, la situazione economica interna ed esterna e gli obiettivi macroeconomici a lungo termine del paese.

L’effetto del rialzo dei tassi di interesse sull’economia italiana può avere diverse implicazioni sia per le aziende (B2B) che per i consumatori (B2C).

 Costo del finanziamento

B2B: Le imprese potrebbero vedere aumentare i costi per i finanziamenti aziendali, come i prestiti bancari e le linee di credito. Ciò potrebbe ridurre la redditività e la capacità di investimento delle imprese.

B2C: Anche i consumatori potrebbero sperimentare un aumento dei tassi sui prestiti personali, questo può influire sui consumi, specialmente per beni ad alto costo come case e veicoli.

 Investimenti aziendali:

B2B: Le imprese potrebbero essere meno propense a investire in nuovi progetti o ad espandere le proprie operazioni. Ciò può rallentare la crescita economica complessiva.

B2C: Anche i consumatori potrebbero essere più cauti nel fare acquisti di beni durevoli o impegnarsi in investimenti a lungo termine, influenzando settori come l’immobiliare e l’automotive.

Domanda e offerta:

B2B: La diminuzione degli investimenti aziendali può comportare una diminuzione della domanda di beni e servizi tra le imprese, influenzando negativamente i fornitori e l’intera catena di approvvigionamento.

B2C: L’aumento dei tassi di interesse può ridurre la disponibilità di denaro per i consumatori, influenzando la domanda di beni e servizi. Settori come il commercio al dettaglio e il settore dei servizi possono subire una diminuzione della domanda.

Svalutazione dei titoli azionari:

B2B: Le aziende quotate in borsa possono vedere una svalutazione delle loro azioni a causa dell’aumento dei tassi di interesse, poiché gli investitori possono spostarsi verso titoli a reddito fisso più redditizi.

B2C: Gli investitori individuali che detengono azioni o fondi comuni di investimento potrebbero subire perdite a causa della svalutazione del valore delle loro attività.

Un rialzo dei tassi di interesse in Italia può avere diversi effetti sull’economia reale, influenzando vari settori e aspetti dell’attività economica.

Costo del finanziamento. Il rialzo dei tassi di interesse comporta un aumento dei costi di finanziamento per le imprese e i consumatori. Le aziende dovranno pagare di più per i prestiti bancari e le linee di credito, riducendo la loro disponibilità di liquidità e influenzando la redditività.

Investimenti. L’aumento dei tassi di interesse può scoraggiare gli investimenti aziendali. Le imprese potrebbero ridurre i progetti di espansione o posticipare gli investimenti, influenzando negativamente la crescita economica. Settori come l’edilizia e l’industria manifatturiera potrebbero essere particolarmente colpiti.

Consumi delle famiglie. I tassi di interesse più alti comportano costi maggiori sui prestiti personali, come mutui e prestiti per l’acquisto di auto. Ciò può ridurre la capacità di spesa delle famiglie e influenzare negativamente settori come l’edilizia residenziale e il commercio al dettaglio.

Debito delle famiglie e delle imprese. L’incremento dei tassi di interesse può aumentare i pagamenti sui debiti delle famiglie e delle imprese, mettendo pressione sui bilanci e limitando la loro capacità di investire o fare acquisti. Ciò può portare a un aumento dei tassi di insolvenza e delle sofferenze bancarie.

Valore dell’euro e commercio estero. Un rialzo dei tassi di interesse in Italia può portare a un aumento del valore dell’euro rispetto ad altre valute, rendendo i prodotti italiani più costosi per i mercati esteri. Questo può influenzare le esportazioni e l’industria manifatturiera.

Settore immobiliare. I tassi di interesse più alti possono influenzare il settore immobiliare, poiché i costi dei mutui aumentano, riducendo la domanda di case e influenzando i prezzi delle abitazioni.

Mercati finanziari. I rialzi dei tassi di interesse possono comportare una correzione nei mercati azionari, poiché i rendimenti obbligazionari diventano più competitivi rispetto agli investimenti azionari. Gli investitori potrebbero spostare parte del loro portafoglio verso titoli obbligazionari, influenzando il valore delle azioni.

L’impatto di un rialzo dei tassi di interesse dipende da diversi fattori, come la magnitudine dell’aumento, il contesto economico globale e le politiche adottate dai governi e dalle istituzioni finanziarie per mitigare gli effetti negativi sull’economia reale.

Un rialzo dei tassi di interesse può avere un impatto negativo sull’attività economica, rallentando la crescita e influenzando sia le aziende che i consumatori attraverso vari canali, tra cui i costi di finanziamento, gli investimenti, la domanda e il valore degli asset finanziari. Tuttavia, è importante considerare che gli effetti possono variare in base a diversi fattori, come la magnitudine del rialzo dei tassi e il contesto economico globale.

Articolo di Marco Simontacchi

17/09/2023

L’Italia s’è desta

Inflazione a valanga

Vi è un perverso effetto inflattivo che è causato non da poteri oscuri o da lobby malevole, ma da tutti noi colpevolmente in buona fede.

L’aumento delle materie prime e dei semilavorati unito al caro energia ha fatto impennare l’inflazione nel giro di poco a percentuali a due cifre.

È sacrosanto aumentare i prezzi per mantenere il margine, senza il quale si chiude bottega.

Lo stesso liquido per accendere il camino o il barbecue da euro 2,95 al litro è passato a euro 5,95, il pellet da euro 4,50 a sacco a euro 12, la legna da ardere è intorno ai 20 euro al quintale, la bolletta della luce e del gas nella migliore delle ipotesi è triplicata.

Va da sé che il panettiere di Castelvecchio Subequo e la lavanderia di Robecchetto, come la pizzeria di Laglio (cito a caso) abbiano dovuto ritoccare i prezzi.

Cosa succederà quando l’emergenza sarà rientrata e materie prime e semilavorati insieme al costo energetico saranno rientrati a livelli normali?

Quei prezzi sono soggetti a legge di mercato e sono scambiati su mercati regolamentati nella maggior parte dei casi, quindi fluttuano in entrambe le direzioni.

Sarà difficile se non utopico che tutte le aziende ritocchino i loro listini al ribasso mantenendo fermo il margine rinunciando ad extra profitti.

Peccato che le dinamiche salariali non seguano di pari passo, andando ad erodere un potere d’acquisto da anni compromesso.

Già oggi si può dire che si sia spazzata via buona parte della media borghesia, quella che di fatto rappresentava uno dei maggiori bacini di consumatori.

Con un atteggiamento miope mantenere un domani gli extraprofitti significa impoverire ulteriormente tutta la fascia centrale della popolazione.

Alla quale non rimane altro che stringere la cinghia e ridurre i consumi: a farne le spese inizialmente saranno proprio tutte quelle aziende che hanno come riferimento i consumatori stessi.

Le altre aziende rivolte al B2B seguiranno non molto dopo.

Sperare nella lungimiranza dei più è sognare a occhi aperti.

Introdurre una tassazione inferiore per agevolare le imprese e far emergere il sommerso può essere una mossa giusta, potenzialmente potrebbe però divenire un turbo al massimizzare i profitti lasciando aumentare i margini.

Come minacciato da Biden una sensata contromossa potrebbe essere tassare pesantemente gli extraprofitti, disincentivando l’effetto valanga.

Se non può il buonsenso che agisca la scure, per il bene dei più.

 

Articolo di Marco Simontacchi

02/11/2022

 

L’Inverno demografico

Il rapporto ISTAT 2022 è raggelante per il futuro dell’Italia.

La popolazione media non solo sta invecchiando ma da trent’anni stiamo diminuendo numericamente.

La contrazione del saldo migratorio, la bassa natalità, uniti alla pandemia ha portato il numero dei residenti da 60.230.000 di 8 anni fa agli attuali 58.983.000 con 188 persone over 65 anni per ogni 100 con meno di 15 anni.

È immediato il collegamento al profondo squilibrio che si è venuto a creare e continuerà a crescere nel sistema pensionistico e della sicurezza sociale oltre a una seria contrazione della forza lavoro nel tempo.

Il sistema è destinato, per come è strutturato, a saltare.

Non ci si può nemmeno appellare a un aumento delle nascite, l’età media delle partorienti e del primo figlio stanno elevandosi superando i 32 anni nel prima caso e i 31 anni nel secondo con le coppie straniere che stanno adeguandosi al trend.

Evidente segnale di grande difficoltà nel creare e mantenere una famiglia nel “Bel Paese”.

Questa difficoltà è parallela al mercato delle retribuzioni, diminuite in Italia nell’ultimo decennio a fronte di sostanziosi aumenti nel resto d’Europa pur in presenza di una reale inflazione che morde ultimamente in modo significativo.

Oltre a essere mal pagati gli Italiani sono anche un popolo di precari, nel 2021 infatti ormai i contratti “standard” – a tempo indeterminato – sono circa il 60% del totale relegando il rimanente a un part time “involontario” o a tempo determinato e spesso le due situazioni si sommano soprattutto nei giovani sotto ai 35 anni.

È crollata così la qualità complessiva dell’occupazione e della retribuzione generando quell’inverno demografico che rischia di proiettarci in un medio evo economico prossimo venturo.

Insomma, precariato e povertà sono il futuro che stiamo garantendo alle generazioni giovani e future, le quali con la loro operosità dovrebbero garantire prosperità all’Italia e a tutti noi.

Dovremmo seriamente ripensare al nostro modello, che non è quello standard europeo, e ridisegnare un futuro possibile per tutti.

 

Articolo di Marco Simontacchi

17/08/2022

 

Pensiamo al futuro da formiche

Dal discorso di Alessandro Spada, Presidente Assolombarda al MIND:

“Se la pandemia ha cambiato irreversibilmente le nostre vite, ora la guerra in Ucraina, con i suoi orrori umanitari, ha accelerato fenomeni le cui conseguenze economiche incidono in maniera significativa non solo sulla crescita del nostro Paese, ma anche rispetto a scenari europei e globali così come li abbiamo conosciuti nella nostra storia recente.

Abbiamo l’impellenza di affrontare il tema delle materie prime e di risolvere il problema dell’energia, che tocca in particolar modo la Lombardia per le caratteristiche del suo tessuto industriale, attraverso interventi strutturali che si fondino sul principio delle neutralità tecnologica, così da scongiurare il rischio di compromettere la produzione delle nostre imprese. Sono, infatti, urgenze che monitoriamo e segnaliamo da tempo e che non possono più essere rimandate.

Non solo, abbiamo il dovere di rimettere al centro delle priorità il lavoro, specialmente quello giovanile, perché saranno proprio le nuove generazioni a ripagare i debiti generati dal Next Generation EU. È per loro che dobbiamo costruire un mondo del lavoro più moderno, inclusivo e gratificante, anche attraverso una fiscalità agevolata per incentivare le assunzioni. Allo stesso tempo dobbiamo mettere le nostre imprese nelle condizioni di trovare profili adeguati alle loro necessità e in questo senso la formazione rappresenta certamente la leva più importante da perseguire. Infine, la strada per l’aumento degli stipendi a vantaggio di tutti i lavoratori deve passare inevitabilmente dalla riduzione del cuneo contributivo.

“Il dovere dei tempi” ci ricorda che è ora di aggredire le vulnerabilità che hanno colpito il nostro Paese negli ultimi decenni con il coraggio che contraddistingue la nostra storia moderna e contemporanea, affinché si possano ricostruire fiducia e coesione. “Il dovere dei tempi” richiama tutti ad una responsabilità condivisa nel fare oggi, insieme e senza indugi, quelle scelte fondamentali per costruire il futuro di domani.”

Sino ad oggi ci siamo comportati, in linea generale, come la famosa cicala. Abbiamo vissuto come società ben al di sopra di quanto il sistema economico e globalmente le risorse terrene potessero sostenere. Il conto in un modo o nell’altro sta arrivando e a pagare saranno prevalentemente i nostri figli e nipoti.

Possiamo e dobbiamo iniziare a pensare e programmare non solo per il breve ma soprattutto per il medio e lungo, anche a costo di ridimensionare pretese e stili di vita sopra alle righe eliminando le cattive abitudini, di dubbia etica, che ci hanno portati a questi limiti strutturali ed economici.

Serve il coraggio di operare quelle ineludibili scelte strutturali che ci traghettino verso un futuro sostenibile.
Serve la volontà di strutturare le nostre aziende in modo moderno e con coerenti governance.
Serve la disponibilità a formare e motivare il personale, l’azienda più che le strutture è le persone che la compongono.

Insomma, da cicale dobbiamo trasformarci in operose e ordinate formiche, le generazioni future ringraziano.
Noi ci siamo, voi?

Articolo di Marco Simontacchi

07/06/2022

Inflazione e recessione possibili: cosa fare?

Vi sono due potenziali fenomeni che bussano alla porta delle economie mondiali:

Inflazione e Recessione.

I dati inflattivi dovuti alla impennata delle materie prime e del costo dell’energia pare non possano sgonfiarsi nel breve, si parla ormai di crisi di medio periodo.

A peggiorare la situazione sono le superpotenze economiche, Cina in testa, che stanno portando le scorte in generale a 18/24 mesi creando un circolo vizioso di cui non si comprende ancora la portata.

L’accelerazione della crescita delle Masse Monetarie – M1 M2 e M3 – se da un lato assicurano liquidità alle economie, dall’altro generano nel medio spinte inflattive che difficilmente si riescono a raffreddare nel breve. Liquidità che non è andata, se non in parte, a beneficiare le attività produttive direttamente.

Basta dare un occhio al grafico storico dell’inflazione in zona Euro dall’esordio ad oggi.

Se l’aumento dell’inflazione è sulla bocca di tutti e già se ne sono avvertiti gli effetti nel portafoglio, diversa è la percezione riguardo a una potenziale recessione.

I segnali sono molteplici.

Nel 2022 si prevedono molti default, di cui ci sono già tutti i segnali, soprattutto tra le PMI: ne parlammo in un precedente articolo.

L’aumento vertiginoso dei prezzi, soprattutto dell’energia, ha già dato un brusco arresto al PIL Euro, a gennaio 22 si parla di oltre un -1%.

Un forte segnale premonitore è l’inversione dei tassi USA, negli ultimi decenni ad ogni superamento dei tassi a breve (2 anni) rispetto ai tassi a lungo (10 anni) è corrisposta una recessione. Questa inversione è dovuta al fatto che gli investitori vedono nel breve un maggior pericolo che nel lungo periodo, sta a significare che danno già per certa una recessione.

Il seguente grafico sullo spread tra Y10 – Y2 USA, senza scomodare analisi tecniche circa doppi massimi e violazione dei supporti di medio e lungo, è abbastanza eloquente sul trend e sulle possibilità di una recessione a breve.

Come sempre tutto ciò non è né un bene né un male, sono assestamenti necessari in qualunque sistema economico, riallineano finanza ed economia evitando guai peggiori nel futuro.

Dipende da come sappiamo prevenire e gestire tali fenomeni: possiamo creare le basi per cavalcarli e trarne vantaggio, le grosse fortune sono state create spesso da chi ha saputo essere lungimirante in tempi di crisi.

Serve un mix di intraprendenza e di prudente saggezza viste con una consapevolezza e un controllo superiori alla media.

Non esiste LA soluzione, esistono molte variabili: contesto, settore, diversificazione, stato di salute aziendale e altro ancora, esistono tuttavia diversi accorgimenti.

Primo effettuare un checkup dello stato di salute aziendale quindi rendere congrui patrimonio netto e disponibilità finanziarie, diminuire o diluire nel tempo l’indebitamento, ridurre i costi fissi a favore dei variabili, diversificare in tutti settori della filiera, tenere sotto controllo fornitori e clientela, ampliare la propria visione e creare robusti piani industriali con vari scenari, giusto per citare alcuni esempi.

Negli affari si evolve o ci si estingue.

Voi che ne pensate, siete pronti a cavalcare l’onda o aspettate di subire la marea?

Noi ci siamo, Voi?

 

*nei link articoli di approfondimento

 

Articolo di Marco Simontacchi

06/02/2022

 

PMI Europee a rischio default – soluzioni.

Un recentissimo studio di Afme (Association for Financial Markets in Europe) realizzato con Pwc (PricewaterhouseCoopers) mostra come le vicissitudini Covid abbiano generato un buco di 500 / 600 miliardi di euro nei conti delle PMI europee.

Lo andiamo dicendo da diverso tempo, a breve buona parte delle PMI sono a rischio default. Buono l’art. 6 del Decreto Liquidità, ratificato con la Legge di Bilancio a giugno 2021, di spalmare le perdite 2020 sui cinque esercizi successivi, ma non vi è alcuna indicazione o modifica al TUB (Testo Unico Bancario) in merito ad alcuna deroga nei rinnovi o concessione di affidamenti alle aziende depatrimonializzate, che non hanno più i parametri per l’accesso al credito. A fine anno scadono le moratorie sui rinnovi e sarà strage.

Chiaro il messaggio lanciato da Afme all’Unione europea e ai Governi nazionali: salvate le imprese prima che la situazione produca un effetto domino con gravi danni economici e sociali, va fatto subito con strumenti il meno invasivi possibile.

Più che di prestiti occorrerebbe uno strumento misto tra lending ed equity che ricapitalizzi le PMI anche a vantaggio dei parametri componenti il rating, passaggio obbligato per mantenere l’accesso al credito, senza però diluire l’azionariato. Fatto non accettabile dagli Azionisti.

Francia, Spagna e Olanda sono già intervenute su questa strada. Afme ricorda che non è sufficiente, e vista la natura e la finalità degli interventi, per attirare i capitali finanziari, dovrebbe essere costituita una piattaforma o dei fondi controgarantiti in qualche modo da fondi centrali governativi o sovranazionali.

I singoli paesi probabilmente da soli non hanno le risorse: Afme ha incaricato Pwc di analizzare le legislazioni di vari Paesi europei e le loro singolarità con lo scopo di dare ai singoli Paesi gli strumenti per creare iniziative a sostegno delle Pmi.

Il tempo stringe e il conto alla rovescia è iniziato, speriamo qualcosa si muova e velocemente.

 

Articolo di Marco Simontacchi

21/11/2021