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Rialzo dei tassi: cause ed effetti

Il rialzo dei tassi di interesse da parte della banca centrale europea o degli organismi di politica monetaria di un paese può essere motivato da diversi fattori.

 Controllo dell’inflazione, riduce la spesa e l’accesso al credito, frenando il consumo e gli investimenti, che a loro volta possono contribuire a contenere l’inflazione.

 Stabilizzazione della valuta, un tasso di interesse più alto rende gli investimenti nell’euro più attraenti per i capitali stranieri, aumentando la domanda per la valuta e di conseguenza il suo valore sul mercato internazionale.

 Prevenzione di bolle speculative nei mercati finanziari e immobiliari. Tassi più alti possono scoraggiare gli investimenti eccessivi in settori specifici.

Difesa della stabilità finanziaria per prevenire il surriscaldamento dell’economia che potrebbe portare a rischi finanziari.

Equilibrio del conto corrente e della bilancia dei pagamenti, può aiutare a ridurre l’importazione eccessiva e a promuovere l’export.

Normalizzazione della politica monetaria per ritornare a una situazione più “normale” in termini di tassi di interesse, specialmente dopo periodi di crisi economica o recessione.

Crescita sostenibile e controllo del debito. Avere tassi di interesse troppo bassi per troppo tempo può incoraggiare l’indebitamento eccessivo e promuovere una crescita economica più sostenibile.

Credibilità delle politiche della banca centrale nel dimostrare che è pronta a prendere misure appropriate per garantire stabilità economica a lungo termine.

È importante notare che la decisione di rialzare i tassi di interesse deve essere ben ponderata e basata su un’analisi approfondita dell’economia, tenendo conto di molti fattori come l’andamento dell’inflazione, la situazione economica interna ed esterna e gli obiettivi macroeconomici a lungo termine del paese.

L’effetto del rialzo dei tassi di interesse sull’economia italiana può avere diverse implicazioni sia per le aziende (B2B) che per i consumatori (B2C).

 Costo del finanziamento

B2B: Le imprese potrebbero vedere aumentare i costi per i finanziamenti aziendali, come i prestiti bancari e le linee di credito. Ciò potrebbe ridurre la redditività e la capacità di investimento delle imprese.

B2C: Anche i consumatori potrebbero sperimentare un aumento dei tassi sui prestiti personali, questo può influire sui consumi, specialmente per beni ad alto costo come case e veicoli.

 Investimenti aziendali:

B2B: Le imprese potrebbero essere meno propense a investire in nuovi progetti o ad espandere le proprie operazioni. Ciò può rallentare la crescita economica complessiva.

B2C: Anche i consumatori potrebbero essere più cauti nel fare acquisti di beni durevoli o impegnarsi in investimenti a lungo termine, influenzando settori come l’immobiliare e l’automotive.

Domanda e offerta:

B2B: La diminuzione degli investimenti aziendali può comportare una diminuzione della domanda di beni e servizi tra le imprese, influenzando negativamente i fornitori e l’intera catena di approvvigionamento.

B2C: L’aumento dei tassi di interesse può ridurre la disponibilità di denaro per i consumatori, influenzando la domanda di beni e servizi. Settori come il commercio al dettaglio e il settore dei servizi possono subire una diminuzione della domanda.

Svalutazione dei titoli azionari:

B2B: Le aziende quotate in borsa possono vedere una svalutazione delle loro azioni a causa dell’aumento dei tassi di interesse, poiché gli investitori possono spostarsi verso titoli a reddito fisso più redditizi.

B2C: Gli investitori individuali che detengono azioni o fondi comuni di investimento potrebbero subire perdite a causa della svalutazione del valore delle loro attività.

Un rialzo dei tassi di interesse in Italia può avere diversi effetti sull’economia reale, influenzando vari settori e aspetti dell’attività economica.

Costo del finanziamento. Il rialzo dei tassi di interesse comporta un aumento dei costi di finanziamento per le imprese e i consumatori. Le aziende dovranno pagare di più per i prestiti bancari e le linee di credito, riducendo la loro disponibilità di liquidità e influenzando la redditività.

Investimenti. L’aumento dei tassi di interesse può scoraggiare gli investimenti aziendali. Le imprese potrebbero ridurre i progetti di espansione o posticipare gli investimenti, influenzando negativamente la crescita economica. Settori come l’edilizia e l’industria manifatturiera potrebbero essere particolarmente colpiti.

Consumi delle famiglie. I tassi di interesse più alti comportano costi maggiori sui prestiti personali, come mutui e prestiti per l’acquisto di auto. Ciò può ridurre la capacità di spesa delle famiglie e influenzare negativamente settori come l’edilizia residenziale e il commercio al dettaglio.

Debito delle famiglie e delle imprese. L’incremento dei tassi di interesse può aumentare i pagamenti sui debiti delle famiglie e delle imprese, mettendo pressione sui bilanci e limitando la loro capacità di investire o fare acquisti. Ciò può portare a un aumento dei tassi di insolvenza e delle sofferenze bancarie.

Valore dell’euro e commercio estero. Un rialzo dei tassi di interesse in Italia può portare a un aumento del valore dell’euro rispetto ad altre valute, rendendo i prodotti italiani più costosi per i mercati esteri. Questo può influenzare le esportazioni e l’industria manifatturiera.

Settore immobiliare. I tassi di interesse più alti possono influenzare il settore immobiliare, poiché i costi dei mutui aumentano, riducendo la domanda di case e influenzando i prezzi delle abitazioni.

Mercati finanziari. I rialzi dei tassi di interesse possono comportare una correzione nei mercati azionari, poiché i rendimenti obbligazionari diventano più competitivi rispetto agli investimenti azionari. Gli investitori potrebbero spostare parte del loro portafoglio verso titoli obbligazionari, influenzando il valore delle azioni.

L’impatto di un rialzo dei tassi di interesse dipende da diversi fattori, come la magnitudine dell’aumento, il contesto economico globale e le politiche adottate dai governi e dalle istituzioni finanziarie per mitigare gli effetti negativi sull’economia reale.

Un rialzo dei tassi di interesse può avere un impatto negativo sull’attività economica, rallentando la crescita e influenzando sia le aziende che i consumatori attraverso vari canali, tra cui i costi di finanziamento, gli investimenti, la domanda e il valore degli asset finanziari. Tuttavia, è importante considerare che gli effetti possono variare in base a diversi fattori, come la magnitudine del rialzo dei tassi e il contesto economico globale.

Articolo di Marco Simontacchi

17/09/2023

PMI: brivido da rialzo dei tassi

L’aumento dei tassi di interesse ha un impatto significativo sui bilanci delle PMI. Questo perché le PMI spesso dipendono da prestiti e finanziamenti per sostenere le loro attività e un aumento dei tassi di interesse influisce sui costi dei finanziamenti, aumentandone il costo di approvvigionamento quindiriducendo la redditività dell’impresa.

Quando le banche centrali aumentano i tassi di interesse, le banche commerciali seguono l’esempio aumentando a loro volta i tassi sui prestiti. Questo aumento dei tassi di interesse può influire sulla capacità stessa delle PMI di ottenere finanziamenti, poiché il costo del debito aumenta, influendo negativamente sulla redditività dell’impresa e sulla sua capacità di investire in nuovi progetti o espandersi e peggiorando i parametri del rating.

Inoltre, le PMI che hanno già sottoscritto prestiti a tassi di interesse variabili accusano un aumento dei costi di finanziamento, influendo sulla capacità dell’impresa di rispettare i propri impegni finanziari e di mantenere la liquidità come da business plan.

L’aumento dei tassi di interesse può anche influire sulla domanda di prodotti e servizi delle PMI. Se i consumatori e le aziende riducono le loro spese a causa dell’aumento, le PMI possono a cascata subire una riduzione delle entrate e dei profitti.

In generale, l’impatto dell’aumento dei tassi di interesse sui bilanci delle PMI dipenderà dalla situazione finanziaria dell’impresa, dal tipo di prestiti che ha sottoscritto e dalle condizioni del mercato in cui opera. Tuttavia, è importante che le PMI siano consapevoli dell’effetto dei tassi di interesse sui loro bilanci e che considerino le strategie di gestione del rischio finanziario per mitigare gli effetti negativi dell’aumento dei tassi stessi.

Ciò potrebbe includere la diversificazione delle fonti di finanziamento e l’uso di strumenti finanziari come i contratti di swap per gestire il rischio di tassi di interesse o approcciare direttamente il mercato dei capitali utilizzando nuovi strumenti di approvvigionamento finanziario.

Noi siamo pronti, Voi?

Articolo di Marco Simontacchi

11/05/2023

Inflazione a valanga

Vi è un perverso effetto inflattivo che è causato non da poteri oscuri o da lobby malevole, ma da tutti noi colpevolmente in buona fede.

L’aumento delle materie prime e dei semilavorati unito al caro energia ha fatto impennare l’inflazione nel giro di poco a percentuali a due cifre.

È sacrosanto aumentare i prezzi per mantenere il margine, senza il quale si chiude bottega.

Lo stesso liquido per accendere il camino o il barbecue da euro 2,95 al litro è passato a euro 5,95, il pellet da euro 4,50 a sacco a euro 12, la legna da ardere è intorno ai 20 euro al quintale, la bolletta della luce e del gas nella migliore delle ipotesi è triplicata.

Va da sé che il panettiere di Castelvecchio Subequo e la lavanderia di Robecchetto, come la pizzeria di Laglio (cito a caso) abbiano dovuto ritoccare i prezzi.

Cosa succederà quando l’emergenza sarà rientrata e materie prime e semilavorati insieme al costo energetico saranno rientrati a livelli normali?

Quei prezzi sono soggetti a legge di mercato e sono scambiati su mercati regolamentati nella maggior parte dei casi, quindi fluttuano in entrambe le direzioni.

Sarà difficile se non utopico che tutte le aziende ritocchino i loro listini al ribasso mantenendo fermo il margine rinunciando ad extra profitti.

Peccato che le dinamiche salariali non seguano di pari passo, andando ad erodere un potere d’acquisto da anni compromesso.

Già oggi si può dire che si sia spazzata via buona parte della media borghesia, quella che di fatto rappresentava uno dei maggiori bacini di consumatori.

Con un atteggiamento miope mantenere un domani gli extraprofitti significa impoverire ulteriormente tutta la fascia centrale della popolazione.

Alla quale non rimane altro che stringere la cinghia e ridurre i consumi: a farne le spese inizialmente saranno proprio tutte quelle aziende che hanno come riferimento i consumatori stessi.

Le altre aziende rivolte al B2B seguiranno non molto dopo.

Sperare nella lungimiranza dei più è sognare a occhi aperti.

Introdurre una tassazione inferiore per agevolare le imprese e far emergere il sommerso può essere una mossa giusta, potenzialmente potrebbe però divenire un turbo al massimizzare i profitti lasciando aumentare i margini.

Come minacciato da Biden una sensata contromossa potrebbe essere tassare pesantemente gli extraprofitti, disincentivando l’effetto valanga.

Se non può il buonsenso che agisca la scure, per il bene dei più.

 

Articolo di Marco Simontacchi

02/11/2022

 

L’Inverno demografico

Il rapporto ISTAT 2022 è raggelante per il futuro dell’Italia.

La popolazione media non solo sta invecchiando ma da trent’anni stiamo diminuendo numericamente.

La contrazione del saldo migratorio, la bassa natalità, uniti alla pandemia ha portato il numero dei residenti da 60.230.000 di 8 anni fa agli attuali 58.983.000 con 188 persone over 65 anni per ogni 100 con meno di 15 anni.

È immediato il collegamento al profondo squilibrio che si è venuto a creare e continuerà a crescere nel sistema pensionistico e della sicurezza sociale oltre a una seria contrazione della forza lavoro nel tempo.

Il sistema è destinato, per come è strutturato, a saltare.

Non ci si può nemmeno appellare a un aumento delle nascite, l’età media delle partorienti e del primo figlio stanno elevandosi superando i 32 anni nel prima caso e i 31 anni nel secondo con le coppie straniere che stanno adeguandosi al trend.

Evidente segnale di grande difficoltà nel creare e mantenere una famiglia nel “Bel Paese”.

Questa difficoltà è parallela al mercato delle retribuzioni, diminuite in Italia nell’ultimo decennio a fronte di sostanziosi aumenti nel resto d’Europa pur in presenza di una reale inflazione che morde ultimamente in modo significativo.

Oltre a essere mal pagati gli Italiani sono anche un popolo di precari, nel 2021 infatti ormai i contratti “standard” – a tempo indeterminato – sono circa il 60% del totale relegando il rimanente a un part time “involontario” o a tempo determinato e spesso le due situazioni si sommano soprattutto nei giovani sotto ai 35 anni.

È crollata così la qualità complessiva dell’occupazione e della retribuzione generando quell’inverno demografico che rischia di proiettarci in un medio evo economico prossimo venturo.

Insomma, precariato e povertà sono il futuro che stiamo garantendo alle generazioni giovani e future, le quali con la loro operosità dovrebbero garantire prosperità all’Italia e a tutti noi.

Dovremmo seriamente ripensare al nostro modello, che non è quello standard europeo, e ridisegnare un futuro possibile per tutti.

 

Articolo di Marco Simontacchi

17/08/2022

 

La tempesta perfetta

Si sono addensate pesanti nubi sopra le nostre economie, nubi che non avrebbero dovuto coglierci di sorpresa se non in parte.

Sono nubi minacciose e grevi che preannunciano la tempesta perfetta.

Da fine 2019 siamo funestati dal Covid che non ci da grossa tregua con tutte le conseguenze sulla capacità produttiva di intere filiere, soprattutto in Asia dove abbiamo abbondantemente delocalizzato con pesanti ricadute sui fatturati delle PMI.

Già dallo scorso anno si ipotizzava, con vari articoli sul nostro blog, che si andava incontro a una impennata dell’inflazione che può essere, più che una fiammata, di medio periodo.

Oggi molte PMI manifatturiere hanno grosse difficoltà ad approvvigionarsi delle necessarie scorte di materie prime e semilavorati con prezzi fuori controllo impedendo una corretta gestione del magazzino e una programmazione del ciclo produttivo e commerciale.

Una recessione strisciante faceva capolino in questi ultimi mesi, a cui si è aggiunta la guerra in Ucraina e le conseguenti sanzioni alla Russia.

Le difficoltà e preoccupazioni di approvvigionamento di gas hanno, se mai possibile, ulteriormente aggravato sia l’inflazione che la recessione.

Insomma, diciamocelo, siamo in una probabile stagflazione.

Siamo usciti dall’emergenza economica, secondo il governo, e il 30 giugno sono scadute le agevolazioni al credito, dal 1° luglio si torna a ragionare con i parametri legati al rating e a Basilea 3.

Dal 15 di luglio è in vigore la nuova normativa sul codice della crisi di impresa, da cui potrebbero non uscire indenni buona parte delle PMI. Qualcuna di esse potrebbe essere parte dei nostri clienti o fornitori strategici, ci siamo preparati a monitorarli? Noi siamo in linea con il cambio di passo?

Questo sta già creando gravi difficoltà di accesso al credito con un già innescato credit crunch.

Proprio in questi giorni diverse istituzioni hanno chiuso i rubinetti e l’Agenzia delle Entrate sta mandando gli avvisi agli organi amministrativi di PMI di futura segnalazione per inadempienza in linea con il codice della crisi di impresa.

Cosa mai avrebbe potuto peggiorare la situazione se non la più grave siccità dell’ultimo secolo?

Manifestazione estrema di un clima avviato a un disastro da noi testardamente e ciecamente provocato.

Anche in questo frangente ripetiamo il nostro motto: “vogliamo essere spettatori o protagonisti?”, subiamo o agiamo?

In questi frangenti vince chi ha la forza e la capacità di creare liquidità con cui fare le necessarie scorte per fare programmazioni almeno semestrali, non manca infatti la domanda, mancano gli approvvigionamenti.

Non è una manovra esente da rischi, tuttavia con un buon controllo di gestione e programmazione della tesoreria, un ferreo controllo del magazzino, sempre che si sia stati capaci di creare e mantenere un buon rating, ci danno sufficienti garanzie di poter fare il passo proporzionato alle nostre possibilità.

Con inflazione alta fare scorte di medio lungo significa potersi permettere di fare offerte ai clienti credibili garantendosi margini accettabili.

La potenza è nulla senza il controllo, così come l’eccesso di controllo a discapito della proattività ci ingessa.

Come già espresso in altri articoli occorre una prudente spregiudicatezza e un ottimo cruscotto di controllo.

Noi ci siamo, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

13/07/2022

Inflazione e recessione possibili: cosa fare?

Vi sono due potenziali fenomeni che bussano alla porta delle economie mondiali:

Inflazione e Recessione.

I dati inflattivi dovuti alla impennata delle materie prime e del costo dell’energia pare non possano sgonfiarsi nel breve, si parla ormai di crisi di medio periodo.

A peggiorare la situazione sono le superpotenze economiche, Cina in testa, che stanno portando le scorte in generale a 18/24 mesi creando un circolo vizioso di cui non si comprende ancora la portata.

L’accelerazione della crescita delle Masse Monetarie – M1 M2 e M3 – se da un lato assicurano liquidità alle economie, dall’altro generano nel medio spinte inflattive che difficilmente si riescono a raffreddare nel breve. Liquidità che non è andata, se non in parte, a beneficiare le attività produttive direttamente.

Basta dare un occhio al grafico storico dell’inflazione in zona Euro dall’esordio ad oggi.

Se l’aumento dell’inflazione è sulla bocca di tutti e già se ne sono avvertiti gli effetti nel portafoglio, diversa è la percezione riguardo a una potenziale recessione.

I segnali sono molteplici.

Nel 2022 si prevedono molti default, di cui ci sono già tutti i segnali, soprattutto tra le PMI: ne parlammo in un precedente articolo.

L’aumento vertiginoso dei prezzi, soprattutto dell’energia, ha già dato un brusco arresto al PIL Euro, a gennaio 22 si parla di oltre un -1%.

Un forte segnale premonitore è l’inversione dei tassi USA, negli ultimi decenni ad ogni superamento dei tassi a breve (2 anni) rispetto ai tassi a lungo (10 anni) è corrisposta una recessione. Questa inversione è dovuta al fatto che gli investitori vedono nel breve un maggior pericolo che nel lungo periodo, sta a significare che danno già per certa una recessione.

Il seguente grafico sullo spread tra Y10 – Y2 USA, senza scomodare analisi tecniche circa doppi massimi e violazione dei supporti di medio e lungo, è abbastanza eloquente sul trend e sulle possibilità di una recessione a breve.

Come sempre tutto ciò non è né un bene né un male, sono assestamenti necessari in qualunque sistema economico, riallineano finanza ed economia evitando guai peggiori nel futuro.

Dipende da come sappiamo prevenire e gestire tali fenomeni: possiamo creare le basi per cavalcarli e trarne vantaggio, le grosse fortune sono state create spesso da chi ha saputo essere lungimirante in tempi di crisi.

Serve un mix di intraprendenza e di prudente saggezza viste con una consapevolezza e un controllo superiori alla media.

Non esiste LA soluzione, esistono molte variabili: contesto, settore, diversificazione, stato di salute aziendale e altro ancora, esistono tuttavia diversi accorgimenti.

Primo effettuare un checkup dello stato di salute aziendale quindi rendere congrui patrimonio netto e disponibilità finanziarie, diminuire o diluire nel tempo l’indebitamento, ridurre i costi fissi a favore dei variabili, diversificare in tutti settori della filiera, tenere sotto controllo fornitori e clientela, ampliare la propria visione e creare robusti piani industriali con vari scenari, giusto per citare alcuni esempi.

Negli affari si evolve o ci si estingue.

Voi che ne pensate, siete pronti a cavalcare l’onda o aspettate di subire la marea?

Noi ci siamo, Voi?

 

*nei link articoli di approfondimento

 

Articolo di Marco Simontacchi

06/02/2022

 

L’impatto devastante degli aumenti dei materiali

In un recentissimo studio il MIMS (Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili), un dicastero del governo italiano che monitora 56 materiali da costruzione, ha analizzato in una riunione del 10 novembre u.s. la situazione dei materiali che hanno subito un aumento di oltre 8% già nel primo semestre del 2021.

Ben 36 su 56 materiali costituenti il paniere sono risultati superiori a una variazione di +8% nel 2021, tra cui ferro +43% – lamiere in acciaio +50% – fili di rame +23% – tubazioni in PVC +21%.

Per un effetto distorsivo dei parametri di calcolo adottati, ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) tramite un comunicato stampa ha fatto sapere che tali aumenti sono di fatto inferiori alla realtà e che non ritiene quindi di approvare tali tabelle.

MIMS ed ANCE fanno riferimento al settore edilizio e cantieristico, in realtà questi aumenti colpiscono direttamente tutto il settore manifatturiero e in modo indiretto, di conseguenza, tutti gli altri settori collegati.

Sono esclusi da tale elenco, inoltre, materie prime essenziali quali legname, calcestruzzo, gas naturali ed energia elettrica, che hanno subito aumenti altrettanto importanti se non superiori, basti pensare che il legname da costruzione ha subito aumenti medi intorno al 200%.

L’effetto domino su tutta l’economia è facilmente immaginabile e le conseguenze impattano già nell’immediato senza che ci sia una visione chiara per il medio e lungo periodo.

Ora più che mai le Micro PMI sono a rischio di trovarsi già nel giro di un mese con forti passivi dovuti all’aumento di quasi tutte le materie prime, semilavorati ed energia con ordini e offerte con probabili margini negativi.

È quindi intuitivo che senza un metodico e tempestivo controllo quotidiano di offerte, ordini e commesse il rischio di default sia dietro l’angolo.

Tale controllo è possibile solo con metodo, conoscenza di tutti i processi, monitoraggio continuo e programmi adatti.

La grande flessibilità delle Micro PMI potrebbe dare loro un vantaggio rispetto alle più lente grandi imprese, a patto di dotarsi come queste ultime di un impianto di controllo e di gestione efficace almeno quanto il loro.

Fantascienza? No, realtà possibile e sostenibile, anche senza il Management e i complessi programmi tipici delle Grandi Imprese e dell’Industria.

Noi siamo pronti, e voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

13/12/2021