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Bandi a click day – o click bait?

È ormai esperienza comune tra le PMI italiane: i bandi a fondo perduto, soprattutto quelli con meccanismi di click day, finiscono per sembrare più una lotteria che un reale strumento di crescita. L’idea iniziale è allettante: risorse pubbliche per sostenere l’innovazione, la digitalizzazione, la transizione ecologica. Ma la realtà è spesso un’altra. In pochi secondi – letteralmente – le risorse si esauriscono. Tutto si gioca sulla velocità con cui si invia la domanda, non sulla qualità del progetto. E chi non riesce a cliccare nel millisecondo giusto resta fuori. Anche se ha investito mesi di lavoro, pagato consulenti, predisposto documenti, calcoli, strategie.

Ci sono imprese che si preparano per mesi, magari affidandosi a società di consulenza specializzate, per poi vedersi escluse semplicemente perché la connessione era più lenta del previsto. La frustrazione è doppia: non solo si perde l’occasione, ma si sono già spese risorse importanti. I numeri parlano chiaro. In certi bandi, come quelli per macchinari innovativi o digitalizzazione, il 90-95% delle domande viene scartato non per mancanza di requisiti, ma per mancanza di fondi. E in alcuni casi le risorse si esauriscono in meno di dieci secondi. Non è difficile capire perché molti inizino a guardare questi bandi con sospetto, come fossero più un click bait ben confezionato che una reale opportunità.

Intanto, intorno a questi bandi cresce un ecosistema di società che offrono pacchetti “chiavi in mano” per presentare la domanda in modo ultrarapido, spesso con software automatizzati. La selezione, però, non premia il merito né la visione imprenditoriale, ma la rapidità tecnica. E così si crea un cortocircuito: l’impresa si impegna, si organizza, investe… e poi si ritrova con un pugno di mosche.

La domanda allora sorge spontanea: non sarebbe più sensato dirottare tutte queste energie verso una direzione diversa? Invece di rincorrere contributi aleatori, perché non puntare a rafforzare davvero la struttura dell’impresa?

Molte PMI avrebbero tutto da guadagnare se concentrassero i loro sforzi su una gestione trasparente, su bilanci ordinati, su un controllo di gestione serio e continuo. Strumenti come il business plan, il budget, il cash flow previsionale, se ben costruiti e aggiornati, diventano armi potentissime per attrarre capitali, sia in forma di credito che di investimenti. Anche la governance conta: chiarezza nei ruoli, regole interne definite, compliance normativa. Tutti elementi che agli occhi di un investitore o di un istituto di credito fanno la differenza.

Le opportunità vere esistono, ma non si trovano nel centesimo di secondo di un click. Si trovano nella capacità di rendersi solidi, credibili, scalabili. Molte agevolazioni non prevedono click day, ma premiano chi dimostra di avere una struttura sana e obiettivi chiari. Il credito ordinario, se ben negoziato e supportato da garanzie pubbliche, può essere una leva potente. E c’è tutto un mondo di investitori, anche in Italia, che cerca PMI ben gestite in cui entrare con capitale di rischio.

Alla fine, tutto si gioca su una scelta strategica. Continuare a inseguire bandi ipercompetitivi nella speranza di un contributo a fondo perduto, o lavorare per costruire un’impresa davvero appetibile per il mercato. Forse sarebbe il caso di spostare il click dal portale del Ministero al pulsante “trasformazione interna”. Meno spettacolare, certo. Ma infinitamente più solido.

Noi siamo pronti, Voi?

Articolo di Marco Simontacchi

26/03/2025

I sottoconti sono più di un dettaglio

Nel contesto della gestione aziendale, un piano dei conti ben strutturato rappresenta una delle fondamenta su cui si basa il controllo di gestione, soprattutto quando si tratta di organizzare i dati contabili in modo chiaro e coerente. In particolare, l’accuratezza e la correttezza dei sottoconti di terzo livello all’interno del piano dei conti possono fare una grande differenza nella gestione dei centri di costo e, di conseguenza, nella capacità dell’azienda di pianificare e monitorare le proprie attività in modo efficace.

Un piano dei conti dettagliato, con una struttura gerarchica ben definita, consente di ottenere una visione chiara e immediata delle varie componenti aziendali. Se i sottoconti di terzo livello sono ben organizzati e coerenti con le specificità dell’azienda, diventa più semplice assegnare correttamente costi e ricavi ai vari centri di responsabilità. Questo permette ai manager di valutare in modo più preciso l’andamento di ciascuna area operativa, individuare eventuali inefficienze e adottare tempestivamente le opportune strategie correttive.

Ad esempio, in un’azienda manifatturiera, una classificazione accurata dei costi diretti e indiretti nei vari centri di costo può facilitare l’individuazione di margini operativi più realistici, evitando sovrastime o sottostime che potrebbero influenzare le decisioni strategiche. Questo livello di precisione è essenziale non solo per la gestione interna, ma anche per migliorare la qualità dell’informazione finanziaria da presentare agli stakeholder esterni.

Quando un piano dei conti è strutturato in modo da rispecchiare la realtà operativa dell’azienda, i report finanziari risultano più chiari e leggibili per tutti gli interlocutori, interni ed esterni. Gli stakeholder – siano essi investitori, istituti di credito, revisori contabili o fornitori – tendono a considerare con maggiore fiducia un’azienda che dimostra di avere un sistema contabile solido e trasparente.

Un aspetto spesso sottovalutato è l’effetto positivo di una buona organizzazione contabile sul rating dell’azienda. Le società di rating e le banche valutano non solo gli indicatori di bilancio, ma anche la qualità e l’affidabilità del reporting finanziario. Un piano dei conti ben definito e aderente alle best practices facilita la lettura del bilancio, riduce il rischio di errori o incongruenze e migliora la percezione di affidabilità dell’impresa.

Un altro aspetto cruciale è l’impatto che un piano dei conti ben organizzato ha sulla costruzione del piano industriale. Quando i dati contabili sono chiari, coerenti e dettagliati fino al livello necessario per un’analisi approfondita, è possibile costruire proiezioni economico-finanziarie più realistiche e fondate su basi solide. Ciò consente di definire obiettivi strategici più precisi e di monitorarne l’attuazione con strumenti di controllo di gestione efficaci.

Ad esempio, un’impresa che voglia avviare un piano di espansione ha bisogno di stimare con precisione i costi associati ai nuovi investimenti, le marginalità attese e i ritorni sugli investimenti. Se i dati contabili di partenza sono ben strutturati, le simulazioni finanziarie risulteranno più attendibili, riducendo il rischio di scelte errate basate su informazioni approssimative o incomplete.

La corretta organizzazione del piano dei conti, con un particolare focus sulla precisione e coerenza dei sottoconti di terzo livello, rappresenta un elemento chiave per un controllo di gestione efficace e per il miglioramento della trasparenza aziendale. Questo, a sua volta, incide positivamente sulla credibilità dell’impresa agli occhi di banche, investitori e altri stakeholder, contribuendo a migliorare il rating aziendale e facilitando l’accesso a finanziamenti e opportunità di crescita. Implementare queste best practices non è solo una questione di ordine amministrativo, ma un vero e proprio investimento strategico per il futuro dell’azienda.

Chi davvero vuole trova la strada

Chi davvero vuole, trova la strada; chi si aggrappa alle scuse, trova negli ostacoli un alibi.

Potrà sembrare un’affermazione banale o retorica, ma la capacità di non arrendersi di fronte alle difficoltà e di non fermarsi al terzo “no” è una qualità imprenditoriale fondamentale per il successo a lungo termine. Certo, non basta solo la determinazione: servono molte altre competenze e caratteristiche, che si possono apprendere e sviluppare. Tuttavia, senza questa energia interiore, si rischia di essere come le rive sabbiose battute dalle onde: le difficoltà finiscono per travolgerci e cancellare ciò che abbiamo costruito. Per avere successo, bisogna essere solidi come la roccia e flessibili come l’acqua.

Questo principio non vale solo per l’imprenditoria, ma per la crescita personale e la resilienza in ogni ambito della vita. La capacità di superare gli ostacoli distingue chi raggiunge i propri obiettivi da chi si arrende alle prime difficoltà.

La metafora della roccia e dell’acqua è particolarmente efficace: la solidità permette di mantenere la direzione senza lasciarsi travolgere dagli imprevisti, mentre la flessibilità consente di adattarsi ai cambiamenti senza spezzarsi. Troppa rigidità può portare alla rottura sotto la pressione, mentre un’eccessiva morbidezza rischia di disperdere le energie senza risultati concreti.

In campo imprenditoriale, così come nella vita, il successo è spesso il risultato dell’equilibrio tra resilienza e capacità di apprendimento. Saper trasformare i fallimenti in lezioni preziose e avere la costanza di proseguire sono elementi chiave. Come diceva Thomas Edison:

“Molti dei fallimenti della vita sono di persone che non si resero conto di quanto fossero vicine al successo quando si arresero.”

Le difficoltà, spesso viste come ostacoli, possono essere invece occasioni per distinguersi, per trovare soluzioni innovative e per compiere quel salto di qualità che fa avanzare aziende e organizzazioni. Non si tratta solo di resistenza o determinazione, ma di visione: la capacità di guardare oltre il problema e scorgere nuove opportunità di miglioramento, innovazione ed efficienza.

Le situazioni critiche mettono alla prova, ma proprio in quei momenti emergono le intuizioni più brillanti. Le crisi evidenziano inefficienze, costringono a ripensare le strategie e aiutano a distinguere ciò che funziona davvero da ciò che deve essere cambiato. Chi sa leggere tra le righe non si limita a superare l’ostacolo, ma lo trasforma in un trampolino di crescita, apprendimento ed evoluzione.

Il mercato premia chi sa adattarsi e anticipare il cambiamento. Non sopravvive chi è più forte o più intelligente, ma chi è capace di restare flessibile, comprendere il contesto e trovare nuove strade. La continuità e il successo derivano proprio da questa mentalità: non fermarsi di fronte ai problemi, ma usarli come occasione per migliorarsi.

La capacità di trasformare le difficoltà in opportunità non è solo una questione di resilienza, ma anche di strategia e innovazione. Le aziende e le organizzazioni che vedono le crisi come occasioni per differenziarsi non solo sopravvivono ai momenti difficili, ma spesso ne escono più forti, consolidando il proprio vantaggio competitivo.

La storia dell’imprenditoria è ricca di esempi di aziende che, anziché lasciarsi schiacciare dalle difficoltà, hanno trovato in esse lo stimolo per reinventarsi. Netflix, nata come servizio di noleggio DVD, ha saputo anticipare il boom dello streaming, trasformandosi prima che il mercato la rendesse obsoleta. Amazon, inizialmente un negozio online di libri, ha sfruttato le sfide della logistica tradizionale per sviluppare una rete di distribuzione efficiente, oggi alla base del suo dominio globale.

Le aziende di successo non si limitano a resistere alle onde del cambiamento, le cavalcano, trasformando le difficoltà in slancio competitivo. Questa è la differenza tra chi subisce il cambiamento e chi lo guida.

E secondo voi, quali sono le caratteristiche chiave che permettono alle aziende di trasformare le difficoltà in opportunità?

Articolo di Marco Simontacchi

05/03/2025

Contabilità e Finanza: Gemelli diversi

Immagina di essere alla guida di un’azienda, una piccola impresa o magari una grande multinazionale. Ogni giorno, devi destreggiarti tra numeri, scadenze, decisioni strategiche e operazioni quotidiane. Ecco che entrano in gioco due prospettive fondamentali ma profondamente diverse: la visione contabile-amministrativa e la visione di controllo e gestione finanziaria.

Da un lato, la visione contabile-amministrativa è un po’ come il cronista che annota meticolosamente ogni avvenimento. Il suo compito principale è registrare tutto ciò che accade all’interno dell’azienda, dalle fatture ai pagamenti, dagli acquisti alle vendite. È una visione saldamente ancorata al passato e al presente, con lo sguardo rivolto alla corretta rappresentazione della realtà aziendale secondo regole ben precise. Non è solo una questione di numeri, ma anche di conformità: bisogna rispettare le normative fiscali, produrre bilanci chiari e trasparenti, e garantire che ogni voce nei registri contabili sia al posto giusto. Insomma, è l’arte della precisione e della fedeltà ai fatti. Quando si parla di scadenze, qui tutto ruota intorno agli obblighi normativi: chiusure contabili periodiche, adempimenti fiscali e redazione del bilancio. La cadenza è spesso mensile, trimestrale o annuale, con un ritmo scandito più dalla legge che dalla dinamica dell’azienda.

Dall’altro lato, c’è la visione di controllo e gestione finanziaria, che potremmo paragonare a un navigatore che, con mappe e strumenti sofisticati, cerca la rotta migliore per portare la nave aziendale verso nuovi orizzonti. Questa prospettiva non si limita a guardare indietro, ma soprattutto guarda avanti, cercando di anticipare cosa accadrà e come prepararsi al meglio. Qui, i numeri non sono semplicemente registrati, ma analizzati, interpretati, proiettati nel futuro. L’obiettivo è ottimizzare le risorse, garantire la liquidità necessaria per affrontare qualsiasi situazione e, soprattutto, creare valore. Non ci sono solo bilanci da chiudere, ma budget da pianificare, flussi di cassa da monitorare e scenari futuri da immaginare. È un approccio molto più dinamico, che richiede un monitoraggio costante e un’adattabilità immediata ai cambiamenti del mercato. Le scadenze non sono rigide come nella contabilità, ma piuttosto flessibili e dipendenti dalle esigenze operative e strategiche dell’azienda. Qui si parla di gestione quotidiana della liquidità, della pianificazione degli incassi e dei pagamenti, e dell’analisi continua degli scostamenti rispetto alle previsioni.

Queste due visioni, pur così diverse, non sono in competizione tra loro. Anzi, nelle aziende più virtuose, lavorano in sinergia. La contabilità-amministrazione fornisce una base solida e affidabile, una sorta di “memoria storica” dell’azienda, mentre il controllo di gestione trasforma quei dati in strumenti utili per prendere decisioni consapevoli e mirate. In pratica, se la contabilità ti dice “ecco dove siamo”, il controllo di gestione aggiunge “ecco dove possiamo andare e come arrivarci”.

Saper bilanciare queste due prospettive significa, in ultima analisi, garantire all’azienda non solo di essere in regola e solida nel presente, ma anche pronta e reattiva per affrontare il futuro con sicurezza e determinazione.

Nuove sfide all’orizzonte

Le piccole e medie imprese (PMI) italiane si trovano ad affrontare una serie di nuove sfide legate ai rischi geopolitici e all’introduzione di nuovi dazi, che stanno aumentando il rischio di default. Questi fattori esterni stanno creando un ambiente economico incerto, mettendo a dura prova la resilienza delle PMI, che rappresentano il cuore pulsante dell’economia italiana.

Innanzitutto, i rischi geopolitici stanno diventando sempre più rilevanti per le PMI italiane. Le tensioni internazionali, come i conflitti commerciali tra grandi potenze economiche, possono avere ripercussioni significative sulle catene di approvvigionamento globali. Le PMI, che spesso operano con margini di profitto ridotti e dipendono da fornitori esteri per materie prime e componenti, possono trovarsi in difficoltà se queste catene vengono interrotte o se i costi di approvvigionamento aumentano improvvisamente. Inoltre, l’instabilità politica in alcune regioni del mondo può rendere più difficile l’accesso a nuovi mercati, limitando le opportunità di espansione per le PMI.

Un altro fattore critico è l’introduzione di nuovi dazi, che può avere un impatto diretto sui costi operativi delle PMI. I dazi sono tariffe imposte sui beni importati e possono essere utilizzati come strumento di politica commerciale per proteggere le industrie nazionali. Tuttavia, per le PMI che importano materie prime o componenti dall’estero, l’aumento dei dazi può tradursi in un aumento dei costi di produzione. Questo può rendere i loro prodotti meno competitivi sul mercato interno e internazionale, riducendo i margini di profitto e aumentando il rischio di insolvenza.

Inoltre, i nuovi dazi possono anche influenzare la domanda di beni e servizi prodotti dalle PMI italiane. Se i partner commerciali rispondono con misure protezionistiche, le esportazioni italiane potrebbero subire un calo, riducendo ulteriormente i ricavi delle PMI. Questo scenario è particolarmente preoccupante per le imprese che operano in settori fortemente orientati all’esportazione, come il manifatturiero e l’agroalimentare.

Per mitigare questi rischi, le PMI italiane devono adottare strategie proattive. Diversificare i fornitori e i mercati di esportazione può aiutare a ridurre la dipendenza da singoli paesi o regioni, rendendo le imprese più resilienti di fronte a shock geopolitici. Inoltre, investire in innovazione e digitalizzazione può migliorare l’efficienza operativa e aprire nuove opportunità di business. Tuttavia, queste misure richiedono risorse finanziarie e competenze che non tutte le PMI possono permettersi, soprattutto in un contesto di incertezza economica.

I rischi geopolitici e i nuovi dazi stanno creando un ambiente economico più sfidante per le PMI italiane, aumentando il rischio di default. Per affrontare queste sfide, è essenziale che le imprese adottino strategie di adattamento e che le istituzioni pubbliche forniscano supporto attraverso politiche mirate e accesso a finanziamenti. Solo attraverso un approccio collaborativo sarà possibile sostenere la resilienza delle PMI e garantire la loro competitività sui mercati globali.

 

Nonostante i rischi geopolitici e i nuovi dazi rappresentino sfide significative per le piccole e medie imprese (PMI) italiane, queste situazioni possono anche nascondere opportunità che le imprese più lungimiranti e innovative possono sfruttare a loro vantaggio.

Innanzitutto, le tensioni geopolitiche possono spingere le PMI a esplorare nuovi mercati e a diversificare le loro attività. Quando le tradizionali rotte commerciali diventano incerte o costose, le imprese possono essere incentivate a cercare alternative. Questo può portare alla scoperta di nuovi partner commerciali in regioni emergenti, dove la concorrenza potrebbe essere meno intensa e le opportunità di crescita più promettenti. Ad esempio, alcune PMI potrebbero trovare vantaggioso espandersi in mercati come l’Africa subsahariana o il Sud-Est asiatico, dove la domanda di beni e servizi è in aumento.

Inoltre, l’introduzione di nuovi dazi può stimolare l’innovazione e l’efficienza interna. Le imprese potrebbero essere spinte a rivedere i loro processi produttivi per ridurre i costi e migliorare la competitività. Questo può includere l’adozione di nuove tecnologie, l’automazione dei processi e l’ottimizzazione della gestione delle risorse. Investire in innovazione può non solo aiutare le PMI a superare le difficoltà immediate, ma anche a posizionarsi meglio sul mercato a lungo termine.

Un altro aspetto positivo è la possibilità di rafforzare le filiere locali. Con l’aumento dei costi delle importazioni, le PMI potrebbero trovare conveniente collaborare con fornitori locali, creando così reti di approvvigionamento più resilienti e sostenibili. Questo non solo riduce la dipendenza dalle importazioni, ma può anche contribuire allo sviluppo economico regionale, creando un circolo virtuoso di crescita e occupazione.

Le PMI possono anche beneficiare di politiche di sostegno messe in atto da governi e istituzioni per contrastare gli effetti negativi dei dazi e delle tensioni geopolitiche. Questi supporti possono includere agevolazioni fiscali, finanziamenti a tassi agevolati e programmi di formazione per migliorare le competenze del personale. Le imprese che sanno sfruttare queste opportunità possono rafforzare la loro posizione competitiva e prepararsi meglio ad affrontare future sfide.

Infine, le crisi possono spesso portare a un cambiamento nei comportamenti dei consumatori e nelle dinamiche di mercato, aprendo nuove nicchie di mercato. Le PMI che sono in grado di adattarsi rapidamente a questi cambiamenti possono trovare nuove opportunità di business. Ad esempio, la crescente attenzione alla sostenibilità e alla responsabilità sociale d’impresa può creare nuove domande per prodotti e servizi eco-friendly, un’area in cui le PMI italiane possono eccellere grazie alla loro flessibilità e capacità di innovazione.

Sebbene i rischi geopolitici e i nuovi dazi rappresentino sfide significative, essi possono anche offrire opportunità nascoste per le PMI italiane. Diversificare i mercati, investire in innovazione, rafforzare le filiere locali e sfruttare i supporti istituzionali sono tutte strategie che possono trasformare queste sfide in occasioni di crescita e sviluppo.

Noi siamo pronti, Voi?

Articolo di Marco Simontacchi

19/02/2025

Time management: una piaga per le PMI

Il time management è uno di quei concetti di cui tutti parlano, ma che pochi riescono davvero ad applicare. In teoria, sappiamo benissimo quanto sia importante organizzare il tempo in modo efficace per migliorare la produttività e ridurre lo stress. Eppure, nella realtà quotidiana, soprattutto nelle piccole e medie imprese, ci si trova sempre in affanno, rincorrendo scadenze, tamponando emergenze e affrontando le giornate con l’affanno di chi ha sempre troppo da fare e troppo poco tempo per farlo.

Le PMI soffrono particolarmente questa dinamica. Risorse limitate, ruoli spesso sovrapposti, la necessità di gestire ogni aspetto dell’attività: tutto questo crea un contesto in cui il tempo sembra sempre sfuggire di mano. I titolari e i manager si trovano coinvolti in mille questioni operative, passano da una riunione all’altra, rispondono a telefonate e mail senza soluzione di continuità, e alla fine della giornata si rendono conto di non aver dedicato neanche un minuto a ciò che davvero conta per il futuro dell’azienda.

Una delle trappole più comuni è quella dell’urgenza. Si tende a dare la priorità a ciò che scotta nel momento, lasciando in secondo piano attività più importanti ma meno immediate. Si vive nella convinzione che ogni problema debba essere affrontato subito, che ogni richiesta vada gestita nell’immediato, e così ci si ritrova sommersi da incombenze che riempiono la giornata senza lasciare spazio a una vera visione strategica.

Le e-mail, per esempio. Ogni notifica sembra una questione urgente, e appena ne arriva una, scatta l’istinto di aprirla e rispondere. Il problema è che queste continue interruzioni impediscono di concentrarsi su attività realmente produttive. Lo stesso accade con le riunioni: quante ore vengono spese in discussioni che potrebbero essere risolte con una semplice comunicazione più efficace? La verità è che molte delle cose che sembrano urgenti non lo sono affatto. Ma fino a quando si resta intrappolati in questo meccanismo, si continuerà a rincorrere il tempo senza mai sentirsi davvero padroni delle proprie giornate.

Un’altra grande perdita di tempo è l’attenzione eccessiva ai dettagli di poco conto. Succede spesso nelle PMI, dove titolari e manager tendono a voler tenere tutto sotto controllo. Il risultato? Ore intere spese su problemi operativi minori, mentre le questioni più strategiche vengono rimandate.

È facile cadere nella tentazione di occuparsi di tutto: il sito web ha un piccolo errore? Meglio mettersi subito a sistemarlo. Un cliente ha una richiesta fuori standard? Ci si ferma per gestirla direttamente. Una questione amministrativa richiede una firma? Ci si ritrova a perdere mezz’ora per risolverla. Ogni singola azione sembra giustificata, ma sommate insieme, queste attività frammentano la giornata e lasciano pochissimo spazio alle decisioni veramente importanti. Il problema è che questa continua immersione nel dettaglio dà l’illusione di essere produttivi, mentre in realtà si è solo occupati.

Non è facile cambiare abitudini, ma con qualche piccolo accorgimento si può iniziare a prendere in mano la propria gestione del tempo. La prima cosa da fare è distinguere tra ciò che è davvero importante e ciò che invece è solo urgente. Non tutto ciò che richiede attenzione immediata merita di essere una priorità. Bisognerebbe invece chiedersi: questa attività contribuirà davvero alla crescita dell’azienda? O è solo un’altra piccola emergenza che domani verrà dimenticata?

Un’altra strategia efficace è la pianificazione. Non basta fare una lista di cose da fare: bisogna decidere in anticipo quando e come affrontarle, assegnando loro il giusto peso. Se si inizia la giornata senza un piano chiaro, si finisce per essere risucchiati dalle contingenze.

Poi c’è il problema delle distrazioni. E-mail, notifiche, telefonate improvvise: tutto questo frammenta il tempo e abbassa la produttività. Spegnere le notifiche per qualche ora, dedicare blocchi di tempo specifici a determinati compiti e ridurre le riunioni inutili può fare una grande differenza.

Ma la vera svolta arriva quando si impara a delegare. Troppe volte nelle PMI si pensa che “se lo faccio io, lo faccio meglio e più in fretta”. È un errore enorme. Delegare non significa perdere il controllo, ma liberare tempo per concentrarsi su ciò che davvero conta. Inoltre, l’automazione può essere un grande alleato: oggi esistono strumenti digitali per gestire in maniera più efficiente contabilità, comunicazione, project management. Perché non sfruttarli?

Infine, serve un cambio di mentalità: il tempo dedicato alla pianificazione e all’organizzazione non è mai tempo perso. Anzi, è l’unico modo per smettere di essere sempre in affanno e iniziare finalmente a lavorare con lucidità.

Nelle PMI, la cattiva gestione del tempo è una delle principali cause di inefficienza e stress. Troppe aziende lavorano sempre in emergenza, senza mai fermarsi a pianificare in modo strategico. Ma continuare a inseguire urgenze e dettagli inutili porta solo a sprechi di energia e a un senso di frustrazione costante.

Il segreto sta nel cambiare approccio: smettere di essere reattivi e iniziare a essere proattivi. Smettere di confondere l’essere occupati con l’essere produttivi. E soprattutto, iniziare a vedere il tempo non come un nemico da rincorrere, ma come una risorsa preziosa da gestire con intelligenza. Solo così si potrà trasformarlo in un vero alleato per la crescita e il successo dell’azienda.

Noi siamo pronti, Voi?

Articolo di Marco Simontacchi

04/02/2025

Modelli di business vincenti

Sviluppare un modello di business è un processo che richiede attenzione, creatività e una profonda comprensione del contesto in cui si opera. Tutto inizia con l’analisi del mercato, cercando di identificare tendenze, bisogni emergenti e opportunità. È fondamentale capire chi sono i concorrenti, quali strategie adottano e in che modo ci si può differenziare per creare valore. Questo passaggio è cruciale per individuare il problema specifico che si intende risolvere e per definire la direzione dell’intero progetto.

Al cuore di un modello di business c’è la proposta di valore. Questa deve essere chiara, convincente e unica. Bisogna chiedersi: cosa offro che gli altri non possono offrire? Quale bisogno soddisfo e in che modo miglioro la vita dei miei clienti? Una proposta di valore ben definita è ciò che attira e trattiene i clienti; perciò, deve essere costruita pensando ai loro bisogni, aspettative e aspirazioni.

Parallelamente, è necessario identificare con precisione i segmenti di clientela a cui ci si vuole rivolgere. Non si può piacere a tutti, quindi è meglio concentrarsi su gruppi specifici di persone che condividono caratteristiche simili. Immaginare un cliente ideale, con i suoi comportamenti, le sue abitudini e i suoi problemi, aiuta a rendere più concreto il lavoro e a creare soluzioni su misura.

Una volta individuati i clienti e definita la proposta di valore, si passa a pensare a come raggiungerli e servire le loro necessità. Questo include sia i canali di comunicazione che quelli di distribuzione. Ad esempio, si può decidere di utilizzare i social media, eventi o campagne pubblicitarie per comunicare il valore del proprio prodotto, mentre per la distribuzione si possono sfruttare piattaforme online, negozi fisici o collaborazioni con distributori. La scelta dei canali giusti è cruciale per costruire un rapporto efficace e diretto con il cliente.

Un aspetto altrettanto importante è stabilire come mantenere e sviluppare relazioni con i clienti. Questo può avvenire attraverso supporto personalizzato, esperienze memorabili o sistemi di fidelizzazione, come programmi di premi o contenuti esclusivi. L’obiettivo non è solo attirare clienti, ma anche costruire legami duraturi basati sulla fiducia e sul valore percepito.

Definire le fonti di ricavo è un altro tassello essenziale. Occorre chiedersi come generare entrate: attraverso vendite dirette, abbonamenti, licenze o modelli innovativi come il pay-per-use? È altrettanto importante stabilire una strategia di prezzo che sia sostenibile e competitiva, tenendo conto dei costi e del valore percepito dal cliente.

Il modello di business richiede inoltre di individuare quali siano le attività e le risorse chiave necessarie per funzionare. Potrebbero includere la produzione, la ricerca e sviluppo, il marketing o la logistica. In questo processo, le partnership possono giocare un ruolo strategico. Collaborare con fornitori, distributori o altre organizzazioni può aiutare a migliorare l’efficienza e raggiungere nuovi mercati.

Ogni decisione deve essere accompagnata da un’analisi attenta dei costi. È importante distinguere tra costi fissi, come affitti o stipendi, e costi variabili, legati alla produzione o alla distribuzione. Ottimizzare le spese senza compromettere la qualità è una sfida che richiede creatività e attenzione.

Per rendere il tutto più chiaro e strutturato, è utile ricorrere a strumenti come il Business Model Canvas, che permette di visualizzare in modo semplice e organizzato tutti gli elementi del modello. Tuttavia, non basta una pianificazione teorica: il modello va testato sul campo. Creare un prototipo o un MVP (Minimum Viable Product) consente di raccogliere feedback reali dai clienti e di migliorare il progetto prima del lancio definitivo.

Infine, una volta validato, il modello di business deve essere implementato e messo in pratica attraverso un piano operativo dettagliato. L’obiettivo finale è rendere il modello scalabile, in modo da poter crescere ed espandersi, che si tratti di raggiungere nuovi mercati, sviluppare nuovi prodotti o attirare più clienti.

L’intero processo è iterativo: non si tratta di creare un piano perfetto al primo tentativo, ma di adattarlo e migliorarlo costantemente, basandosi sui risultati concreti e sulle esigenze del mercato, un aggiustamento di esattezza basato su un PDCA (Plan Do Check Act). È proprio questa flessibilità che permette a un modello di business di evolversi e prosperare nel tempo.

Noi siamo pronti, Voi?

Articolo di Marco Simontacchi

28/01/2025

Gli Adeguati Assetti Organizzativi

Dimostrare di aver strutturato adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili in una PMI è essenziale non solo per rispettare le normative, come quelle previste dall’articolo 2086, comma 2, del Codice Civile, ma anche per garantire una gestione aziendale trasparente ed efficace, oltre che per tutelarsi in caso di contestazioni. Questo obiettivo può essere raggiunto seguendo alcune buone pratiche e documentandole in modo chiaro e strutturato.

Un primo passo fondamentale è disporre di una documentazione formale che testimoni l’organizzazione aziendale. Questo include un organigramma chiaro, che definisca ruoli, responsabilità e linee gerarchiche, e l’approvazione di regolamenti interni o procedure operative che disciplinino i principali processi aziendali. È utile inoltre mantenere aggiornati i verbali delle riunioni, come quelle del consiglio di amministrazione, in cui siano registrate decisioni rilevanti per la gestione e l’organizzazione dell’impresa.

Un ulteriore strumento strategico è il piano aziendale, che deve includere obiettivi, analisi dei rischi e azioni pianificate per mitigarli. Questo documento è un punto di riferimento che dimostra come la gestione aziendale sia stata strutturata con un approccio consapevole e orientato al futuro.

Dal punto di vista amministrativo e contabile, è indispensabile disporre di un sistema di gestione contabile affidabile e in linea con le normative. La contabilità deve essere trasparente, tracciabile e supportata da strumenti adeguati. Oltre ai bilanci annuali, è importante produrre report finanziari periodici che monitorino le performance aziendali attraverso indicatori chiave (KPI). Un sistema di controllo di gestione, come il budgeting o il forecasting, permette inoltre di dimostrare una pianificazione finanziaria accurata.

Un altro aspetto rilevante riguarda la gestione delle risorse umane. Formalizzare contratti, regolamenti disciplinari e programmi di formazione è un segno di buona organizzazione. Anche documentare gli adempimenti in materia di sicurezza sul lavoro, come il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) e i corsi di formazione obbligatori, contribuisce a dimostrare che l’azienda opera nel rispetto delle normative.

Per garantire una gestione aziendale solida, è utile adottare un sistema di controllo interno. Questo può includere, se applicabile, un Modello 231 con un Organismo di Vigilanza (OdV) e un codice etico aziendale. Inoltre, effettuare audit periodici, sia interni che affidati a consulenti esterni, è un modo efficace per verificare che i processi interni siano adeguati e conformi.

Dal punto di vista tecnologico, implementare sistemi informatici sicuri e procedure di protezione dei dati è oggi una necessità imprescindibile. La cybersecurity, in particolare, può essere un elemento chiave per prevenire rischi e dimostrare l’attenzione dell’azienda alla gestione responsabile delle informazioni.

Tutta la documentazione rilevante deve essere conservata in modo ordinato e facilmente accessibile. Questo vale sia per i documenti cartacei che per quelli digitali, che devono rispettare le normative sulla conservazione elettronica. Collaborare con professionisti esterni, come revisori contabili o consulenti del lavoro, può essere utile per validare la correttezza dei processi.

Ottenere certificazioni, come la ISO 9001 per la qualità o la ISO 45001 per la sicurezza, può inoltre rappresentare un’ulteriore prova del fatto che l’azienda ha adottato adeguati assetti organizzativi e gestionali.

In caso di contestazioni, è fondamentale poter esibire tutta la documentazione che attesti le scelte organizzative e gestionali. Mostrare di aver operato con diligenza, ad esempio ricorrendo a consulenze qualificate o adottando soluzioni standardizzate, rappresenta un elemento chiave di difesa. La trasparenza e la collaborazione con eventuali autorità di controllo sono altri aspetti che non devono essere trascurati.

Il risk management è un elemento cruciale per garantire la stabilità operativa e finanziaria di una PMI, dimostrando la consapevolezza e la diligenza degli amministratori. Identificare e valutare i rischi, come quelli operativi, finanziari, strategici, normativi e tecnologici, è il primo passo verso una gestione aziendale responsabile. Questo processo richiede un’analisi sistematica supportata da strumenti adeguati.

Una volta individuati i rischi, è essenziale adottare misure di mitigazione efficaci, come procedure operative, polizze assicurative, piani di emergenza e verifiche periodiche. Queste strategie devono essere integrate nei processi aziendali, coinvolgendo i vertici e promuovendo una cultura orientata alla prevenzione.

Il monitoraggio continuo consente di adattare le misure in base all’evoluzione dei rischi, mentre l’uso di strumenti tecnologici aiuta a migliorare la resilienza e la trasparenza dell’impresa. Integrare il risk management è anche un vantaggio competitivo, poiché previene perdite, rafforza la fiducia degli stakeholder e garantisce conformità normativa.

In linea con l’articolo 2086 del Codice Civile, il risk management rappresenta un pilastro fondamentale per evitare crisi aziendali e assicurare la sostenibilità dell’impresa nel lungo termine.

Seguendo questi principi, una PMI può dimostrare in modo chiaro e inequivocabile di aver adottato assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati. Questo approccio non solo protegge l’impresa da possibili contestazioni, ma ne rafforza anche la credibilità e la resilienza operativa.

Professioni in ascesa

Negli ultimi anni, il panorama economico italiano ha vissuto una trasformazione profonda, influenzata da vari fattori quali la digitalizzazione, la globalizzazione e la crescente attenzione alla sostenibilità. Questi cambiamenti hanno determinato l’ascesa di alcune professioni e la necessità di nuove competenze, rendendo il mercato del lavoro un terreno in continua evoluzione. Tra le professioni emergenti, si collocano quelle legate all’innovazione tecnologica, alla transizione ecologica e ai nuovi modelli organizzativi. In questo contesto, il temporary management rappresenta un caso interessante da analizzare.

La digitalizzazione ha dato vita a una crescente domanda di professionisti nel settore tecnologico. Figure come sviluppatori software, esperti di intelligenza artificiale, analisti di dati e specialisti in cybersecurity sono diventate centrali per molte aziende. Questi ruoli non solo supportano la trasformazione digitale delle imprese, ma spesso ne guidano la strategia e l’innovazione.

Parallelamente, la transizione verso modelli economici più sostenibili ha stimolato la richiesta di esperti in sostenibilità, energie rinnovabili e gestione ambientale. La crescita di settori come l’economia circolare e le energie verdi ha creato opportunità per ingegneri ambientali, consulenti di sostenibilità e manager della transizione ecologica.

Inoltre, l’evoluzione dei modelli organizzativi sta aprendo nuove strade. Il lavoro da remoto e l’adozione di strutture aziendali più flessibili hanno accresciuto l’importanza di figure come gli esperti di gestione del cambiamento, i coach aziendali e i manager specializzati nella gestione di progetti complessi.

Il temporary management, inteso come l’affidamento temporaneo della gestione aziendale a professionisti esterni altamente qualificati, si sta affermando come una soluzione strategica per molte imprese italiane. Questo modello è particolarmente adatto in situazioni di cambiamento, crisi o trasformazione, dove la rapidità e l’esperienza sono essenziali per garantire il successo.

La crescita del temporary management è trainata da diversi fattori. Innanzitutto, la globalizzazione e la competitività del mercato richiedono alle imprese di adattarsi rapidamente a nuove sfide e opportunità. I temporary manager, grazie alla loro esperienza e flessibilità, rappresentano una risorsa preziosa per affrontare queste situazioni senza dover necessariamente assumere personale a lungo termine.

In secondo luogo, molte aziende italiane, soprattutto le piccole e medie imprese (PMI), affrontano carenze di competenze interne nei momenti di crescita o trasformazione. Il temporary management offre una soluzione efficace per colmare queste lacune, consentendo alle PMI di accedere a competenze manageriali di alto livello senza un impegno permanente.

Infine, la cultura aziendale sta cambiando, con un maggiore riconoscimento dell’importanza della flessibilità e della diversificazione delle competenze. Questo ha reso il temporary management una scelta sempre più popolare per aziende di diverse dimensioni e settori.

Il temporary management si inserisce a pieno titolo tra le professioni in ascesa in Italia, grazie alla sua capacità di rispondere alle esigenze di un mercato del lavoro sempre più dinamico e complesso. Tuttavia, il successo di questa professione dipende anche dalla capacità delle imprese di comprendere appieno i benefici che essa può offrire, nonché dalla disponibilità di professionisti altamente qualificati e pronti a mettersi in gioco.

In definitiva, il panorama economico italiano offre ampie opportunità per chi è disposto a investire in formazione, innovazione e adattabilità. In questo contesto, il temporary management emerge come una soluzione strategica che combina esperienza, flessibilità e visione per guidare le aziende verso il successo in un’epoca di grandi cambiamenti.

Errare humanum est: trasformare un errore in un’opportunità di fiducia

Nessuno è immune dagli errori, specialmente nel contesto lavorativo. Tuttavia, ciò che distingue un professionista eccellente da uno mediocre è il modo in cui affronta e gestisce un errore. Come dice il famoso adagio “Errare humanum est, perseverare autem diabolicum”, sbagliare può capitare, ma è la reazione all’errore che fa la differenza tra perdere un cliente e rafforzarne la fiducia.

Quando tutto va per il verso giusto, è facile ricevere elogi e apprezzamenti dai clienti. Tuttavia, il vero valore di un professionista o di un’azienda emerge quando qualcosa non funziona come previsto. I clienti non pretendono la perfezione, ma vogliono sapere che il loro fornitore è in grado di affrontare i problemi con competenza e prontezza. Una reazione efficace non solo riduce il disagio, ma può persino trasformare una situazione difficile in un’opportunità per rafforzare la relazione.

Di fronte a un errore, è naturale cercare di minimizzare l’accaduto o negare la responsabilità per proteggere la propria immagine. Ma questa strategia rischia di peggiorare le cose. Secondo uno studio della Harvard Business Review, il 37% dei clienti considera la trasparenza nella gestione dei problemi un fattore chiave per mantenere la fiducia. Negare un errore o cercare di sminuirlo può aumentare il malcontento, rendendo molto più difficile riconquistare la stima del cliente.

Affrontare un errore in modo efficace richiede innanzitutto sincerità. Ammettere l’errore con trasparenza non è solo un atto di onestà, ma un modo per creare empatia con il cliente e dimostrare consapevolezza. Una volta riconosciuto il problema, è essenziale capire l’impatto che ha avuto: analizzare le conseguenze permette di dimostrare attenzione e rispetto nei confronti del disagio arrecato.

Il passo successivo è offrire una soluzione tempestiva e concreta. Questo non significa soltanto risolvere il problema, ma farlo in modo rapido e professionale, trasmettendo un messaggio chiaro: si è impegnati a correggere l’errore e a garantire che non si ripeta. Infine, per trasformare l’intera esperienza in qualcosa di positivo, un piccolo gesto compensativo può fare una grande differenza. Che si tratti di uno sconto, un servizio aggiuntivo o un’altra forma di valore aggiunto, questi accorgimenti lasciano nel cliente un’impressione di cura e attenzione, mitigando l’effetto negativo dell’errore iniziale.

I dati parlano chiaro: secondo un report di Zendesk del 2022, l’89% dei clienti è disposto a dare una seconda possibilità a chi risolve in modo soddisfacente un errore. Inoltre, l’80% valuta positivamente un’azienda che offre una compensazione per il disagio subito, mentre il 70% afferma che una gestione proattiva dei problemi aumenta la fedeltà e la fiducia verso il brand.

Questi numeri evidenziano quanto sia cruciale affrontare gli errori con trasparenza e offrire soluzioni concrete. Un cliente soddisfatto della gestione di un problema è più incline a rimanere fedele e a raccomandare il servizio ad altri.

Gestire un errore con professionalità non è solo una questione di etica, ma anche una strategia vincente. Un cliente che percepisce impegno e attenzione nella risoluzione dei problemi può diventare un ambasciatore del marchio, contribuendo a rafforzarne la reputazione. In fondo, tutti sono bravi quando le cose vanno bene; è nelle difficoltà che si costruisce una vera credibilità.

In definitiva, imparare a trasformare gli errori in opportunità non solo aiuta a prevenire feedback negativi, ma rafforza anche la fiducia e la fedeltà dei clienti. E, in un mercato sempre più competitivo, queste qualità possono rappresentare la chiave per il successo.