Bias Cognitivi e loro effetti sulla Leadership

I bias cognitivi sono deviazioni sistematiche dalla razionalità nella valutazione delle informazioni e nella presa di decisioni. Sono il risultato di processi mentali automatici che influenzano la nostra percezione, giudizio e interpretazione della realtà. Nel contesto della leadership, i bias cognitivi possono avere un impatto significativo sulle decisioni prese dai leader e sulla loro capacità di guidare efficacemente.

I bias cognitivi sono errori sistematici nel modo in cui elaboriamo le informazioni. Sono spesso il risultato di semplificazioni mentali e meccanismi di ragionamento accelerato, che possono portare a distorsioni nella percezione della realtà. Alcuni esempi comuni di bias cognitivi includono:

Conferma dei Bias: La tendenza a cercare, interpretare e ricordare informazioni in modo da confermare le proprie convinzioni preesistenti. Questo può portare i leader a ignorare dati contrari alle loro opinioni o a sovrastimare l’importanza di prove che supportano le loro idee.

Bias dell’Attribuzione: L’attribuzione di successi a caratteristiche interne e personali, mentre si attribuiscono i fallimenti a fattori esterni. Questo può influenzare il modo in cui i leader valutano le prestazioni dei membri del loro team e possono non riconoscere l’importanza degli elementi ambientali.

Bias dell’Ottimismo: La tendenza a sovrastimare le probabilità di risultati positivi e a sottovalutare i rischi. I leader ottimisti potrebbero essere inclini a prendere decisioni rischiose senza considerare attentamente le possibili conseguenze negative.

Bias della Disponibilità: Basare le decisioni sulla facilità con cui si ricorda un certo tipo di informazione, piuttosto che sulla sua rilevanza statistica. Questo può portare a decisioni errate poiché le informazioni più facilmente accessibili non sono necessariamente le più accurate.

I bias cognitivi possono avere impatti significativi sulla leadership in diversi modi:

Processi Decisionali Distorti: I leader influenzati dai bias cognitivi possono prendere decisioni basate su informazioni incomplete o errate, portando a risultati negativi per l’organizzazione.

Carenza di Diversità: I bias cognitivi possono portare i leader a preferire persone simili a loro stessi, limitando la diversità nel team e ostacolando l’innovazione e la creatività.

Mancanza di Adattabilità: I leader influenzati dai bias potrebbero resistere al cambiamento o ignorare nuove idee che non si allineano con le loro prospettive preesistenti.

Sviluppo delle Relazioni Interpersonali: I bias cognitivi possono influenzare la percezione dei leader nei confronti dei loro collaboratori, portando a un trattamento iniquo e alla mancanza di fiducia.

Affrontare i Bias Cognitivi nella Leadership richiede:

Consapevolezza: Il primo passo per affrontare i bias cognitivi è riconoscerne l’esistenza. I leader devono essere consapevoli dei tipi di bias che possono influenzare le loro decisioni e prese di posizione.

Raccolta di Dati Obiettivi: Raccogliere dati oggettivi e affidabili può aiutare i leader a basare le loro decisioni su fatti concreti, piuttosto che su percezioni distorte.

Prospettive Diverse: Promuovere la diversità nel team può aiutare a mitigare i bias cognitivi, poiché le prospettive diverse possono portare a decisioni più informate e bilanciate.

Processi Decisionali Strutturati: Implementare processi decisionali strutturati, come l’analisi costi-benefici o l’approccio “dell’avvocato del diavolo”, può aiutare a ridurre l’influenza dei bias.

I bias cognitivi sono fenomeni intrinseci alla mente umana che possono influenzare profondamente il modo in cui i leader prendono decisioni e guidano le loro organizzazioni. Comprendere i diversi tipi di bias cognitivi e sviluppare strategie per affrontarli è fondamentale per coltivare una leadership più efficace e orientata ai risultati. Prendere decisioni informate, basate su dati obiettivi e considerando prospettive diverse può aiutare i leader a superare gli ostacoli posti dai bias cognitivi e guidare con successo le loro squadre verso il progresso e l’innovazione.

Noi siamo pronti, Voi?

Articolo di Marco Simontacchi

22/08/2023

Consapevolezza di sé nelle scelte imprenditoriali

La consapevolezza di sé è un elemento fondamentale per il successo nelle scelte imprenditoriali. Rappresenta la capacità di comprendere i propri pensieri, emozioni, forze, debolezze, valori e obiettivi personali. Quando si tratta di intraprendere un’attività imprenditoriale, la consapevolezza di sé gioca un ruolo cruciale.

Indirizzamento delle scelte: La consapevolezza di sé aiuta gli imprenditori a comprendere cosa desiderano davvero raggiungere e quali obiettivi sono allineati con i loro valori personali. Questo li aiuta a fare scelte imprenditoriali che siano autentiche e significative per loro.

Gestione delle emozioni: Gli imprenditori affrontano spesso sfide e incertezze che possono causare stress e pressione emotiva. La consapevolezza di sé consente loro di riconoscere e gestire le proprie emozioni in modo efficace, evitando che queste influenzino negativamente le loro decisioni e il loro comportamento imprenditoriale.

Comunicazione e relazioni: La consapevolezza di sé aiuta a migliorare la comunicazione e le relazioni con gli altri. Gli imprenditori consapevoli delle loro reazioni e delle loro dinamiche interne sono più in grado di comunicare in modo chiaro, ascoltare attivamente e costruire rapporti positivi con dipendenti, clienti, partner e investitori.

Adattabilità: L’ambiente imprenditoriale è in costante evoluzione, e la capacità di adattarsi ai cambiamenti è cruciale. La consapevolezza di sé permette agli imprenditori di riconoscere quando è necessario apportare modifiche ai propri approcci e strategie, evitando l’inerzia o l’attaccamento rigido a idee o piani.

Fonte di decisioni informate: La conoscenza delle proprie forze e debolezze aiuta gli imprenditori a prendere decisioni informate. Sono in grado di giocare sulle loro competenze e cercare il supporto o le risorse necessarie per compensare le aree in cui potrebbero essere meno competenti.

Autenticità: Gli imprenditori che sono consapevoli di sé sono più inclini a seguire la loro visione personale e le loro idee uniche, invece di conformarsi alle aspettative degli altri o alle tendenze del mercato. Questo può portare a soluzioni imprenditoriali originali e di successo.

La consapevolezza di sé offre agli imprenditori una base solida su cui costruire le loro scelte e azioni imprenditoriali. Essa non solo migliora la loro capacità di affrontare sfide e incertezze, ma li aiuta anche a creare imprese che rispecchiano autenticamente la loro identità e i loro valori.

Noi siamo pronti, Voi?

Articolo di Marco Simontacchi

16/08/2023

Il pugno di ferro: L’inaspettata relazione tra la boxe e la crisi di impresa

La boxe è uno sport che richiede disciplina, determinazione e una strategia ben pianificata. I pugili si allenano duramente per sviluppare la forza fisica e mentale necessaria per affrontare avversari potenti e resistere alle situazioni più difficili sul ring. Ma cosa c’entra la boxe con il mondo degli affari e la crisi di impresa? Sorprendentemente, esiste una connessione tra le due realtà. In questo articolo, esploreremo come i principi della boxe possono essere applicati al contesto aziendale e come la mentalità di un pugile può aiutare le aziende a superare momenti di crisi.

La preparazione come chiave del successo:

La preparazione è fondamentale sia nella boxe che nelle imprese. Un pugile trascorre innumerevoli ore ad allenarsi per migliorare le proprie abilità e perfezionare le strategie di combattimento. Allo stesso modo, le aziende devono dedicare tempo ed energie per comprendere il mercato, analizzare la concorrenza e identificare le opportunità di crescita. Una scarsa preparazione può portare a decisioni affrettate e a una gestione inefficace delle crisi aziendali.

La resilienza come arma segreta:

La resilienza è un tratto fondamentale sia per i pugili che per gli imprenditori. Sul ring, i pugili devono essere in grado di sopportare colpi duri e reagire positivamente alle avversità. Nelle imprese, la resilienza è necessaria per affrontare le sfide e superare le difficoltà. La capacità di rimanere concentrati, adattarsi alle situazioni mutevoli e continuare a lottare nonostante le sconfitte temporanee può fare la differenza tra il fallimento e il successo.

L’importanza della strategia:

Nella boxe, la strategia è essenziale per ottenere la vittoria. Un pugile deve studiare attentamente il proprio avversario, identificarne i punti deboli e sfruttarli a proprio vantaggio. Nelle imprese, la strategia svolge un ruolo cruciale durante le crisi. È necessario analizzare la situazione, individuare i fattori chiave che hanno portato alla crisi e pianificare le azioni necessarie per superarla. Una strategia ben strutturata può aiutare le aziende a rimettersi in piedi e a rafforzarsi nonostante le difficoltà.

L’importanza del supporto:

Nella boxe, un pugile ha un team di allenatori, manager e compagni di squadra che lo sostiene e lo guida lungo il percorso. Nelle imprese, avere un solido supporto è altrettanto importante. Durante una crisi, le aziende possono beneficiare del supporto di consulenti esperti, mentor o gruppi di imprenditori con esperienze simili. Queste figure possono offrire prospettive esterne, consigli pratici e incoraggiamento emotivo per aiutare le aziende a navigare con successo attraverso tempi difficili.

Nonostante possano sembrare mondi distanti, la boxe e il mondo degli affari condividono alcuni principi chiave che possono essere applicati in entrambe le sfere. La preparazione, la resilienza, la strategia e il supporto sono elementi fondamentali per affrontare le crisi sia nel ring che nelle imprese. Guardando oltre le apparenze, possiamo trarre ispirazione dalla mentalità dei pugili per superare le difficoltà aziendali e ritornare alla vittoria.

Noi siamo pronti, Voi?

Articolo di Marco Simontacchi

30/05/2023

Lo scaricabarile punisce chi lo fa

Si potrebbe dire che dopo l’allenatore della Nazionale di calcio la professione più gettonata da buona parte della popolazione sia fare lo scaricabarile.

Apparentemente proiettare le proprie responsabilità fuori di sé crea il vantaggio di non doversi fare carico delle conseguenze traslandole ad altri.

A meno di essere attori incalliti di norma il processo avviene a livello inconscio e per sostenerlo ci si crea un film parallelo a una realtà fattuale a sostegno della propria visione.

Il tempo però è impietoso e con il suo scorrere le crepe tra fatti e mistificazioni si fanno sempre più profonde fino a far esplodere il problema.

Tutte le responsabilità che si erano a suo tempo evitate ricadono addosso come macigni, appesantite dal non averle gestite e risolte, schiacciando il malcapitato che a questo punto o rifiuta la realtà, andando a schiantarsi, oppure ripercorre la propria narrativa andando a comprendere dove e quando avrebbe dovuto capire che situazione andava affrontata e risolta. In questo secondo caso, seppur con fatica e maggiori costi, la situazione può ancora essere in buona parte dei casi sanata.

È a onor del vero molto difficile affrontare le proprie zone d’ombra, se fossero state evidenti non si cadrebbe nelle trappole. Ci sentiamo di consigliare in questi casi di rivolgersi a un consulente esperto nel settore, che sia di relazione, di gestione operativa o economica, il quale con un approccio scorrelato da coinvolgimenti personali possa dare la giusta collocazione al problema e offrire plausibili soluzioni o mediazioni.

 

Noi ci siamo, voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

26/04/2023

Il valore dell’affidarsi

Capita di sovente che un imprenditore ci interpelli per una consulenza o un intervento e, anziché ascoltare con attenzione alle nostre domande e risponderci in modo aperto, ci sottoponga la sua personale visione e interpretazione e la soluzione che dovremmo porre in atto a “suo modesto avviso”.

La domanda è lecita: se sa già tutto perché interpella dei consulenti?

Se la logica che applica è la stessa che ha creato il problema come è possibile che si ottengano risultati diversi?

Naturalmente il soggetto in questione non pone in minimo dubbio il fatto che le cause di un problema siano in massima parte esterne e mai interne all’azienda.

Essendo a suo avviso affare chiaro e semplice, di cui non ha tempo e voglia di occuparsi, anche l’intervento del consulente deve essere veloce e poco dispendioso, possibilmente con parcelle solo a success fee.

Tali situazioni, seppur educatamente e senza polemiche, le decliniamo senza compromessi, accettarle vorrebbe dire far perdere tempo e creare un danno economico a entrambe le parti; quindi, stando a Cipolla sarebbe una azione stupida.

A nostra volta, non essendo tuttologi, ci affidiamo per diversi aspetti del nostro lavoro a consulenti che integrino il nostro lavoro o si prendano cura di ciò di cui non abbiamo competenza per lo Studio.

Ripetiamo la parola “ci affidiamo”, che non significa abdicare alla logica e al controllo, significa essere aperti, rispondere senza reticenze alle domande del consulente e accettare punti di vista nuovi che portino a soluzioni diverse dal “abbiamo sempre fatto così”.

Creare un buon rapporto Cliente – Consulente è sempre un ottimo investimento che fa crescere l’azienda, non solo in termini economici e patrimoniali, anche e soprattutto in termini umani e di competenza.

 

Noi siamo pronti, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

19/04/2023

L’abito fa il monaco

In quasi tutte le PMI con cui lavoriamo riscontriamo una pessima abitudine: la mancanza di una stabile e strutturata organizzazione.

Una organizzazione fatta di livelli logici strutturati in modo coerente e in linea con la visione imprenditoriale finalizzata al raggiungimento degli obiettivi aziendali dovrebbe essere la base per il corretto funzionamento di una impresa.

Quanto sopra si traduce in un manuale con organigramma, ruoli, funzioni e compiti chiari e assegnati a figure competenti e riconosciute che sappiano garantire efficienza ed efficacia al reparto e funzione aziendale assegnata. I flussi operativi e informativi tra reparti e funzioni a loro volta debbono essere programmati, coordinati e con feedback continuo.

Facile da comprendere, giusto?

Purtroppo, questa situazione nelle PMI è spesso sostituita da prassi consolidate nel tempo in cui esistono persone che fanno cose a loro più o meno assegnate o da loro fatte con buona volontà senza un vero e proprio impianto. I più volenterosi poi divengono i tutto fare a cui ognuno si rivolge quando non si sa a che santo votarsi.

Al posto di ordine ed efficienza si assiste a caos e colli di bottiglia con buona pace dell’imprenditore che fatica non poco a mantenere il controllo sui cicli produttivi e timing.

Il caos in azienda genera elevata inefficienza sia per quanto riguarda il controllo dei costi fissi e variabili sia per rendere il tempo speso nel lavoro poco redditizio.

Ciò incide pesantemente sulla competitività rispetto a una concorrenza meglio organizzata sia direttamente sulla marginalità.

Qualsivoglia intervento si debba fare in una impresa il primo vero snodo è fare di norma un check up sull’efficienza dell’organizzazione e poi segue il resto.

Con sorpresa di molti da un efficientamento salta fuori quasi sempre maggior potenziale di fatturato, maggior marginalità e netto miglioramento del ciclo finanziario ed economico.

Provare per credere.

Noi siamo pronti, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

30/03/2023

 

Budget vendite croce e delizia

Siamo nel periodo di redazione dei budget di vendita dei commerciali per l’esercizio prossimo.

Nella nostra pluridecennale esperienza ci siamo resi conto essere uno dei compiti più sottostimati e mal gestiti dell’area commerciale e marketing.

Redigere un budget è un’arte scientifica, arte perché va appresa e affinata nel tempo, scientifica in quanto deve basarsi su dati statistici e previsionali concreti e credibili.

Oltre a ciò, vi sono diverse variabili essenziali di cui tener conto.

Un aumento del fatturato non depurato del fattore inflattivo o dell’aumento dei listini può non tradursi in un aumento delle vendite, ma in determinate condizioni mascherare persino una perdita di quote di mercato.

Basarsi solo sul fatturato in valore assoluto, soprattutto se vi sono in gioco bonus e premialità, può essere pericoloso e disincentivante.

Altra insidia è assegnare un obbiettivo troppo ambizioso o, al contrario, poco stimolante: anziché incentivare demotivano la forza commerciale.

Ammesso di assegnare un corretto budget per ciascun addetto alle vendite ci troviamo nemmeno in mezzo al guado.

Dobbiamo ancora, se vogliamo ottenere il massimo dell’efficacia, poter dimostrare al proprio collaboratore perché sia un dato esatto e raggiungibile da lui personalmente e cosa deve fare dal giorno successivo per i prossimi giorni lavorativi dell’anno a venire e stabilire eventuali premialità.

Finito?

Nemmeno per idea, arriva ora la parte più delicata e assieme più incentivante.

I budget sommati formano il cuore del business plan: i ricavi vendite.

Non centrare l’obbiettivo in entrambi i sensi è fatto grave.

Se fatturiamo sensibilmente di più significa aver gravemente sottostimato mercato, proprie potenzialità e quelle dei venditori, che se meglio incentivati avrebbero magari fatto ancor di più.

Portare inoltre maggior fatturato, se la produzione e l’area finanza non sono adeguate, risulta essere fattore di rischio da non sottovalutare.

Se fatturiamo sensibilmente di meno mettiamo a repentaglio l’esistenza stessa dell’azienda ed è segnale di problemi generalmente abbastanza gravi.

Cosa fare adesso?

Occorre uno strumento di controllo dello sforzo quantitativo e qualitativo di tutta la rete vendita, che sia una persona o centinaia poco importa.

Tramite i dati statistici su numero visite, numero offerte, ordini, fatturato medio per dato e fascia di clientela, margini, siamo in grado tutte le settimane, di monitorare l’andamento delle vendite sia in quantità che qualità e apportare tutti quei correttivi che garantiscano, mese per mese, l’ottimale andamento degli affari che ci porteranno a centrare gli obbiettivi industriali e finanziari.

Noi siamo pronti, voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

28/11/2022

Team building essenziale

“Team building” è da parecchio un tema in voga, abbiamo visto declinazioni in tutte le salse, anche folkloristiche.

Non neghiamo che fare “qualcosa” insieme aumenti l’aggregazione, se non altro si crea un ancoraggio emotivo su una piacevole esperienza comune.

Tuttavia, FARE squadra ha implicazioni molto più profonde di una comune memoria e dovrebbe essere finalizzato a una condivisione non solo della visione e missione aziendale ma anche di una coscienza comune sui vantaggi competitivi che ciascun reparto può offrire agli altri e che nostri comportamenti possano risultare una minaccia all’efficienza e alla convivenza tra le varie unità.

Dovremmo acquisire una coscienza fisica, emotiva e mentale di tutto ciò che i nostri colleghi siano chiamati a fare e quanto essi siano importanti per il nostro successo. Parimenti quanto i nostri comportamenti possano essere accrescitivi od ostacolo al buon lavoro del resto dell’azienda.

Raggiunta tale consapevolezza e preso atto che anche tutti i livelli organizzativi e di comunicazione vanno rispettati, non tanto per una osservanza sterile degli ordini gerarchici, bensì affinché i flussi non creino ostacoli al corretto e scorrevole funzionamento dell’azienda, saremo pronti a dispiegare le vele e affrontare il mare aperto dei mercati massimizzando ogni risorsa disponibile.

Nel rispetto e nell’etica che creano il substrato fertile per una convivenza armoniosa e funzionale.

 

Articolo di Marco Simontacchi

09/11/2022

Professionista: istruzioni per l’uso

Le complessità da affrontare per i piccoli e medi imprenditori sono ormai simili a quelle dei grandi imprenditori, con la differenza che i secondi hanno una o più linee di management a gestire le varie aree con specializzazioni sempre più marcate, mentre i primi o optano per il fai da te, con tutti i limiti di tale scelta, oppure ricorrono a professionisti a cui appoggiarsi o a cui delegare.

Molti il primo passo l’hanno compiuto e il fatto di avere uno o più consulenti, o meglio, temporary manager in azienda non è più fatto insolito.

In altre culture tale scelta è consolidata e considerata una necessità, non più una novità, l’approccio quindi è maturo e consapevole. In Italia l’approccio è ancora incerto.

Come in tutte le scelte esistono cose da evitare e altre da appuntarsi come prioritarie.

Andiamo con ordine:

La scelta

Non stiamo comprando rame ferro o un servizio generico non specialistico, stiamo scegliendo un professionista i cui consigli o le cui decisioni potranno influire in maniera anche molto decisiva sulle sorti aziendali e dell’imprenditore.

Rivolgersi all’amico dell’amico può essere di aiuto, ma non il criterio di scelta finale, va accertata la capacità anche attraverso la storia del professionista, da quanto tempo opera, che tipo di clientela segue, che referenze può vantare, se ha nella “cassetta degli attrezzi” anche quei programmi necessari a svolgere il proprio lavoro. Utilizzare prevalentemente fogli excel non è mai un buon segnale.

Non fare un’asta competitiva, un professionista serio non gioca al ribasso, può capitare che decida di fare una tariffa accomodante per brevi periodi in casi eccezionali se il cliente merita in prospettiva futura, ma rende chiaro che appena possibile le adeguerà: le tariffe al ribasso non portano mai lontano. Si ottiene ciò che si paga, chi costa poco nel tempo rende poco, se un professionista ci serve ma anche no allora lasciamo perdere, altrimenti assicuriamoci un elemento di valore, dopo averne constatata l’effettiva preparazione.

Il rapporto

Un consulente che si rispetti che deve affiancarci per un periodo di tempo abbastanza lungo tenderà a farci contratti a forfait mensile, questo non vuol dire che quindi lo si debba spremere il più possibile. Incrineremmo un rapporto e rischiamo di farci scaricare o prendere sottogamba: quella che per noi può sembrare una domanda semplice, a volte richiede studio, ricerca ed una elaborazione per dare una risposta ragionata e consapevole. Se faccio quotidianamente telefonate con richieste metto sotto pressione il professionista, che se si trova due o tre clienti simili dopo un po’ esplode. Raggruppiamo i dubbi e le domande e facciamole tutte insieme durante gli incontri programmati.

Tra cliente e professionista si deve instaurare un rapporto di fiducia reciproca, oggi spesso anche il professionista si trova nella spiacevole condizione di rischiare in solido con l’imprenditore per le proprie scelte, con la differenza che l’azienda non è sua. Evitiamo di chiedere conferma all’amico del cugino circa ogni scelta del professionista per poi tediarlo con “mi hanno detto che…”. Non c’è nulla di più irritante e deleterio per il rapporto. Se non ci si fida del professionista cambiamolo, se ci fidiamo non tediamolo, o lo perderemo.

Non mentiamo o sottaciamo alcunchè, tanto verremo scoperti e verrà a mancare la fiducia necessaria per lavorare serenamente. Un valido professionista ha visto centinaia di casi, le nostre bugie hanno le gambe veramente corte.

Utilizziamo un solo interlocutore per interfacciarci, è molto irritante e foriero di interminabili perdite di tempo per un professionista sentirsi chiamare da diverse figure per conto del cliente per la stessa cosa. Oltre a generare una indebita pressione e far perdere molto tempo è anche un abuso della pazienza del povero professionista che si trova a dover ripetere varie volte la stessa cosa a persone diverse. Il tempo è la risorsa anaelastica per eccellenza, ed è ciò che vende un vero professionista, la cui formula di successo è: conoscenza x tempo = risultato economico. Faremmo anche la figura dei pasticcioni disorganizzati.

A volte i professionisti fanno buon viso a cattiva sorte, o a pessima abitudine, sanno che è una questione culturale e i clienti italiani, vanno generalmente educati essendo per noi ancora una relazione da scoprire. Ricordiamoci però che un professionista serio e capace si pone dei limiti, oltre i quali ci lascia alla nostra sorte.

La frase spesso utilizzata tra professionisti recita più o meno: “raddrizziamo le sorti aziendali nonostante gli imprenditori”. E a volte è vero.

Voi che dite, che rapporto avete con i vostri professionisti?

 

Articolo di Marco Simontacchi

27/07/2022

Pacta servanda sunt

In 39 anni di attività lo Studio ha visto passare molte persone, aziende, occasioni.

Difficilmente siamo categorici o giudicanti: l’esperienza ci ha insegnato una cosa fondamentale, il giudizio è spesso figlio del pregiudizio ed è elemento limitante.

Gli anni ci hanno semmai indotto a osservare con occhi nuovi qualunque fatto per non interpretarlo con vecchi paradigmi relegandoci a una preistoria della consulenza aziendale.

Tuttavia, ci sentiamo di dividere i rapporti con cui abbiamo a che fare con due fattispecie: chi mantiene la parola data e chi no.

Chi disattende quanto promette, se non occasionalmente, mina alla base qualunque rapporto di fiducia, che sia cliente, fornitore o collaboratore.

Se si ha un problema lo si esplicita, se si è in ritardo lo si comunica, se si è ricevuto un ciclo o una comunicazione si dà notifica, se si ha bisogno di una mano la si chiede, se si è in ritardo si avverte per tempo, se si è cambiata idea ci si confronta, se si sbaglia si ammette e si chiede ammenda.

Tutto il resto sono alibi e pietose scuse a rimarcare poca trasparenza e poca attitudine al lavoro di squadra.

Il latino è una lingua tanto lapidaria quanto efficace, in pochi termini rende sempre perfettamente l’idea.

“Ogni promessa è debito” rende sì l’idea ma pecca in imperativo e suona come un mite consiglio.

Volete spiccare come trasparenza, affidabilità e serietà?

Desiderate essere trattati “primi inter pares e guadagnarvi il rispetto incondizionato di chi vi circonda?

Competenza e coerenza a parte, che è altro capitolo importante, scolpitevi a caratteri di fuoco in mente il detto latino “PACTA SERVANDA SUNT”i patti debbono essere rispettati, che sancisce uno dei principi fondamentali del diritto.

Abituiamoci a promettere solo ciò che sappiamo di poter mantenere, affrontiamo le problematiche senza blandire con dolci promesse mai mantenute, impariamo a essere diretti e nudi di fronte alla realtà.

Poco c’è di più irritante del dover rincorrere una risposta, un documento, una azione promessi e dimenticati.

Poco c’è di più gratificante dell’aver risposta certa a richieste corrisposte, ci fa sentire uniti, compresi e squadra.

Riflettete su come vorreste essere trattati e su come vi rapportate agli altri e quale sia l’immagine che ne deriva.

I dilettanti allo sbaraglio fanno fortuna solo nei format televisivi di prima serata.

 

Articolo di Marco Simontacchi

28/06/2022