PMI: brivido da rialzo dei tassi

L’aumento dei tassi di interesse ha un impatto significativo sui bilanci delle PMI. Questo perché le PMI spesso dipendono da prestiti e finanziamenti per sostenere le loro attività e un aumento dei tassi di interesse influisce sui costi dei finanziamenti, aumentandone il costo di approvvigionamento quindiriducendo la redditività dell’impresa.

Quando le banche centrali aumentano i tassi di interesse, le banche commerciali seguono l’esempio aumentando a loro volta i tassi sui prestiti. Questo aumento dei tassi di interesse può influire sulla capacità stessa delle PMI di ottenere finanziamenti, poiché il costo del debito aumenta, influendo negativamente sulla redditività dell’impresa e sulla sua capacità di investire in nuovi progetti o espandersi e peggiorando i parametri del rating.

Inoltre, le PMI che hanno già sottoscritto prestiti a tassi di interesse variabili accusano un aumento dei costi di finanziamento, influendo sulla capacità dell’impresa di rispettare i propri impegni finanziari e di mantenere la liquidità come da business plan.

L’aumento dei tassi di interesse può anche influire sulla domanda di prodotti e servizi delle PMI. Se i consumatori e le aziende riducono le loro spese a causa dell’aumento, le PMI possono a cascata subire una riduzione delle entrate e dei profitti.

In generale, l’impatto dell’aumento dei tassi di interesse sui bilanci delle PMI dipenderà dalla situazione finanziaria dell’impresa, dal tipo di prestiti che ha sottoscritto e dalle condizioni del mercato in cui opera. Tuttavia, è importante che le PMI siano consapevoli dell’effetto dei tassi di interesse sui loro bilanci e che considerino le strategie di gestione del rischio finanziario per mitigare gli effetti negativi dell’aumento dei tassi stessi.

Ciò potrebbe includere la diversificazione delle fonti di finanziamento e l’uso di strumenti finanziari come i contratti di swap per gestire il rischio di tassi di interesse o approcciare direttamente il mercato dei capitali utilizzando nuovi strumenti di approvvigionamento finanziario.

Noi siamo pronti, Voi?

Articolo di Marco Simontacchi

11/05/2023

Il credito a rischio stretta

Il sistema bancario europeo poggia su basi più solide del resto del mondo, ha assorbito meglio del resto del sistema lo shock di SVB e Credit Suisse.

Resta comunque a rischio di una ulteriore stretta creditizia dovuta a fattori tecnici e di merito.

Senza entrare in tecnicismi bancari, basti pensare che la disponibilità effettiva di liquidità degli istituti di credito è ben inferiore a quella virtuale.

Vuol dire che l’insieme dei depositi non corrisponde all’effettiva liquidità, essendo parte rilevante di tale liquidità occupata nei finanziamenti e mutui.

Se tutti insieme andassimo a prelevare le “disponibilità” metteremmo in crisi tutto il sistema.

Ciò fa si che la bontà di un istituto di credito e la sua credibilità abbiano una diretta connessione con la qualità dei propri crediti.

Vero è che hanno una riserva “congelata” in titoli di stato, considerati asset sicuri. Tra i primi tre istituti europei per asset in titoli di stato primeggiano Popolare di Sondrio e Bper con asset tra il 15% e il 17%. Oltre a non essere una quota che metta al completo riparo da sorprese tale percentuale inficia la redditività dell’istituto essendo un asset non particolarmente remunerativo se non a volte oneroso.

Va da sé che in questo periodo di “cigni neri” gli istituti europei, quindi anche gli italiani, dovranno porre particolare attenzione alla qualità del proprio portafoglio crediti, che dopo i finanziamenti covid indiscriminati e lo scossone della guerra appaiono un poco deteriorati.

Si dovrà correre ai ripari se si vuole garantire stabilità al sistema finanziario concedendo l’accesso al credito solo a chi garantisca un rating, ovvero la capacità misurata di poter restituire i finanziamenti, che migliori i parametri di qualità dei crediti esistenti.

Il fai da te dei bilanci senza una attenta analisi dei parametri, segnalazioni anche se occasionali in centrale rischi, la mancanza di un robusto e coerente piano industriale e relativo business plan saranno condizioni che potranno ostacolare o impedire in un immediato futuro l’accesso al credito inficiando anche i rinnovi.

Uomo avvisato mezzo salvato, in questo caso correre ai ripari sarà troppo tardi, un bilancio sano lo si costruisce giorno per giorno a partire da gennaio, non a esercizio chiuso.

 

Noi siamo pronti, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

05/04/2023

Catene forti anticrisi

Eurostat rileva che nel 2022 l’Italia ha visto un forte aumento dei fallimenti nel quarto trimestre (+38%) insieme a Francia (+64%) e Spagna (+55%).

Iniziano a saltare quelle imprese che, ottenuti gli aiuti di stato Covid, non hanno sfruttato l’occasione per ristrutturarsi e rafforzarsi o sono state affossate dal successivo aumento dei costi a cui non hanno saputo o potuto far fronte pagando oggi l’amaro prezzo.

Questo fenomeno avrà ripercussioni su occupazione e crescita mettendo ulteriore pressione in vari settori industriali e commerciali.

Preoccupante è anche la serie di effetti collaterali che questi fallimenti inevitabilmente si trascinano dietro.

Perdere nel giro di breve uno o più fornitori strategici è rischioso se non vi sono piani alternativi già predisposti, oltre ad avere un probabile impatto sui costi variabili e sui tempi di consegna a clienti con possibili penali o perdita di clientela e di commesse.

Subire il fallimento di uno o più clienti importanti non stiamo nemmeno a spiegare che ricadute comporti.

A rischio in queste situazioni è sia lo stato patrimoniale che il conto economico insieme alla pianificazione dei flussi e quindi la solidità aziendale con la propria capacità di far fronte agli impegni economico finanziari.

Con il nuovo codice della crisi di impresa, inoltre, non si può più attendere molto prima di dichiarare una probabile crisi di insolvenza, anche se importata per cause esogene e magari con un portafoglio ordini e utili previsti di tutto rispetto.

Il panorama è fosco e tutt’altro che tranquillo, basta un altro scossone e molte altre aziende, ancora traballanti, rischiano di scomparire.

Come sempre a un problema vi è una soluzione.

Le grandi imprese mettono in campo Direttore Finanziario, Credit Manager e Risk manager che si occupano di monitorare la qualità e solidità di clienti, fornitori, del credito commerciale e dell’adeguatezza delle disponibilità di cassa per far fronte alle evenienze, trasferendo se necessario il rischio insolvenza a terzi e rovesciando l’indice di rotazione debiti crediti a favore dell’azienda.

Con buona pace delle PMI che tale linea di management non se la possono permettere subendo.

Si possono permettere però, con un investimento marginale e variabile, la consulenza in temporary management di professionisti che li rendano efficaci e competitivi al pari delle grosse imprese.

Un problema se risolto diviene un vantaggio competitivo, in tempo di crisi significa anticipare la ripresa e guadagnare fette di mercato lasciate libere da chi si è dimostrato sprovveduto.

Noi ci siamo, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

02/03/2023

Sconfitti e bastonati

Scacco matto alla crisi di liquidità in sei mosse

La potenza è nulla senza il controllo (di gestione)

Crisi di impresa: sfortuna o imprevidenza?

Codice della crisi di impresa

Gestire il rating tramite la centrale rischi

Un disastro non si aggiusta a rattoppi

Nel micro come nel macro le situazioni non cambiano.

Assistiamo purtroppo sempre più spesso nel valutare lo stato di salute di aziende a stati estremamente compromessi dal continuo rattoppare situazioni di difficoltà mai organicamente e strutturalmente risolte.

Il più delle volte si crede di aggiustare la situazione con artifizi di bilancio o indebitandosi contando nella buona sorte e che qualcosa cambi.

Altre volte si fanno salti mortali per aumentare il fatturato anche a discapito della marginalità, aumentando la voragine e i problemi senza un vero cambio di rotta.

Si crea così, toppa su toppa una situazione degenerata a tal punto da richiedere sforzi enormi e a volte ingiustificati per creare un punto di svolta e tornare in equilibrio.

Una situazione compromessa richiede una terapia d’urto e l’esperienza insegna che se non si cambia radicalmente qualcosa, procedendo sempre con le medesime strategie, i risultati non potranno che essere gli stessi e avviarsi verso un inevitabile disastro.

Lo vediamo con la politica, con i conti pubblici, con la gestione imprenditoriale delle PMI che non hanno ancora effettuato quel cambio di paradigma che un mondo sempre più veloce e connesso impone.

Chi non si evolve si estingue, lo si sa dai tempi di Darwin, l’impressione è che molti ritengano essere un problema degli altri e di esserne esenti, finché la crisi non bussa alle porte e ci si trova a ballare sul ponte del Titanic mentre inesorabilmente affonda.

Di esempi virtuosi ce ne sono molti e credeteci, non è fortuna.

Noi siamo pronti, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

01/02/2023