Il Capitale intangibile prima risorsa aziendale

A volte capita di raccogliere confidenze sulla inadeguatezza di parte del personale rispetto alle esigenze aziendali. Inadeguatezza che va da una scarsa visione d’insieme, mancanza di coscienza delle priorità ed urgenze, arretratezza di cultura aziendale e professionale, mancanza di partecipazione e di entusiasmo.

La prima domanda che mi pongo è chi sia il primo responsabile, di certo non ritengo possa essere il dipendente che passa buona parte della propria vita nel luogo di lavoro e vive, respira e si nutre di ciò che l’ambiente trasmette.

Robert Dilts è dai primi anni ’90 che ha chiarito, tramite i livelli neurologici, che un ambiente non è che il necessario esito di una serie di passaggi logici concatenati. Alla origine di questo processo vi è una visione chiara dello scopo aziendale che diviene la missione dell’azienda stessa.

Questa missione contiene dei valori intrinseci che non hanno di per sé valore assoluto ma vanno tradotti e comunicati nel loro significato connotativo dell’azienda.

Ciò comporta lo sviluppare determinate abilità piuttosto che altre perché si possano generare i comportamenti attesi e necessari.

L’insieme di tutto questo processo genera l’ambiente.

Siamo certi di avere coscienza di ciò e soprattutto di aver allineato la nostra azienda su tale logica?

Se sì certamente avremo selezionato candidati alle varie posizioni in tutte le aree in modo che le loro predisposizioni e aspirazioni si combinassero con le abilità richieste.

Avremo anche probabilmente investito in formazione per rendere tutti coscienti e allineati alle logiche aziendali, così rese terreno comune e condiviso: uno scopo e una bandiera.

Vi sarà formazione costante per aiutare a far crescere professionalmente e umanamente il nostro Capitale Intangibile.

I nostri collaboratori sono la nostra prima vera risorsa, trascurarli significa erodere quel capitale, svalutarlo sino a rendere il nostro ambiente arido, sterile e a volte tossico. Utilizziamo le stesse vetture, utensili, computer e programmi di dieci anni fa?

Quando ci lamentiamo siamo certi di aver fatto quanto sopra? Se sì allora vi è stato qualche problema in selezione, se no facciamoci delle domande.

In attesa di avere i dati aggiornati da Istat, in copertina vi è l’infografica dell’ultima statistica quinquennale relativa al 2015 sulla formazione nelle aziende con minimo 10 addetti.

Il 40% delle imprese con 10 o più addetti non ha fatto formazione, il 54% dei lavoratori non ha partecipato ad alcun corso.

Di tutta la formazione fatta il 33% riguardava quella obbligatoria sulla sicurezza, visti i numerosissimi infortuni sul lavoro è un dato che grida vendetta.

Il lavoro, le mansioni richieste e le abilità correlate cambiano, anche rapidamente, nel tempo.

Persino la contabilità richiede oggi una capacità di visione e competenze diverse rispetto a solo 5 anni orsono, senza le quali l’imprenditore stesso rischia di essere inadempiente alle recenti normative e risponderne personalmente anche patrimonialmente.

Quando ci lamentiamo del clima aziendale e dei comportamenti dei collaboratori per trovare il colpevole con quasi certezza guardiamoci allo specchio.

Sarebbe ora di porvi rimedio.

 

Noi siamo pronti, voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

13 marzo ’22

Siate decisori: procrastinare danneggia

Dopo l’ignavia, che Dante nel III canto dell’Inferno punisce in modo orribile, il peggior nemico dell’imprenditore è il procrastinare, atteggiamenti per certi versi simili.

Nell’ignavia vi è una incapacità a schierarsi, di prendere una posizione, mentre nel procrastinare si rimanda a un domani “sine die” una decisione o una azione.

Fondamentalmente ciò è causato dal negare (non esiste), rimuovere (non lo vedo) o spostare (la causa o la responsabilità è di altro o di altri) il problema da fronteggiare.

Sono autodifese ben spiegate da Freud che subentrano quando inconsciamente non ci si reputa in grado di affrontare qualcosa che ci soverchia.

Questo atteggiamento, salvo che sia una ben precisa tattica studiata a tavolino, come nel caso del Generale Romano Quinto Fabio Massimo, non risolve alcun problema che di norma non scompare da sé, semmai peggiora.

Viviamo e operiamo in un’epoca molto differente rispetto alle generazioni precedenti: allora i cicli economici, sociali e politici duravano decenni o secoli e i cambiamenti, seppur ineludibili, erano lenti e graduali. Oggi i cicli durano pochi anni se non mesi e i cambiamenti sono repentini lasciando poco preavviso, premiando chi ha più capacità di visione e di interpretazione dei segnali sociali, politici ed economici.

Le leggi stesse sono in continuo rinnovamento nella corsa a mantenersi in linea con i mutamenti delle necessità, se pensiamo a come era diverso il contesto politico, economico, sociale e legale di 20 o 30 anni fa una idea è presto fatta.

La globalizzazione stessa ci obbliga a uscire dal comfort di situazioni di riserva e confrontarci con un resto del mondo che viaggia alla velocità della superfibra e della intelligenza artificiale.

Ci si deve arrendere all’idea che ogni giorno va presa qualche decisione che sia tattica, strategica o politica, stare fermi significa restare al palo in un sistema concorrenziale ad alta velocità.

Ogni comparto aziendale è coinvolto in questa danza frenetica: logistica, marketing, vendite, amministrazione e finanza, produzione, acquisti, legale.

Va da sé che se una azienda perde concorrenzialità si autoesclude dal mercato, salvo operare in monopolio, ma anche questo ultimo finisce prima o poi e l’atterraggio nel mercato reale non è mai indolore.

Vi sono anche importanti risvolti di responsabilità civile e in determinati casi anche penale nel procrastinare decisioni, se tali possono portare a una situazione di default. Il nuovo codice della crisi di impresa parla chiaro e non c’è società di capitali che tenga, gli amministratori ne rispondono personalmente, anche patrimonialmente.

Le grandi imprese hanno il vantaggio di avere dirigenti e quadri preposti a presidiare le varie aree aziendali e a occuparsi di tenere l’Azienda in linea con i piani industriali e con i business plan, hanno però lo svantaggio di essere lente nel cambiare rotta se necessario.

Le Micro e le PMI per contro sono per loro stessa natura estremamente flessibili e veloci, scontano però il fatto di non aver generalmente nessuna linea manageriale a supporto, trovandosi spesso l’Imprenditore nelle scomode vesti del “tuttologo”. La tentazione può essere, per l’appunto, quella di procrastinare, creando le premesse per una potenziale crisi aziendale.

Per loro fortuna oggi esistono diverse figure specializzate a cui possono fare ricorso in modo mirato e temporaneo a costi ragionevoli e sostenibili.

Il non agire può costare caro, l’agire, se fatto con accortezza e mirato, può portare grandi benefici, non ultimo cavalcare sempre l’onda dell’innovazione e trovarsi nella frontiera efficiente della concorrenzialità.

 

Noi siamo pronti, e Voi?

Articolo di Marco Simontacchi

20/02/2022

 

 

Inflazione e recessione possibili: cosa fare?

Vi sono due potenziali fenomeni che bussano alla porta delle economie mondiali:

Inflazione e Recessione.

I dati inflattivi dovuti alla impennata delle materie prime e del costo dell’energia pare non possano sgonfiarsi nel breve, si parla ormai di crisi di medio periodo.

A peggiorare la situazione sono le superpotenze economiche, Cina in testa, che stanno portando le scorte in generale a 18/24 mesi creando un circolo vizioso di cui non si comprende ancora la portata.

L’accelerazione della crescita delle Masse Monetarie – M1 M2 e M3 – se da un lato assicurano liquidità alle economie, dall’altro generano nel medio spinte inflattive che difficilmente si riescono a raffreddare nel breve. Liquidità che non è andata, se non in parte, a beneficiare le attività produttive direttamente.

Basta dare un occhio al grafico storico dell’inflazione in zona Euro dall’esordio ad oggi.

Se l’aumento dell’inflazione è sulla bocca di tutti e già se ne sono avvertiti gli effetti nel portafoglio, diversa è la percezione riguardo a una potenziale recessione.

I segnali sono molteplici.

Nel 2022 si prevedono molti default, di cui ci sono già tutti i segnali, soprattutto tra le PMI: ne parlammo in un precedente articolo.

L’aumento vertiginoso dei prezzi, soprattutto dell’energia, ha già dato un brusco arresto al PIL Euro, a gennaio 22 si parla di oltre un -1%.

Un forte segnale premonitore è l’inversione dei tassi USA, negli ultimi decenni ad ogni superamento dei tassi a breve (2 anni) rispetto ai tassi a lungo (10 anni) è corrisposta una recessione. Questa inversione è dovuta al fatto che gli investitori vedono nel breve un maggior pericolo che nel lungo periodo, sta a significare che danno già per certa una recessione.

Il seguente grafico sullo spread tra Y10 – Y2 USA, senza scomodare analisi tecniche circa doppi massimi e violazione dei supporti di medio e lungo, è abbastanza eloquente sul trend e sulle possibilità di una recessione a breve.

Come sempre tutto ciò non è né un bene né un male, sono assestamenti necessari in qualunque sistema economico, riallineano finanza ed economia evitando guai peggiori nel futuro.

Dipende da come sappiamo prevenire e gestire tali fenomeni: possiamo creare le basi per cavalcarli e trarne vantaggio, le grosse fortune sono state create spesso da chi ha saputo essere lungimirante in tempi di crisi.

Serve un mix di intraprendenza e di prudente saggezza viste con una consapevolezza e un controllo superiori alla media.

Non esiste LA soluzione, esistono molte variabili: contesto, settore, diversificazione, stato di salute aziendale e altro ancora, esistono tuttavia diversi accorgimenti.

Primo effettuare un checkup dello stato di salute aziendale quindi rendere congrui patrimonio netto e disponibilità finanziarie, diminuire o diluire nel tempo l’indebitamento, ridurre i costi fissi a favore dei variabili, diversificare in tutti settori della filiera, tenere sotto controllo fornitori e clientela, ampliare la propria visione e creare robusti piani industriali con vari scenari, giusto per citare alcuni esempi.

Negli affari si evolve o ci si estingue.

Voi che ne pensate, siete pronti a cavalcare l’onda o aspettate di subire la marea?

Noi ci siamo, Voi?

 

*nei link articoli di approfondimento

 

Articolo di Marco Simontacchi

06/02/2022

 

L’autolesionismo del prelevamento soci

Una pessima abitudine, soprattutto nelle società di persone, è il prelevamento soci.

Nelle società di capitale deve essere regolamentato e se non corrisponde ad utile effettivamente maturato a fine esercizio deve essere ripianato.

Nelle società di persone, complice la maggior elasticità formale e la maggior confusione tra persona e azienda, purtroppo è spesso cattiva abitudine.

In tali aziende l’art 2303 del Codice civile cita: è vietato farsi luogo a ripartizione di somme se non per utili realmente conseguiti.

Questo di norma sempre e comunque, quindi sono sempre vietati acconti sugli utili a meno che vi sia una specifica clausola.

Anche in presenza di tale clausola l’operazione non è automaticamente da ritenersi valida e opportuna, occorre che effettivamente tali utili poi si realizzino.

In caso contrario, a meno di un ripianamento, si incorre nella distrazione illecita di attività sociali.

Suddetti prelievi inoltre vanno a sottrarsi al patrimonio netto determinando un deterioramento di tutti i parametri aziendali.

Le conseguenze possono essere molto gravi, da un mancato rinnovo delle linee di credito, alla chiusura dei rapporti di conto corrente sino al fallimento della società.

In quest’ultimo caso vi è responsabilità giuridica, e revocatoria a parte di tutte le somme prelevate, vi sono risvolti penali da non sottovalutare.

Nel reato di bancarotta fraudolenta (art. 216 L.F.) una delle tre diverse tipologie è quella patrimoniale di cui la distrazione è la condotta più ricorrente.

Non si pensi inoltre di poter portare avanti tale malpratica, anche in presenza di utili, in modo da evitare di versare quanto più possibile al fisco i contributi, dall’erario, in presenza di regola e continuità verrebbe interpretato ciò come pagamento “in nero”, con tutte le conseguenze del caso.

Come ovviare?

I casi sono due, o esiste la possibilità di aspettare a fine esercizio e prelevare tutti gli utili ripartendoli tra i soci in modo corretto e ufficiale, remunerando quindi il proprio lavoro una volta all’anno con gli utili effettivamente conseguiti, o remunerarsi come amministratori con regolare cedolino, o un mix tra le due opzioni.

Evitiamo di fare come Tafazzi e mettiamo in ordine i nostri conti, ne guadagnerà l’azienda e ne guadagnerà l’imprenditore.

Articolo di Marco Simontacchi

31/01/22

 

Dieci passi verso il successo

Statisticamente 1 startup su 10 supera i primi tre anni.

È dunque fondamentale capire quali siano i fattori premianti e propedeutici al successo non solo di una startup, anche per la costituzione di nuove business unit o il lancio di nuovi prodotti o servizi.

Ideare un prodotto o un servizio necessario

Anche il superfluo può essere necessario, deve esserci una nostra offerta che incontri una sufficiente potenziale domanda. Può essere una meravigliosa innovazione, ma se nessuno ne sente il bisogno sarà un fallimento.

Cogliere l’attimo

Si aprono finestre temporali in cui un prodotto o un servizio sono al centro dell’attenzione, serve tempismo: effettuare troppo presto o troppo tardi l’immissione sul mercato, può far perdere molte opportunità.

Soddisfare i reali bisogni dei destinatari

È fondamentale tenere conto di quelle che sono le esigenze dei destinatari. Concentrarsi prima su ciò, in seguito sul prodotto o servizio.

Avere un piano marketing

Il marketing rappresenta uno dei principali fattori di successo: conoscere il proprio target market per sapere come attirare la sua attenzione e come trasformare gli utenti in potenziali e poi in clienti.

Creare un modello di business replicabile

Un prodotto o servizio è tanto più valido quanto vendibile tramite un piano efficace. Avere il miglior prodotto al mondo senza avere modo di venderlo è perfettamente inutile.

Realizzare prodotti o servizi semplici da usare

Realizzare dei servizi o prodotti troppo complessi da utilizzare ne mina il successo, assottigliando il numero di potenziali acquirenti.

Trovare il giusto pricing

Il prezzo di vendita deve tener conto dei costi e di un adeguato utile senza mortificarne l’accessibilità economica per il target market. Nel caso si può agire diversificando l’offerta con varie soluzioni dalla più basica ed economica alla più evoluta ed esclusiva.

Pianificare oculatamente

Il budget è limitato e il tempo anaelastico. Sono le due risorse cardine che dobbiamo saper coniugare in una pianificazione realistica e funzionale, che va modulata e riadattata costantemente.

Monitorare la concorrenza

Viviamo in un mercato globale con facile accesso a tutte le informazioni e comparazioni, tenerne conto ci permette un corretto posizionamento magari in un vantaggio competitivo. Meglio farlo noi che lasciare spazio agli altri.

Creare un Team ad alto rendimento

Il team è fondamentale per il successo, iniziale e nel tempo. Trovare il giusto mix di competenze e saper coniugare le diversità in unicità è un’arte dei Leader.

Noi ci siamo e voi?

Articolo di Marco Simontacchi

23/01/2022

Un buon manager al giorno toglie la crisi di torno

Il Governatore della Banca D’Italia Ignazio Visco alla conferenza online BDI – Cepr – Eief apre l’intervento con queste parole circa la produttività, che ritiene essere la base della crescita economica e del welfare: “Ci stiamo rendendo conto sempre più che l’evoluzione della produttività totale dei fattori dipende da come viene organizzata la produzione, da come viene adottata la tecnologia e da come le diverse competenze vengono combinate dinamicamente. Pertanto, il governo societario e le attività di gestione sono ingredienti chiave del processo di produzione”.

Gli imprenditori hanno quindi un ruolo cardine nella creazione non solo di nuovi prodotti ma anche di nuovi approcci e processi organizzativi. Continua: “Tuttavia devono affrontare il difficile compito di scegliere i manager appropriati. Il pool potenzialmente limitato di dirigenti di talento può creare una mancanza di competenze manageriali, che spesso è alla base delle scarse prestazioni di imprese anche promettenti”.

Nella selezione dei manager il background familiare, i legami sociali e politici sembrano spesso avere più peso della competenza, delle capacità manageriali e dell’istruzione. Ciò tende anche a ostacolare le prestazioni aziendali a causa della mancanza di apertura ai talenti esterni e alle moderne pratiche di gestione, che porta a una minore efficienza aziendale e a una debole propensione all’innovazione”.

E quindi: “Gran parte dei divari di produttività tra le imprese sia all’interno che tra i paesi è stata recentemente attribuita alle differenze nelle pratiche di gestione. Ciò che è emerso, forse sorprendentemente, è che i loro effetti quantitativi sono paragonabili a quelli prodotti dalle differenze negli investimenti in ricerca e sviluppo, nell’adozione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione o nel livello di istruzione e competenze dei dipendenti”.

Riportiamo le parole del Governatore, non avremmo saputo esprimerci meglio.

Rinforza questo discorso quanto predichiamo e professiamo da anni, competenza, esperienza e strumenti tecnologici appropriati fanno la differenza anche e soprattutto in chiave competitiva e garantiscono all’Impresa un futuro solido. Con il temporary management oggi ci si può garantire tutto ciò a costi sostenibili. Al costo di un investimento ad alta resa, provare per credere.

Noi, come sempre, ci siamo. Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

10/01/2022

L’Imprenditore e la Sindrome del Luccio

In un famoso esperimento alcuni ricercatori misero in una vasca un luccio e alcune piccole carpe divisi da una lastra di cristallo.

Il luccio famelico provò più volte ad avventarsi sulle prede rimediando solo botte sul muso, finchè si ritirò nel suo angolo di vasca sconfitto.

Allora tolsero la lastra divisoria, ma il luccio frustrato non provò più ad attaccare le prede sconfitto dalle sue cocenti esperienze.

Fu denominato questo atteggiamento rinunciatario appunto la “Sindrome del Luccio” e paradossalmente fu notato che gli esseri umani stessi rispondevano a questo condizionamento.

Gli ultimi anni per molti imprenditori sono stati complessi e ricchi di trabocchetti dovuti sia alla pandemia che alla recente inflazione che hanno sparigliato tutte le carte e le logiche passate.

Certamente il panorama è molto variato rispetto a solo due anni fa e nulla di ciò che funzionava nel passato sembra essere oggi una certezza.

La Sindrome del Luccio è quanto mai attuale con la maggior parte degli imprenditori fermi in attesa di chissà quale rivelazione.

Purtroppo, esiste un secondo importante aspetto: nulla è fermo e tutto si evolve, e chi si ferma è perduto.

Si rischia di fare come i pattini salvagente lasciati a lungo fermi sulla battigia, la risacca a poco a poco li fa affondare nella sabbia finché nulla più si può fare per recuperarli salvo lasciarli scomparire nell’oblio.

È un momento delicato per gli imprenditori, a stare fermi rischiano di scomparire in un mercato estremamente fluido, a prendere decisioni rischiano errori difficili da rimediare: cosa fare?

Abbiamo due motti nello Studio:

Lascia o raddoppia

Aiutiamo le Aziende a riconoscere, analizzare e trasformare le problematiche in fattori di crescita

Un problema, se risolto, diventa un vantaggio competitivo, perché accada servono idee chiare, risorse adeguate e un cruscotto di controllo sia ex post che previsionale.

Le idee deve averle l’Imprenditore, per il resto ci pensiamo insieme.

A fare come il luccio si finisce come il pattino, la fortuna arride agli audaci e non agli sprovveduti.

Noi siamo pronti, Voi?

Articolo di Marco Simontacchi

03/01/2022

Aziende sotto assedio del cyber crime

Dal report “ Clusit – Rapporto 2021 sulla Sicurezza ICT in Italia ” si legge che nel 2020 vi è stato un record di casi: in totale vi sono stati 1.871 attacchi gravi di dominio pubblico rilevati con un impatto sistemico in ogni aspetto della società, della politica, dell’economia e della geopolitica. L’aumento degli attacchi cyber è stato del 12% rispetto al 2019 e negli ultimi quattro anni il trend di crescita si è confermato in stabile crescita, marcando un aumento degli attacchi gravi del 66% rispetto al 2017.

Nello scorso anno tra gli attacchi rilevati e andati a buon fine si è verificato nel 56% dei casi un impatto alto e critico e che nel 44% è stato di gravità media.

I settori più colpiti sono stati:

“Multiple Targets”, 20% del totale Si tratta di attacchi realizzati in parallelo verso obiettivi molteplici e indifferenziati, che vengono colpiti industrialmente e serialmente dal cyber crime.

Settore Governativo, Militare, Forze dell’Ordine e Intelligence, con il 14% degli attacchi.

Sanità, il 12% del totale degli attacchi.

Ricerca/Istruzione, l’11% degli attacchi.

Servizi Online, il 10% degli attacchi.

In forte aumento gli attacchi verso Banking & Finance (8%), Produttori di tecnologie hardware e software (5%) e Infrastrutture Critiche (4%).

Si è notato un incremento di attacchi infiltrati tramite l’utilizzo fraudolento della supply chain, ovvero tramite la compromissione di terze parti, portale che consente ai malintenzionati di colpire tutti i contatti dell’ignaro compromesso, moltiplicando geometricamente sottotraccia il numero delle vittime.

Uno degli strumenti chiave è il Malware (42%), con largo uso di Ransomware nel 29% dei casi in significativa crescita sia numericamente che in dimensioni della richiesta.

In preoccupante aumento le tecniche sconosciute tra cui i Data Breach (20%), seguono Phishing & Social Engineering (15%), tramite vulnerabilità pure loro in aumento (+ 10%) dopo una flessione del 2019 (-29%) probabilmente a causa dello smart working.

In sintesi, l’impressione è che ci si affidi a un buon antivirus e firewall sperando così di essere tranquilli.

La realtà è che, pur essendo indispensabili, solo la minima parte dei crimini avviene per vulnerabilità (10%) il rimanente è dovuto alla sempre maggior abilità e “professionalità” dei cyber criminali.

La torta è sempre più grossa e appetibile con giro d’affari impressionante, la fase industriale e seriale degli attacchi è già iniziata e le Micro PMI, ignare, sono sotto assedio.

Il fai da te può costare molto caro, anche in termini di immagine e con il GDPR non denunciare un data breach può costare molto caro.

Meglio affidarsi a professionisti e ricorrere a un buon risk management, che non passa solo attraverso hardware e software promuovendo anche la creazione di una cultura e l’utilizzo di strumenti che minimizzino rischi ed impatto.

Noi siamo pronti e voi?

Articolo di Marco Simontacchi

19/12/2021

L’impatto devastante degli aumenti dei materiali

In un recentissimo studio il MIMS (Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili), un dicastero del governo italiano che monitora 56 materiali da costruzione, ha analizzato in una riunione del 10 novembre u.s. la situazione dei materiali che hanno subito un aumento di oltre 8% già nel primo semestre del 2021.

Ben 36 su 56 materiali costituenti il paniere sono risultati superiori a una variazione di +8% nel 2021, tra cui ferro +43% – lamiere in acciaio +50% – fili di rame +23% – tubazioni in PVC +21%.

Per un effetto distorsivo dei parametri di calcolo adottati, ANCE (Associazione Nazionale Costruttori Edili) tramite un comunicato stampa ha fatto sapere che tali aumenti sono di fatto inferiori alla realtà e che non ritiene quindi di approvare tali tabelle.

MIMS ed ANCE fanno riferimento al settore edilizio e cantieristico, in realtà questi aumenti colpiscono direttamente tutto il settore manifatturiero e in modo indiretto, di conseguenza, tutti gli altri settori collegati.

Sono esclusi da tale elenco, inoltre, materie prime essenziali quali legname, calcestruzzo, gas naturali ed energia elettrica, che hanno subito aumenti altrettanto importanti se non superiori, basti pensare che il legname da costruzione ha subito aumenti medi intorno al 200%.

L’effetto domino su tutta l’economia è facilmente immaginabile e le conseguenze impattano già nell’immediato senza che ci sia una visione chiara per il medio e lungo periodo.

Ora più che mai le Micro PMI sono a rischio di trovarsi già nel giro di un mese con forti passivi dovuti all’aumento di quasi tutte le materie prime, semilavorati ed energia con ordini e offerte con probabili margini negativi.

È quindi intuitivo che senza un metodico e tempestivo controllo quotidiano di offerte, ordini e commesse il rischio di default sia dietro l’angolo.

Tale controllo è possibile solo con metodo, conoscenza di tutti i processi, monitoraggio continuo e programmi adatti.

La grande flessibilità delle Micro PMI potrebbe dare loro un vantaggio rispetto alle più lente grandi imprese, a patto di dotarsi come queste ultime di un impianto di controllo e di gestione efficace almeno quanto il loro.

Fantascienza? No, realtà possibile e sostenibile, anche senza il Management e i complessi programmi tipici delle Grandi Imprese e dell’Industria.

Noi siamo pronti, e voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

13/12/2021

I successi sono direttamente proporzionali alla efficienza aziendale.

Nei decenni di attività si è rilevato un fattore comune ai successi duraturi e ripetuti: una adeguata ed efficiente struttura aziendale.

Cosa intendiamo per “struttura”?

La struttura è il risultato delle scelte tramite le quali il lavoro è diviso, ordinato e coordinato all’interno di un sistema organizzativo.

È necessaria quindi una differenziazione degli ambiti lavorativi, che vanno strutturati, integrati tra di loro, controllati e sospinti verso la finalizzazione, gli obiettivi aziendali coerenti con la missione stessa.

Sembra una ovvietà, tuttavia raramente ci è capitato di vedere una Micro PMI organizzata e strutturata correttamente e coerentemente.

Generalmente l’operatività nasce da prassi consolidate, figlie di una storia di piccoli commercianti o artigiani di successo che hanno fatto crescere i volumi e gli affari sino a diventare vera e propria impresa, gestita ancora come “affare di famiglia”.

Oggi la riduzione drastica dei margini e la compressione dei tempi e dei cicli economici hanno messo purtroppo alla corda le aziende meno organizzate e strutturate.

Il controllo di gestione e dei flussi di cassa richiede una attenzione prospettica, un piede nel passato e uno nel futuro con attenzione al presente, che non lascia margini al caso, pena il rischio di crisi di impresa indipendentemente dalla bontà del piano industriale. Ammesso di averne uno.

È in atto più che un passaggio generazionale: una vera rivoluzione industriale, chiamata 4.0.

Servono competenze, programmi idonei e capacità di tradurre l’insieme in un progetto industriale lucido e coerente con il modello di business. Sempre che ne esista uno strutturato.

Le Grandi Imprese e le industrie hanno i mezzi economici e le figure chiave per dotarsi sia di responsabili che di software evoluto che garantisca una sempre efficiente strutturazione aziendale, dall’altro lato però difficilmente hanno la flessibilità delle piccole strutture e soffrono i cambiamenti repentini.

Le Micro PMI hanno potenzialmente un grande vantaggio dato dalla flessibilità ma si trovano ingabbiate da carenze strutturali e da prassi che ancorano senza soluzione a un passato.

La buona notizia è che oggi le Micro PMI possono con poco sforzo, un investimento ad alto rendimento, dotarsi di competenze e di mezzi che diano loro la strutturazione più efficiente possibile senza perdere di flessibilità.

Noi siamo pronti, Voi?

Articolo di Marco Simontacchi

29/11/2021