Credit crunch e rating aziendale

Credit crunch” si riferisce a una situazione di restrizione nell’erogazione del credito da parte delle istituzioni finanziarie. Durante un credit crunch, le banche e altre istituzioni finanziarie diventano più caute nel concedere prestiti e potrebbero richiedere garanzie aggiuntive o alzare i tassi di interesse. Ciò può avere un impatto significativo sulle aziende che dipendono dal finanziamento per le loro operazioni quotidiane o per investimenti a lungo termine.

Il rating aziendale fa riferimento alla valutazione del rischio creditizio di un’azienda: si valutano le capacità di un’azienda di onorare i propri debiti e si emette un rating che riflette il livello di rischio associato al credito dell’azienda. Questi rating vengono utilizzati dagli investitori e dalle istituzioni finanziarie per valutare la solvibilità e l’affidabilità di un’azienda come debitore.

Durante un credit crunch, le istituzioni finanziarie potrebbero rivedere al ribasso i rating delle aziende a causa delle maggiori difficoltà nel reperire finanziamenti e nel soddisfare gli obblighi di pagamento. Un downgrade del rating può rendere a sua volta più difficile per un’azienda ottenere prestiti a tassi di interesse favorevoli o accedere a finanziamenti necessari per la crescita aziendale. Ciò può causare una stretta creditizia ancora maggiore per l’azienda e influenzare negativamente la sua capacità di operare efficacemente, in un circolo vizioso.

In sintesi, durante un credit crunch, le aziende possono affrontare maggiori sfide nell’ottenere finanziamenti e potrebbero vedere i loro rating aziendali abbassati dalle istituzioni finanziarie, il che può peggiorare ulteriormente la loro situazione finanziaria.

In questi casi intervenire in situazione acuta è molto difficile e richiede tempo, vale sempre la legge che prevenire è meglio che curare e ciò si può fare costruendo i propri bilanci e un equilibrio economico finanziario e patrimoniale giorno per giorno.

Noi ci siamo, Voi?

Articolo di Marco Simontacchi

16/05/2023

PMI: brivido da rialzo dei tassi

L’aumento dei tassi di interesse ha un impatto significativo sui bilanci delle PMI. Questo perché le PMI spesso dipendono da prestiti e finanziamenti per sostenere le loro attività e un aumento dei tassi di interesse influisce sui costi dei finanziamenti, aumentandone il costo di approvvigionamento quindiriducendo la redditività dell’impresa.

Quando le banche centrali aumentano i tassi di interesse, le banche commerciali seguono l’esempio aumentando a loro volta i tassi sui prestiti. Questo aumento dei tassi di interesse può influire sulla capacità stessa delle PMI di ottenere finanziamenti, poiché il costo del debito aumenta, influendo negativamente sulla redditività dell’impresa e sulla sua capacità di investire in nuovi progetti o espandersi e peggiorando i parametri del rating.

Inoltre, le PMI che hanno già sottoscritto prestiti a tassi di interesse variabili accusano un aumento dei costi di finanziamento, influendo sulla capacità dell’impresa di rispettare i propri impegni finanziari e di mantenere la liquidità come da business plan.

L’aumento dei tassi di interesse può anche influire sulla domanda di prodotti e servizi delle PMI. Se i consumatori e le aziende riducono le loro spese a causa dell’aumento, le PMI possono a cascata subire una riduzione delle entrate e dei profitti.

In generale, l’impatto dell’aumento dei tassi di interesse sui bilanci delle PMI dipenderà dalla situazione finanziaria dell’impresa, dal tipo di prestiti che ha sottoscritto e dalle condizioni del mercato in cui opera. Tuttavia, è importante che le PMI siano consapevoli dell’effetto dei tassi di interesse sui loro bilanci e che considerino le strategie di gestione del rischio finanziario per mitigare gli effetti negativi dell’aumento dei tassi stessi.

Ciò potrebbe includere la diversificazione delle fonti di finanziamento e l’uso di strumenti finanziari come i contratti di swap per gestire il rischio di tassi di interesse o approcciare direttamente il mercato dei capitali utilizzando nuovi strumenti di approvvigionamento finanziario.

Noi siamo pronti, Voi?

Articolo di Marco Simontacchi

11/05/2023

Il credito a rischio stretta

Il sistema bancario europeo poggia su basi più solide del resto del mondo, ha assorbito meglio del resto del sistema lo shock di SVB e Credit Suisse.

Resta comunque a rischio di una ulteriore stretta creditizia dovuta a fattori tecnici e di merito.

Senza entrare in tecnicismi bancari, basti pensare che la disponibilità effettiva di liquidità degli istituti di credito è ben inferiore a quella virtuale.

Vuol dire che l’insieme dei depositi non corrisponde all’effettiva liquidità, essendo parte rilevante di tale liquidità occupata nei finanziamenti e mutui.

Se tutti insieme andassimo a prelevare le “disponibilità” metteremmo in crisi tutto il sistema.

Ciò fa si che la bontà di un istituto di credito e la sua credibilità abbiano una diretta connessione con la qualità dei propri crediti.

Vero è che hanno una riserva “congelata” in titoli di stato, considerati asset sicuri. Tra i primi tre istituti europei per asset in titoli di stato primeggiano Popolare di Sondrio e Bper con asset tra il 15% e il 17%. Oltre a non essere una quota che metta al completo riparo da sorprese tale percentuale inficia la redditività dell’istituto essendo un asset non particolarmente remunerativo se non a volte oneroso.

Va da sé che in questo periodo di “cigni neri” gli istituti europei, quindi anche gli italiani, dovranno porre particolare attenzione alla qualità del proprio portafoglio crediti, che dopo i finanziamenti covid indiscriminati e lo scossone della guerra appaiono un poco deteriorati.

Si dovrà correre ai ripari se si vuole garantire stabilità al sistema finanziario concedendo l’accesso al credito solo a chi garantisca un rating, ovvero la capacità misurata di poter restituire i finanziamenti, che migliori i parametri di qualità dei crediti esistenti.

Il fai da te dei bilanci senza una attenta analisi dei parametri, segnalazioni anche se occasionali in centrale rischi, la mancanza di un robusto e coerente piano industriale e relativo business plan saranno condizioni che potranno ostacolare o impedire in un immediato futuro l’accesso al credito inficiando anche i rinnovi.

Uomo avvisato mezzo salvato, in questo caso correre ai ripari sarà troppo tardi, un bilancio sano lo si costruisce giorno per giorno a partire da gennaio, non a esercizio chiuso.

 

Noi siamo pronti, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

05/04/2023

Scacco matto alla crisi di liquidità in sei mosse

Dilazioni di pagamento sotto la lente

Crescita stabile con certezza dei flussi

L’Imprenditore accorto sa di poter fare e disporre a seconda delle proprie forze.

Per misurarle redige un business plan per comprendere di che finanza dispone e di quanta reperirne per dar corso al proprio piano industriale.

Vi sono quindi due componenti finanziarie, il capitale proprio, dato dal circolante e dai mezzi propri, e il capitale di terzi sotto forma di finanziamenti (debito) o di cessione di quote (nuovi mezzi propri).

Si pone grande attenzione ai capitali di terzi sia che sia sotto forma di debito che di sottoscrizione quote, dando per scontato il proprio circolante.

Scontato spesso non lo è per nulla.

Nel calcolare i flussi finanziari si calcolano non solo le quantità ma anche le scadenze, i margini tra ciclo attivo e quello passivo sono la disponibilità di cassa che verrà utilizzata per fare gli investimenti.

Entrano in gioco due variabili: gli insoluti e i ritardati pagamenti.

Questi due fattori vanno a sparigliare le carte e rischiano di buttare una azienda, solida e stabile, in un rischio di insorgenza di crisi di insolvenza se non di crisi di impresa.

Ricordiamo, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che è in vigore il nuovo Codice della Crisi di Impresa e quindi sottacere una prevista crisi di insolvenza comporta seri rischi per l’Amministratore che, se non dimostra di aver provveduto con adeguati assetti, si troverà a rispondere patrimonialmente personalmente di quanto avviene.

Tuttavia, oggi esistono diversi servizi che risolvono alla radice la possibilità che le due variabili di cui sopra possano incidere negativamente sui flussi finanziari e quindi sulla solvibilità dell’azienda.

Servizi che danno certezza dei flussi finanziari rendendo liquidi e certi i crediti commerciali.

Otterremmo un quadruplice vantaggio:

  • Inversione della rotazione debiti crediti avendo subito liquidità ad emissione fattura
  • Certezza del credito avendo ceduto a terzi il rischio di ritardato pagamento e di insoluto
  • Poter dimostrare tra gli adeguati assetti il controllo sulla qualità dei propri crediti commerciali e clienti
  • Miglioramento di diversi parametri componenti il rating e conseguentemente miglior accesso al credito con minor costi

Potremmo dire quattro piccioni con una fava.

Accedere a questi servizi e ottimizzarli per costi – benefici e decidere quali e quando utilizzarli può non essere affare immediato e semplice, ogni società di servizi decanterà i propri, esistono professionalità terze e indipendenti che possono aiutare nella scelta e nella gestione dei propri crediti commerciali.

Dare certezza dei flussi derivanti dai crediti commerciali significa dare solidità alla propria crescita e prosperità.

Noi ci siamo, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

21/11/2022

 

I vantaggi della cessione crediti

Tempi duri per i troppo buoni. La riduzione del fatturato, l’erosione dei margini industriali, l’aumento dei costi fissi ha messo a dura prova la tenuta dei conti aziendali.

Una delle ricadute immediate è il deteriorarsi dei margini di tesoreria che riduce il polmone finanziario a disposizione per far fronte alla rotazione debiti crediti.

Paradossalmente anche con un fatturato minore potrebbero non essere più sufficienti i normali affidamenti.

Altro effetto è il potenziale rischio di insoluto che deriva da una aumentata probabilità di default delle PMI con una velocità incrementata dall’entrata in vigore del nuovo codice della crisi di impresa e dalla stretta creditizia, anche sui rinnovi, imposta da Basilea 3.

Sembra un rompicapo, andare in banca con un bilancio peggiorativo a chiedere un aumento degli affidamenti non è affare semplice, senza contare che così facendo andremmo a peggiorare i parametri che compongono il rating legati a fatturato – utili – debiti – oneri finanziari.

Mettendo a rischio un futuro rinnovo o dovendo incassare condizioni peggiorative già con un rialzo sensibile dei tassi.

A tutto c’è rimedio, esiste la cessione dei crediti pro soluto.

Di fatto andiamo a cedere a istituzione finanziaria terza quel fatturato che riteniamo di voler rendere liquido, risparmiando su costi e con notevoli vantaggi da un punto di vista bilancistico e patrimoniale.

Trasferiremmo anche a terzi il rischio di insolvenza e l’onere di monitorare il merito creditizio del ceduto. Dobbiamo essere affidabili noi e il ceduto e avere il consenso di quest’ultimo alla cessione del credito.

C’è tuttavia una parte di fatturato che non possiamo cedere, vuoi perché estero fuori CEE vuoi perché non è concessa la cessione del credito.

In questo caso, soprattutto in caso di paesi che il sistema finanziario fatica ad anticipare, c’è la possibilità di assicurare il credito commerciale.

Tale garanzia, fino al 90% dell’importo, ci consente di trovare istituzioni finanziarie che rendano liquido il credito senza ulteriori complicazioni.

Con buona pace della nostra cassa e dei nostri affidamenti sfiniti dal duro lavoro.

Noi siamo pronti, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

19/10/2022

 

Finanza alternativa sempre più forte

La finanza che passa al di fuori dei tradizionali veicoli bancari, definita alternativa, oggi è sempre più presente e scelta obbligata in molteplici casi.

Alternativa non è sinonimo né di facile né di destrutturata.

Fanno parte soggetti vigilati da Banca d’Italia, aziende “fintech” estremamente strutturate e organizzate, fondi istituzionali e non che investono sia in lending che in equity o in un mix.

Vi sono soluzioni per ogni esigenza, dall’investimento in equity di lungo periodo sino al prestito di breve o allo smobilizzo dei crediti commerciali o fiscali.

Ciò che le accomuna tutte è la veloce capacità decisionale, esperienza nel saper leggere i dati aziendali e ricerca delle opportunità growth nel mercato delle aziende italiane, anche PMI.

Al contrario del sistema tradizionale gli andamenti passati non rivestono importanza determinante, quello che conta è uno stato patrimoniale interessante, se non vi è equity da parte dell’Imprenditore, non ve ne sarà nemmeno da parte loro, un interessante progetto corredato da piano industriale e business plan dettagliati.

Guardano avanti controllando che le basi di partenza siano concrete e coerenti.

Dimentichiamo le presentazioni superficiali e raffazzonate di una volta per affascinare l’interlocutore, tutto fumo e poca sostanza.

Si ha di fronte interlocutori preparati e pragmatici che sanno incrociare tutti i dati, quantitativi e qualitativi, per comprendere se il progetto ha basi solide oppure è uno schizzo di una speranza.

Servono le competenze per far combaciare progetto, struttura, numeri, proiezioni. Le piroette non sono ammesse.

Ecco spiegato perché seppur più semplice come approccio non è facile né destrutturata.

Se vogliamo proprio puntualizzare si deve essere imprenditori più preparati ed esperti per approcciare l’alternativo, con idee chiare e robuste messe in atto con piani coerenti e dettagliati.

Come sempre è questione di competenze, o le hai tutte o le acquisisci tramite terzi.

Oppure continui a sperare in una finanza ordinaria sempre più ristretta e difficile strozzata da Basilea III e dal credit crunch con dati di bilancio che non diano adito a nessuna ombra.

 

In ogni caso noi siamo pronti, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

28/09/2022

 

Aiuti di Stato (di guerra) alle PMI

Con il nuovo Quadro temporaneo di crisi istituito a seguito della guerra tra Russia e Ucraina  -Temporary Crisis Framework – Sezione 2.2 – Aiuti sotto forma di garanzie sui prestitidal 30 agosto sino al 31 dicembre 2022 è possibile fare richiesta di garanzia del Fondo PMI.

Il plafond è per le imprese di Industria e Commercio di € 500.000 con importo massimo garantito per singola impresa di € 5.000.000.

Per il solo portafogli investimenti sono presentabili domande anche di aziende sino a 499 dipendenti.

Prerequisito all’accesso agli aiuti è dichiarare di avere esigenze, anche indirette, connesse alla situazione bellica quali ad esempio rincari materie prime, problemi di produzione, interruzione degli approvvigionamenti, aumento dei costi energetici, o similari.

Le operazioni di finanziamento dovranno essere di durata non superiore ai 96 mesi e in alternativa tra loro di importo non superiore a:

  • 15% della media dei ricavi vendite o prestazioni degli ultimi tre esercizi
  • 50% dei costi energia sostenuti nei 12 mesi precedenti alla presentazione della domanda
  • Alla necessità di liquidità dei 12 mesi successivi alla presentazione qualora sussistano uno o più dei seguenti casi: interruzione degli approvvigionamenti; forte aumento costi di energia, costi per la sicurezza informatica, materie prime o semilavorati; abbia subito mancati pagamenti da Russia o Ucraina, un crollo del fatturato.

La garanzia, a seconda della fascia di appartenenza varierà dal 60% al 80%, mentre sale al 90% per costi di efficientamento o diversificazione della produzione o consumo energetico.

Per le imprese che operino nei settori indicati come i più colpiti dalla guerra l’intervento è gratuito.

Qualsivoglia richiesta va ben ponderata e valutata in un dettagliato business plan e il piano di ammortamento inserito nella gestione della tesoreria.

Un finanziamento se ben gestito e sfruttato è una opportunità di crescita, se mal utilizzato diviene un ampliamento di un debito infruttifero che ci zavorra ancora di più e ci condanna a una mesta lotta contro una concorrenza sempre più agguerrita.

Noi ci siamo, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

30/08/2022

 

 

Crediti commerciali croce e delizia

Una dilazione di pagamento genera un credito commerciale, avremo un fornitore che a fronte di un contratto obbliga un cliente a un corrispettivo a una o più determinate scadenze.

Mentre la prestazione è certa essendo già avvenuta, l’incasso prevede per sua natura un certo rischio tanto più alto quanto più è il tempo di dilazionamento.

Un rischio che ha due facce.

Una che ci riguarda direttamente, sia il fattore tempo che la parte di portafoglio che dilazioniamo dilata l’indice di rotazione dei crediti.

L’altra che riguarda i clienti, il rischio di insolvenza che è intrinseco e proprio di ciascun nostro cliente e che è direttamente influenzato anche dal tempo di incasso.

Siamo a nostra volta clienti di fornitori, quindi abbiamo a nostra volta delle dilazioni di pagamento che generano l’indice di rotazione dei debiti.

Se sommiamo agli indici di rotazione debiti/crediti i tempi di produzione e di giacenza media di magazzino avremo il nostro fabbisogno finanziario per approvvigionare l’azienda della liquidità necessaria.

Buona parte delle Micro e PMI ha un indice di rotazione debiti/crediti negativo tra i 30 e i 45 giorni se non oltre, generando un fabbisogno finanziario medio per supportare i crediti commerciali tra circa il 20% e il 30% del fatturato.

Vanno valutati i costi di approvvigionamento sul mercato, se non disponiamo di mezzi propri, nel qual caso parte dei nostri margini andranno a remunerare il capitale di terzi – lavoriamo per gli Istituti di Credito. Calcolando costi fissi e variabili di approvvigionamento potrebbe andarsene un 5% all’anno di quella percentuale di fatturato medio su cui siamo esposti.

Vanno valutati anche i rischi di insolvenza che in prima battuta generano dei costi finanziari ulteriori andando ad aumentare il fabbisogno finanziario. A seguire costi di recupero bonario o forzato del credito o nella peggiore delle ipotesi si somma la perdita del credito per default o per impossibilità di recupero.

I clienti esteri sono un doppio problema, non tutti i paesi o clienti sono accettati dal sistema per essere anticipati e oltre confine il recupero può non essere agevole o possibile, o più semplicemente antieconomico.

Per ogni problema esiste una soluzione, nel nostro caso ve ne sono diverse.

Va in prima battuta conosciuto il rischio legato al nostro cliente e deciso un plafond di affidabilità oltre il quale non andare. Tale rischio si chiama rating, e varia nel tempo, anche rapidamente.

Dobbiamo anche conoscere le regole del recupero del credito nel paese di residenza del debitore e l’accessibilità a tali procedure e i presumibili costi.

Dobbiamo avere corrispondenti in tali paesi che possano fare una eventuale sollecitazione e recupero in modo efficace e pronto.

Avere un margine di cassa sempre disponibile per far fronte ai ritardati pagamenti e agli insoluti.

A nostra volta dovremo curare che il nostro rating ci ponga verso i fornitori, anche e soprattutto di finanza, come credibili e degni delle migliori condizioni e dei plafond che ci permettano di prosperare. La nostra credibilità è anche misurata dalla bontà del portafoglio crediti commerciali.

Quanto sopra è un lavoro, quello del Credit Manager.

La buona notizia è che esistono soluzioni semplici, veloci non invasive né eccessivamente costose, che ci risolvano i problemi connessi alle dilazioni di pagamento rendendoci nel contempo liquidi i crediti commerciali.

A tutto favore della cassa, dell’indice di rotazione debiti/crediti, della composizione di bilancio e del rating. E dei nostri sonni tranquilli.

Le soluzioni possono essere diverse a seconda dei casi e delle particolarità sia del creditore che del debitore o della natura del credito e tutte passano dalla valutazione dei rating.

Oppure lasciamo tutto al caso, compresa la copertura finanziaria dei fabbisogni del delta tra pagamento fornitori, tempi di produzione/erogazione e tempi di incasso.

Se tutto va bene accenderemo un cero, altrimenti decideranno il destino della nostra impresa i fornitori o un commissario.

 

Noi siamo pronti, voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

19/03/2022