La tempesta perfetta

Si sono addensate pesanti nubi sopra le nostre economie, nubi che non avrebbero dovuto coglierci di sorpresa se non in parte.

Sono nubi minacciose e grevi che preannunciano la tempesta perfetta.

Da fine 2019 siamo funestati dal Covid che non ci da grossa tregua con tutte le conseguenze sulla capacità produttiva di intere filiere, soprattutto in Asia dove abbiamo abbondantemente delocalizzato con pesanti ricadute sui fatturati delle PMI.

Già dallo scorso anno si ipotizzava, con vari articoli sul nostro blog, che si andava incontro a una impennata dell’inflazione che può essere, più che una fiammata, di medio periodo.

Oggi molte PMI manifatturiere hanno grosse difficoltà ad approvvigionarsi delle necessarie scorte di materie prime e semilavorati con prezzi fuori controllo impedendo una corretta gestione del magazzino e una programmazione del ciclo produttivo e commerciale.

Una recessione strisciante faceva capolino in questi ultimi mesi, a cui si è aggiunta la guerra in Ucraina e le conseguenti sanzioni alla Russia.

Le difficoltà e preoccupazioni di approvvigionamento di gas hanno, se mai possibile, ulteriormente aggravato sia l’inflazione che la recessione.

Insomma, diciamocelo, siamo in una probabile stagflazione.

Siamo usciti dall’emergenza economica, secondo il governo, e il 30 giugno sono scadute le agevolazioni al credito, dal 1° luglio si torna a ragionare con i parametri legati al rating e a Basilea 3.

Dal 15 di luglio è in vigore la nuova normativa sul codice della crisi di impresa, da cui potrebbero non uscire indenni buona parte delle PMI. Qualcuna di esse potrebbe essere parte dei nostri clienti o fornitori strategici, ci siamo preparati a monitorarli? Noi siamo in linea con il cambio di passo?

Questo sta già creando gravi difficoltà di accesso al credito con un già innescato credit crunch.

Proprio in questi giorni diverse istituzioni hanno chiuso i rubinetti e l’Agenzia delle Entrate sta mandando gli avvisi agli organi amministrativi di PMI di futura segnalazione per inadempienza in linea con il codice della crisi di impresa.

Cosa mai avrebbe potuto peggiorare la situazione se non la più grave siccità dell’ultimo secolo?

Manifestazione estrema di un clima avviato a un disastro da noi testardamente e ciecamente provocato.

Anche in questo frangente ripetiamo il nostro motto: “vogliamo essere spettatori o protagonisti?”, subiamo o agiamo?

In questi frangenti vince chi ha la forza e la capacità di creare liquidità con cui fare le necessarie scorte per fare programmazioni almeno semestrali, non manca infatti la domanda, mancano gli approvvigionamenti.

Non è una manovra esente da rischi, tuttavia con un buon controllo di gestione e programmazione della tesoreria, un ferreo controllo del magazzino, sempre che si sia stati capaci di creare e mantenere un buon rating, ci danno sufficienti garanzie di poter fare il passo proporzionato alle nostre possibilità.

Con inflazione alta fare scorte di medio lungo significa potersi permettere di fare offerte ai clienti credibili garantendosi margini accettabili.

La potenza è nulla senza il controllo, così come l’eccesso di controllo a discapito della proattività ci ingessa.

Come già espresso in altri articoli occorre una prudente spregiudicatezza e un ottimo cruscotto di controllo.

Noi ci siamo, Voi?

 

Articolo di Marco Simontacchi

13/07/2022

Pensiamo al futuro da formiche

Dal discorso di Alessandro Spada, Presidente Assolombarda al MIND:

“Se la pandemia ha cambiato irreversibilmente le nostre vite, ora la guerra in Ucraina, con i suoi orrori umanitari, ha accelerato fenomeni le cui conseguenze economiche incidono in maniera significativa non solo sulla crescita del nostro Paese, ma anche rispetto a scenari europei e globali così come li abbiamo conosciuti nella nostra storia recente.

Abbiamo l’impellenza di affrontare il tema delle materie prime e di risolvere il problema dell’energia, che tocca in particolar modo la Lombardia per le caratteristiche del suo tessuto industriale, attraverso interventi strutturali che si fondino sul principio delle neutralità tecnologica, così da scongiurare il rischio di compromettere la produzione delle nostre imprese. Sono, infatti, urgenze che monitoriamo e segnaliamo da tempo e che non possono più essere rimandate.

Non solo, abbiamo il dovere di rimettere al centro delle priorità il lavoro, specialmente quello giovanile, perché saranno proprio le nuove generazioni a ripagare i debiti generati dal Next Generation EU. È per loro che dobbiamo costruire un mondo del lavoro più moderno, inclusivo e gratificante, anche attraverso una fiscalità agevolata per incentivare le assunzioni. Allo stesso tempo dobbiamo mettere le nostre imprese nelle condizioni di trovare profili adeguati alle loro necessità e in questo senso la formazione rappresenta certamente la leva più importante da perseguire. Infine, la strada per l’aumento degli stipendi a vantaggio di tutti i lavoratori deve passare inevitabilmente dalla riduzione del cuneo contributivo.

“Il dovere dei tempi” ci ricorda che è ora di aggredire le vulnerabilità che hanno colpito il nostro Paese negli ultimi decenni con il coraggio che contraddistingue la nostra storia moderna e contemporanea, affinché si possano ricostruire fiducia e coesione. “Il dovere dei tempi” richiama tutti ad una responsabilità condivisa nel fare oggi, insieme e senza indugi, quelle scelte fondamentali per costruire il futuro di domani.”

Sino ad oggi ci siamo comportati, in linea generale, come la famosa cicala. Abbiamo vissuto come società ben al di sopra di quanto il sistema economico e globalmente le risorse terrene potessero sostenere. Il conto in un modo o nell’altro sta arrivando e a pagare saranno prevalentemente i nostri figli e nipoti.

Possiamo e dobbiamo iniziare a pensare e programmare non solo per il breve ma soprattutto per il medio e lungo, anche a costo di ridimensionare pretese e stili di vita sopra alle righe eliminando le cattive abitudini, di dubbia etica, che ci hanno portati a questi limiti strutturali ed economici.

Serve il coraggio di operare quelle ineludibili scelte strutturali che ci traghettino verso un futuro sostenibile.
Serve la volontà di strutturare le nostre aziende in modo moderno e con coerenti governance.
Serve la disponibilità a formare e motivare il personale, l’azienda più che le strutture è le persone che la compongono.

Insomma, da cicale dobbiamo trasformarci in operose e ordinate formiche, le generazioni future ringraziano.
Noi ci siamo, voi?

Articolo di Marco Simontacchi

07/06/2022

Far squadra è meglio

Dalla competizione si è passati nell’ultimo decennio alla coopetizione, un mix di cooperazione interna e competizione verso l’esterno con insiemi e sottoinsiemi piuttosto complessi.

Basti pensare all’automotive, dove competitors di mercato fanno squadra nella ricerca e sviluppo, costruzione di piattaforme comuni e gruppi di acquisto.

L’evoluzione continua.

La nuova parola d’ordine è creare un ecosistema dove tutti i partecipanti possano essere interindipendenti e, verificato un comune denominatore etico e strutturale, possano coesistere supportandosi nella duplice veste di clienti e fornitori. Una partnership di filiera logica e funzionale, in cui l’unione fa la forza, sistemica e strutturale, capace di dare maggior resistenza ai singoli di fronte a choc e difficoltà di mercato creando notevoli risparmi su aree di competenza sinergiche e accomunabili.

In questo è alcuni anni che stiamo creando un “ecosistema” che per ora abbraccia finanza, risk management, consulenza, temporary management, informatica e alta formazione.

Questo ecosistema si chiama Salva Imprese ed è opensource, entro l’anno verrà presentato nella sua veste ufficiale e intende aggregare non solo operatori del settore.

L’intento è anche di coinvolgere le aziende clienti trasformandole in “Partner” in un territorio protetto e controllato, in cui Cienti e Fornitori possano dialogare sicuri di essere tra pari, almeno per quanto riguarda etica e rispetto degli accordi. Per noi il motto “pacta servanda sunt” è uno stile di vita.

Chi fosse interessato a valutare l’opportunità di aderire è ben accetto, è finita l’era del solo contro tutti, oggi più che mai l’unione fa la forza.

 

Noi ci siamo, Vi aspettiamo a braccia aperte.

 

Articolo di Marco Simontacchi

22/05/2022

L’autolesionismo del prelevamento soci

Una pessima abitudine, soprattutto nelle società di persone, è il prelevamento soci.

Nelle società di capitale deve essere regolamentato e se non corrisponde ad utile effettivamente maturato a fine esercizio deve essere ripianato.

Nelle società di persone, complice la maggior elasticità formale e la maggior confusione tra persona e azienda, purtroppo è spesso cattiva abitudine.

In tali aziende l’art 2303 del Codice civile cita: è vietato farsi luogo a ripartizione di somme se non per utili realmente conseguiti.

Questo di norma sempre e comunque, quindi sono sempre vietati acconti sugli utili a meno che vi sia una specifica clausola.

Anche in presenza di tale clausola l’operazione non è automaticamente da ritenersi valida e opportuna, occorre che effettivamente tali utili poi si realizzino.

In caso contrario, a meno di un ripianamento, si incorre nella distrazione illecita di attività sociali.

Suddetti prelievi inoltre vanno a sottrarsi al patrimonio netto determinando un deterioramento di tutti i parametri aziendali.

Le conseguenze possono essere molto gravi, da un mancato rinnovo delle linee di credito, alla chiusura dei rapporti di conto corrente sino al fallimento della società.

In quest’ultimo caso vi è responsabilità giuridica, e revocatoria a parte di tutte le somme prelevate, vi sono risvolti penali da non sottovalutare.

Nel reato di bancarotta fraudolenta (art. 216 L.F.) una delle tre diverse tipologie è quella patrimoniale di cui la distrazione è la condotta più ricorrente.

Non si pensi inoltre di poter portare avanti tale malpratica, anche in presenza di utili, in modo da evitare di versare quanto più possibile al fisco i contributi, dall’erario, in presenza di regola e continuità verrebbe interpretato ciò come pagamento “in nero”, con tutte le conseguenze del caso.

Come ovviare?

I casi sono due, o esiste la possibilità di aspettare a fine esercizio e prelevare tutti gli utili ripartendoli tra i soci in modo corretto e ufficiale, remunerando quindi il proprio lavoro una volta all’anno con gli utili effettivamente conseguiti, o remunerarsi come amministratori con regolare cedolino, o un mix tra le due opzioni.

Evitiamo di fare come Tafazzi e mettiamo in ordine i nostri conti, ne guadagnerà l’azienda e ne guadagnerà l’imprenditore.

Articolo di Marco Simontacchi

31/01/22

 

L’Imprenditore e la Sindrome del Luccio

In un famoso esperimento alcuni ricercatori misero in una vasca un luccio e alcune piccole carpe divisi da una lastra di cristallo.

Il luccio famelico provò più volte ad avventarsi sulle prede rimediando solo botte sul muso, finchè si ritirò nel suo angolo di vasca sconfitto.

Allora tolsero la lastra divisoria, ma il luccio frustrato non provò più ad attaccare le prede sconfitto dalle sue cocenti esperienze.

Fu denominato questo atteggiamento rinunciatario appunto la “Sindrome del Luccio” e paradossalmente fu notato che gli esseri umani stessi rispondevano a questo condizionamento.

Gli ultimi anni per molti imprenditori sono stati complessi e ricchi di trabocchetti dovuti sia alla pandemia che alla recente inflazione che hanno sparigliato tutte le carte e le logiche passate.

Certamente il panorama è molto variato rispetto a solo due anni fa e nulla di ciò che funzionava nel passato sembra essere oggi una certezza.

La Sindrome del Luccio è quanto mai attuale con la maggior parte degli imprenditori fermi in attesa di chissà quale rivelazione.

Purtroppo, esiste un secondo importante aspetto: nulla è fermo e tutto si evolve, e chi si ferma è perduto.

Si rischia di fare come i pattini salvagente lasciati a lungo fermi sulla battigia, la risacca a poco a poco li fa affondare nella sabbia finché nulla più si può fare per recuperarli salvo lasciarli scomparire nell’oblio.

È un momento delicato per gli imprenditori, a stare fermi rischiano di scomparire in un mercato estremamente fluido, a prendere decisioni rischiano errori difficili da rimediare: cosa fare?

Abbiamo due motti nello Studio:

Lascia o raddoppia

Aiutiamo le Aziende a riconoscere, analizzare e trasformare le problematiche in fattori di crescita

Un problema, se risolto, diventa un vantaggio competitivo, perché accada servono idee chiare, risorse adeguate e un cruscotto di controllo sia ex post che previsionale.

Le idee deve averle l’Imprenditore, per il resto ci pensiamo insieme.

A fare come il luccio si finisce come il pattino, la fortuna arride agli audaci e non agli sprovveduti.

Noi siamo pronti, Voi?

Articolo di Marco Simontacchi

03/01/2022

Aziende sotto assedio del cyber crime

Dal report “ Clusit – Rapporto 2021 sulla Sicurezza ICT in Italia ” si legge che nel 2020 vi è stato un record di casi: in totale vi sono stati 1.871 attacchi gravi di dominio pubblico rilevati con un impatto sistemico in ogni aspetto della società, della politica, dell’economia e della geopolitica. L’aumento degli attacchi cyber è stato del 12% rispetto al 2019 e negli ultimi quattro anni il trend di crescita si è confermato in stabile crescita, marcando un aumento degli attacchi gravi del 66% rispetto al 2017.

Nello scorso anno tra gli attacchi rilevati e andati a buon fine si è verificato nel 56% dei casi un impatto alto e critico e che nel 44% è stato di gravità media.

I settori più colpiti sono stati:

“Multiple Targets”, 20% del totale Si tratta di attacchi realizzati in parallelo verso obiettivi molteplici e indifferenziati, che vengono colpiti industrialmente e serialmente dal cyber crime.

Settore Governativo, Militare, Forze dell’Ordine e Intelligence, con il 14% degli attacchi.

Sanità, il 12% del totale degli attacchi.

Ricerca/Istruzione, l’11% degli attacchi.

Servizi Online, il 10% degli attacchi.

In forte aumento gli attacchi verso Banking & Finance (8%), Produttori di tecnologie hardware e software (5%) e Infrastrutture Critiche (4%).

Si è notato un incremento di attacchi infiltrati tramite l’utilizzo fraudolento della supply chain, ovvero tramite la compromissione di terze parti, portale che consente ai malintenzionati di colpire tutti i contatti dell’ignaro compromesso, moltiplicando geometricamente sottotraccia il numero delle vittime.

Uno degli strumenti chiave è il Malware (42%), con largo uso di Ransomware nel 29% dei casi in significativa crescita sia numericamente che in dimensioni della richiesta.

In preoccupante aumento le tecniche sconosciute tra cui i Data Breach (20%), seguono Phishing & Social Engineering (15%), tramite vulnerabilità pure loro in aumento (+ 10%) dopo una flessione del 2019 (-29%) probabilmente a causa dello smart working.

In sintesi, l’impressione è che ci si affidi a un buon antivirus e firewall sperando così di essere tranquilli.

La realtà è che, pur essendo indispensabili, solo la minima parte dei crimini avviene per vulnerabilità (10%) il rimanente è dovuto alla sempre maggior abilità e “professionalità” dei cyber criminali.

La torta è sempre più grossa e appetibile con giro d’affari impressionante, la fase industriale e seriale degli attacchi è già iniziata e le Micro PMI, ignare, sono sotto assedio.

Il fai da te può costare molto caro, anche in termini di immagine e con il GDPR non denunciare un data breach può costare molto caro.

Meglio affidarsi a professionisti e ricorrere a un buon risk management, che non passa solo attraverso hardware e software promuovendo anche la creazione di una cultura e l’utilizzo di strumenti che minimizzino rischi ed impatto.

Noi siamo pronti e voi?

Articolo di Marco Simontacchi

19/12/2021

PMI Europee a rischio default – soluzioni.

Un recentissimo studio di Afme (Association for Financial Markets in Europe) realizzato con Pwc (PricewaterhouseCoopers) mostra come le vicissitudini Covid abbiano generato un buco di 500 / 600 miliardi di euro nei conti delle PMI europee.

Lo andiamo dicendo da diverso tempo, a breve buona parte delle PMI sono a rischio default. Buono l’art. 6 del Decreto Liquidità, ratificato con la Legge di Bilancio a giugno 2021, di spalmare le perdite 2020 sui cinque esercizi successivi, ma non vi è alcuna indicazione o modifica al TUB (Testo Unico Bancario) in merito ad alcuna deroga nei rinnovi o concessione di affidamenti alle aziende depatrimonializzate, che non hanno più i parametri per l’accesso al credito. A fine anno scadono le moratorie sui rinnovi e sarà strage.

Chiaro il messaggio lanciato da Afme all’Unione europea e ai Governi nazionali: salvate le imprese prima che la situazione produca un effetto domino con gravi danni economici e sociali, va fatto subito con strumenti il meno invasivi possibile.

Più che di prestiti occorrerebbe uno strumento misto tra lending ed equity che ricapitalizzi le PMI anche a vantaggio dei parametri componenti il rating, passaggio obbligato per mantenere l’accesso al credito, senza però diluire l’azionariato. Fatto non accettabile dagli Azionisti.

Francia, Spagna e Olanda sono già intervenute su questa strada. Afme ricorda che non è sufficiente, e vista la natura e la finalità degli interventi, per attirare i capitali finanziari, dovrebbe essere costituita una piattaforma o dei fondi controgarantiti in qualche modo da fondi centrali governativi o sovranazionali.

I singoli paesi probabilmente da soli non hanno le risorse: Afme ha incaricato Pwc di analizzare le legislazioni di vari Paesi europei e le loro singolarità con lo scopo di dare ai singoli Paesi gli strumenti per creare iniziative a sostegno delle Pmi.

Il tempo stringe e il conto alla rovescia è iniziato, speriamo qualcosa si muova e velocemente.

 

Articolo di Marco Simontacchi

21/11/2021

Riflessioni sul PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza)

Tramite il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) l’investimento previsto nel sistema nei prossimi cinque anni sarà pari a 222,1 miliardi di euro.

Dimentichiamoci il vecchio modo di fare politica economica con logiche lobbistiche e politiche di breve respiro a macchia di leopardo; quella che si sta delineando è una profonda riforma strutturale, culturale e sociale dell’intero sistema paese.

La chiara intenzione è di mettere mano su tutti i fronti che sin ora hanno impedito al paese di progredire in tutti i sensi e di collocare degnamente l’Italia, come si meriterebbe per ingegno e capacità, tra i primi grandi paesi ed economie moderne.

Uno dei perni principali su cui si fonda buona parte del successo è l’investire in infrastrutture e piattaforme che supportino il digitale, banda larga, satellitare o 5G che sia.

Ciò è propedeutico a tutte o quasi le successive riforme: giustizia, cultura, sociale, monitoraggio e ristrutturazione delle infrastrutture, inclusione, riforma fiscale, lotta all’evasione, pubblica amministrazione, pubblici appalti e concorrenza.

Non si vedeva dal dopoguerra un piano così ambizioso e importante, il New Deal, con cui F. D. Roosevelt proiettò gli USA fuori dalla grande crisi del ’29, oggi si chiama Recovery Fund e si traduce in Italia nel PNRR.

Se una nuova stagione sta per iniziare è lecito pensare che entro non molto l’economia inizierà a offrire grosse opportunità di crescita e di ampliamento del proprio business per tutti i settori: manifatturiero, dei servizi, turistico, sociale e agricolo.

Pericoloso sarebbe credere che tale manna sarà indiscriminatamente per tutti, questa illusione purtroppo porterà all’uscita dal mercato molte aziende stantie e traballanti.

L’ammodernamento di tutte le infrastrutture, la digitalizzazione, la maggior trasparenza e velocità delle informazioni unite allo spingere verso una leale e chiara concorrenza richiedono che le aziende, soprattutto le PMI, cambino radicalmente pelle e approccio svecchiandosi da obsolete e dannose prassi indossando i panni di moderne aziende strutturate, flessibili e con governance impeccabili.

È una sfida nella sfida, occorre una nuova mentalità e capacità che vanno ben oltre l’esperienza e l’istinto.

Si richiede competenza, strumenti e visione del mercato professionali e inserite in un contesto strutturato.

Tanta roba per delle PMI, con la concorrenza che si farà sempre più globale e agguerrita caricarsi di ulteriori costi fissi è impensabile, cosa fare per rimediare a questo paradosso?

Per avere risposta basta fare le domande giuste nelle sedi giuste.

Noi ci siamo.

Articolo di Marco Simontacchi

15/11/2021

Video e podcast su argomenti di interesse

Salva Imprese Italia – Spettatore o protagonista?

In momenti difficili c’è chi soccombe e chi fa fortuna, chi fa da spettatore e chi fa da protagonista. L’azienda è come una nave nella tempesta, puoi lasciarti sballottare alla deriva o prendere il timone in mano. Dedicato ai Capitani coraggiosi.

Audio in podcast

Video su You Tube

Gestire il rating tramite la centrale rischi

Gestire il proprio rating significa controllare e manovrare i rapporti con gli istituti finanziari, evitando possibili problemi di accesso alla finanza sia nuova che nei rinnovi.

Controllare periodicamente la centrale rischi ci fornisce importanti informazioni sull’utilizzo, corretto o meno, degli affidamenti e su eventuali indebite segnalazioni per impostare i futuri flussi di cassa e migliorare il rating evitando quindi potenziali segnalazioni, downgrade di rating o dichiarazioni di default.

4 minuti di attenzione che possono aiutare a salvare la propria azienda. Ascoltare per credere.

Audio in podcast

Video su You Tube

Dilazioni di pagamento sotto la lente

Fornitori e clienti oggi più che mai sono oggetto di analisi da parte degli stakeholder. Le aziende possono decidere se governare tutti i dati che il mondo finanziario ha a disposizione per elaborare profili sempre più accurati o lasciare che sia, con il rischio di vedersi cambiare le condizioni commerciali come clienti o diventare marginali come fornitori. Le grandi imprese hanno manager dedicati, le PMI non potendoseli permettere possono comunque accedere a strumenti di consulenza mirati che li mettano sullo stesso piano di conoscenza e governance dei big. Questione di scelte, governare o essere governati.

Audio in podcast

Video su You Tube

Codice della crisi d’impresa

In sintesi la nuova normativa sulla crisi d’impresa. Cosa ci aspetta dopo la tempesta, in che modo è meglio salvaguardarsi per i prossimi bilanci?

Pochi minuti per comprendere meglio.

Audio in podcast

Video su You Tube

Le tre facce di una azienda sana

Risk management, Direzione finanziaria e Passaggio generazionale – fisico o strutturale che sia, sono le tre facce di una azienda sana.

Tre prospettive interdipendenti e correlate che garantiscono una corretta governance aziendale verso i propri obiettivi di breve, medio e lungo prevenendo e rimuovendo quegli ostacoli che possano far naufragare piani industriali e Impresa.

Audio in podcast

Video su You Tube

Crisi d’Impresa: sfortuna o imprevidenza?

Vi sono diversi fattori che concorrono a determinare la crisi di impresa, nelle più recenti statistiche e ricerche la sfortuna non viene mai citata.

Quasi sempre le cause sono più interne che esterne, scopriamo quali esse siano e in che modo incidano.

La sicurezza e la stabilità sono un percorso la cui soglia di partenza è una sana consapevolezza. Buon ascolto.

Audio in podcast

Video su You Tube

L’Italia s’è desta

Tramite il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) stanno per essere investiti nei prossimi cinque anni 223,91 miliardi di euro nel sistema.

Dimentichiamoci il vecchio modo di fare politica economica con logiche lobbistiche e politiche di breve respiro a macchia di leopardo, da quanto emerge si delinea una profonda riforma strutturale, culturale e sociale dell’intero sistema paese.

Occorre una nuova mentalità e capacità che vanno ben oltre l’esperienza e l’istinto.

Si richiedono competenza, strumenti e visione del mercato professionali e inserite in un contesto strutturato.

Audio in podcast

Video su You Tube

La potenza è nulla senza il controllo (di gestione)

Si è fatto obbligatorio da subito per diversi motivi redigere un rendiconto preventivo sui 12 mesi che si trasformi man mano anche in consuntivo.

In pratica, senza che sia espressamente scritto, è sancito l’obbligo di istituire un controllo di gestione con previsionale.

Audio in podcast

Video su You Tube 

Musiche da “Places” di Eva Simontacchi

 

Sconfinati e bastonati

Dal 1° gennaio è entrato in vigore il Regolamento EBA: basterà uno sconfinamento di 100 euro per essere segnalati in default e diventare cattivo pagatore anche se è la prima volta.
Il cliente rischia di finire segnalato nel sistema per effetto di una nuova classificazione di default.
Addio all’opportunità, o malvezzo, degli sconfinamenti tollerati
È quindi essenziale avere un controllo sulla gestione della tesoreria con una pianificazione finanziaria dei flussi almeno a sei mesi
Sarà sempre più difficile mettere una pezza a una disattenzione

Audio in podcast

Video su You Tube

 

La potenza è nulla senza il controllo (di gestione).

Recitava così lo slogan di una nota marca di pneumatici che ritraeva Ronaldo in equilibrio sopra a Rio de Janeiro o un centometrista ai blocchi di partenza con tacco 12 a spillo ai piedi.

Rende subito l’idea e fa sorridere, ma se trasliamo il concetto dalla tenuta delle automobili alla tenuta dei conti aziendali forse diventiamo più seri e pensierosi.

Si è fatto obbligatorio da subito per diversi motivi redigere un rendiconto preventivo sui 12 mesi che si trasformi man mano anche in consuntivo.

  • Con il nuovo principio Ifrs 9 sugli strumenti finanziari, con un notevole impatto sui loro bilanci, gli istituti di credito dovranno valutare il rischio creditizio, facendo gli opportuni accantonamenti, non più solo su base storica, ma anche con valutazioni di carattere prospettico sulla capacità di rimborso dei propri debitori. Ciò comporterà che le Aziende che intendano ricorrere al credito saranno tenute a prevedere adeguati strumenti previsionali e di controllo che integrino la rendicontazione periodica, bilanci di esercizio provvisori, con informazioni prospettiche su marginalità, flussi di cassa e gestione del rating.
  • Con l’avvento del nuovo codice della crisi d’impresa, 155/2017, il cui art. 375 ha modificato l’art. 2086 del Codice Civile, l’Imprenditore ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile compatibile con: le dimensioni societarie – natura della società – modalità di perseguimento dell’oggetto sociale. Quindi una pianificazione e un controllo non solo a posteriori ma anche prospettica per garantire un sufficiente flusso di cassa e scongiurare una crisi di insolvenza.
  • Questa nuova legge ha modificato completamente la responsabilità degli Amministratori tant’è che il recente comma 6 dell’art. 2476 del Codice Civile recita che qualsivoglia creditore sociale può ricorrere qualora vi sia una mancata preservazione del patrimonio sociale e non siano stati adottati gli strumenti atti a riconoscere e prevenire uno stato di crisi che minacciasse la continuità aziendale. Gli Amministratori che non si preoccupassero di stabilire tali misure si troverebbero a rispondere illimitatamente e personalmente.

In pratica, senza che sia espressamente scritto, è sancito l’obbligo di istituire un controllo di gestione con previsionale.

Come sempre possiamo vedere in modo diametralmente opposto la medesima questione, come problema o come opportunità. Pragmaticamente ci sentiamo di dire che adottare un sistema di controllo, sia retrospettivo che previsionale, ci permette di avere un navigatore e un cruscotto di controllo che indichi all’azienda la strada, gli eventuali scarrocciamenti e gli opportuni aggiustamenti, per arrivare senza danni a raggiungere i propri obbiettivi. Ben gestito solleverebbe inoltre gli amministratori dal trovarsi responsabili personalmente in caso di crisi. Con le opportune conoscenze e strumenti è veloce e tutt’altro che complicato istituirlo e gestirlo.

Noi siamo pronti, Voi?

Articolo di Marco Simontacchi